Capitolo Uno

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Ciao a tutti!

Bentornati o benvenuti!

Anzitutto grazie per essere qui. Questa storia l'ho appena iniziata, ma già la sento molto mia. Non voglio imitare troppo personalità già rivisitate, perciò ho cercato di diversificare i personaggi rendendoli il più veri possibile. Questo significa che leggerete una trama intricata, come sempre, ma anche colma di emotività e sincerità. Scrivere questa storia è stato più difficile del solito, (parecchio direi😂) perciò spero che questo lato emotivo venga trasmesso bene attraverso i personaggi. Ovvio, vi chiedo un po' di pazienza perché è una storia che si snoderà a poco a poco, ma spero che l'attesa ne valga la pena.

Detto ciò, vi pregherei di passare a leggere lo spazio autrice. So che sarà un po' noioso e lungo, ma tutte le cose che ho scritto sono importanti saperle, perciò ci terrei molto venissero lette prima di cominciare la storia. Grazie🙏🏻

Buona lettura.

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Suo padre non si era mai stancato di ripeterle che per essere un buon meccanico ci volevano tre qualità fondamentali: la passione, la competizione e la tecnica. E tutte le volte le elencava nello stesso identico ordine. Camila sentiva anche adesso quelle parole scandirsi nella sua mente, ed era grazie alla forza che ne traeva se non era ancora scappata.

«Ehi, quella gamba trema più di qualsiasi pistone.» Avrebbe volentieri tirato un pugno a quel sorriso disinvolto, ma invece si limitò a schiudere le dita sul ginocchio con la medesima convinzione che avrebbe avuto un alcolista di poter smettere quando voleva.

«Questo non è il tuo colloquio. È il mio.» Gli ricordò con un sorriso tirato, tornando a poggiare la testa contro il poster della Ferrari alle sue spalle. Già solo a toccarla su carta si sentiva le ginocchia molli, come diamine poteva pretendere di svitare anche un solo bullone.

«Camila,» la mano di Shawn cadde sulla sua, che invece di aver arrestato il tremolio della gamba aveva solo iniziato un passo a due. «Sei brava e sei pronta. Non ti avrei presentato se ti avessi ritenuta un incompentente, va bene?»

«Me ne frego!» Disse a denti stretti, espirando più vigorosamente di un tubo di scappamento. «Tu sei cresciuto fra i trattori come me, per forza mi ritieni brava! Ma loro, queste... persone, loro no. Loro fanno questo da una vita!» Non si sforzava nemmeno più di chiedersi come mai fosse lì, perché avesse accettato quella follia. Non c'era una vera risposta, solo una necessità: quella di ricoprire le spese dell'affitto a fine mese.

«Appunto. Se non ti fidi di me, fidati almeno del loro giudizio.» Lo sguardo docile e affettuoso del ragazzo calmava le sue ansie in notti in cui la solitudine non era una scelta, ma alla luce del giorno tornava ad essere il suo amico d'infanzia, quello che mentiva ogni volta che poteva rovinarle il sorriso. Non che non si fidasse, ma era difficile credere a qualcuno che le aveva garantito tutte le brutte figure della sua vita solo perché non riusciva a dirle "No, quel vestito è orrendo." "No, non dovresti iscriverti alla competizione di ballo scolastico." "No, il film che hai scelto è bruttissimo!"

La porta si aprì prima che Camila potesse ripescare un altro ricordo dalla scatola nera. Aveva caldo solo a guardarlo. Mike Jauregui indossava giacca e cravatta anche con trentacinque gradi in pieno giugno. Pareva non potesse gestire gli affari ammodo senza aver perfezionato il nodo della sua Hermes.

«Scusate l'attesa, quando chiamano gli sponsor è peggio di una partita a poker.» Ampliò un sorriso che Camila comprese di dover ricambiare solo quando lo vide riflesso sulle labbra di Shawn. Evidentemente Mike trattava talmente spesso con pezzi grossi che non ricordava più come fosse rapportarsi a chi di sponsor sentiva parlare solo durante le pubblicità prima dell'Ellen Show il sabato sera.

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