Capitolo Undici

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«Non può correre!» Digrignò i denti. Serpeggiava stridente il rancore lungo le pareti.

«Mi fido solo di lei, Shawn.» Controbatté Lauren, che per la prima volta non alzava la voce contro un ordine ma l'abbassava, come se certe parole potessero essere pronunciate solo sottotono.

«Sai quanto è rischioso? Non ti permetterò di farle questo!» Il respiro accaldato gonfiava attraverso le narici, ma la corvina non fece nemmeno una piega. Era più che abituata a fronteggiare la collera altrui.

«Finché ci sarò io, lei non avrà niente da temere.» I corridoi richeggiarono l'eco minatorio della parte oscura della promessa. «La proteggerò, promesso.» La risolutezza della corvina ammansì gli ansiti di Shawn, che chiuse la discussione con uno schiocco di lingua.

Camila si materalizzò in fondo al corridoio. «Sono pronta, andiamo?» Increspò un sorriso troppo incrinato per occultare le sue paure. I due si scambiarono un'occhiata più intimidita. Camila voltò le spalle avviandosi verso l'auto, solo a quel punto Shawn mimò un'imprecazione a fior di labbra.

«Ci penso io.» Lo rassicurò la corvina, che ad assumersi le responsabilità delle scelleratezze altrui era più che rodata.

Camila si era appoggiata pazientemente contro la portiera della vettura. Lauren le aveva spiegato che, se voleva avere una benché minima chance di vincere contro piloti esperti, doveva imparare a guidare l'auto su terreni insidiosi. Vicino alla tenuta di famiglia, era stata ricavata una pista personale che gli pneumatici della corvina solcavano ogni volta che voleva schiarirsi le idee. Ed era proprio su quel campo arato che stava conducendo Camila.

«Allora, sei pronta a scoprire i segreti di casa Jauregui?» Ammiccò sorniona mentre l'avvicinava.

«Non sai quanto.» Rispose con sguardo determinato Camila. Non sai quanto.

*****

La tenuta di famiglia era situata poco fuori città, attorniata da alberi invece che grattacieli e assediata dal crinire dei grilli invece che dagli strombettanti clacson. Lo scheletro si snodava su tre piani, era talmente mastodontica che Camila si chiese se Lauren non nascondesse una colonia di fratelli all'interno.

«Solo tu e vostro padre abitate qui?» Domandò mentre si incamminavano verso le colonne principali. Il naso rivolto all'insù tentava di non perdersi nemmeno un dettaglio, ma lo stile barocco rendeva difficile l'impresa.

«Solo mio padre e Beatrice, la domestica.» Chiarì la corvina.

Camila era stata così impegnata a ispezionarsi attorno che non aveva notato ciò che le stava accanto. Lauren aveva nascosto le mani nelle tasche e lo sguardo dietro le lenti scure. Le spalle si erano irrobustite. Di tralice riuscì a cogliere gli occhi dell'altra orientati verso l'alto. Era come se anche lei arrivasse lì per la prima volta dopo tanto tempo.

«Oh, e tu dove abiti?» Per quanto fosse avvezza alle domande schiette dei giornalisti, Lauren fece scattare la testa verso di lei e si prese qualche secondo per decidere se risponderle o meno.

«Ho un appartamento in centro. Molto più comodo per arrivare al circuito. Molto più indipendente.» Annuì e proprio in quel momento l'uscio si aprì.

Una donna sulla cinquantina, le labbra piccole quanto gli occhi e il cesto di capelli fulvi raccolti sopra la testa stringeva un sacchetto dell'immondizia più grosso di lei. «Lauren!» Suonò più che sorpresa che contenta, ma dopo aver sbattuto le ciglia più volte un sorriso le sbocciò sulle labbra. «È un piacere vederti.»

La corvina espirò con forza, ma non le negò un sorriso in cambio. «Anche per me, Casey.» Spostò il peso del corpo dalle punte dei piedi ai talloni. Era casa sua, eppure aspettò di essere invitata dentro per varcare la soglia.

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