LIV

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Il primo giorno di scuola, dopo essere tornata dall'ospedale, é stato alquanto strano. Avevi gli occhi addosso tutto il tempo e pure i muri dei corridoi sembravano scrutarti come fanno gli sguardi indiscreti di studenti e professori del tuo istituto superiore.

Molti, tra cui anche sconosciuti, sono venuti a dirti che gli dispiaceva per l'accaduto, oppure ti chiedevano come stavi. Un gesto carino, ma alquanto pietoso ai tuoi occhi.

Come avresti potuto rispondergli?
Di certo non con la verità. Avresti potuto dire mille cose, esprimendo in cento parole quello che provi al momento, ma ti limitavi a dire "meglio" oppure "grazie". Poi abbandonavi quelle persone e tornavi in classe con la consapevolezza che non avresti mai più sentito la loro voce e che sarebbero rimaste solo delle facce vagamente familiari per i corridoi.

Ti viene difficile studiare, davvero. Sei sempre stata brava in questo, eppure adesso la concentrazione non riesci proprio a trovarla. Tra una cosa e l'altra ti disconcentri e adesso si sono aggiunte le indagini e gli interrogatori da parte degli agenti di polizia e degli investigatori.

Sono passati due giorni da quando sei tornata dall'ospedale e le forze dell'ordine già ti stanno addosso togliendoti il respiro. Ma te lo fai andare bene; anche tu non vedi l'ora che vengano catturati quei due bastardi.

Adesso sei in camera, appena tornata da scuola, seduta alla scrivania davanti ad un libro di algebta con lo sguardo fisso sui numeri. Hai le mani sulle tempie e gli occhi puntati sul foglio ma per quanto tu ti stia sforzando, non ti entra in testa nulla.

Improvvisamente il tuo cellulare inizia a vibrare sull'angolo del tavolo in legno bianco, producendo la solita armonia stridula che conosci fin troppo bene. Osservi lo schermo del telefono e cerchi di leggere la scritta bianca che risalta sul display scuro.

Signor Cho Doyun

Gli avevi dato il tuo numero il giorni in cui sei stata dimessa dall'ospedale e gli hai detto di chiamarti a qualsiasi ora e per qualsiasi cosa abbia bisogno.

Allunghi la mano e afferri il cellulare, per poi pigiare con sicurezza il tasto verde e appoggiare il dispositivo all'orecchio.

-pronto- dici con voce ferma.
-disturbo?- risponde la solita calda voce dell'uomo dall'altra parte del cellulare.
-no, si figuri, mi dica-

Ascolti con attenzione vagante ciò che ti dice l'uomo, ma ti basta sentire due parole per portare tutto il tuo interesse al cellulare.

Riagganci dopo un minuto di breve conversazione e ti alzi tuonante dalla scrivania. Corri all'armadio, indossando i primi pantaloni e la. prima felpa che ti capita sotto mando, giusto per avere qualcosa con cui uscire. Afferri il cellulare, l'unica cosa che ti serve al momento, e corri giù per le scale.

-sto uscendo- urli mentre ti infili le scarpe, sperando che i due coniugi ti abbiano sentita.

-dove vai?- risponde appunto tuo padre.

-sono di corsa non posso spiegare- continui a voce alta, mentre indossi il giubbotto e apri la porta. Urli un ultimo saluto, prima di uscire e chiuderti la porta alle con un forte tonfo.

Corri in strada, raggiungendo la prima fermata del bus, che con grande fortuna sembrava aspettarti. Sali estremamente grata al fato per la coincidenza e ti siedi al primo posto libero.

Mentre il mezzo pubblico percorre metro dopo metro la strada, tu rimani a fissare fuori dal finestrino con una gamba tremante e devastando l'unghia del mignolo della mano sinistra.

Alla tua fermata scendi e con impazienza percorri la poca strada che ti rimane per arrivare a destinazione.

Entri nel grande edificio che ormai conosci bene e, dopo esserti presentata alla reception, ti affretti a salire le scale a gran velocità, fino ad arrivare al piano desiderato.

☆myself☆ #WATTYS2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora