Capitolo Quaranta

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Camila aveva trattenuto il respiro fino all'ultima curva, solo allora le sue doti da manager avevano fatto spazio a quelle da meccanico e aveva esultato prima che la corvina tagliasse il traguardo. Josh non era stato affatto contento di vedere Lauren gareggiare contro di lui, ma ancor più dispiaciuto si era mostrato quando aveva visto Camila stazionare al box della corvina e non al suo. Era conscio che la sua presa di posizione contro la volontà della cubana avesse lasciato delle questioni irrisolte fra di loro, ma non poteva credere che Camila avesse addirittura sguinzagliato Lauren contro la scuderia di suo padre per ripicca. Purtroppo il mondo era ancora troppo piccolo agli occhi del suo ego troppo smisurato, ma in parte Camila fu ben contenta di non dover dare spiegazioni che Josh aveva già tratto autonomamente -anche se errate erano sempre meglio delle reali ragioni.

Lauren era stata accerchiata prima dal rombo dei motori, poi dal boato belluino del pubblico, che si era rivelato entusiasta di rivederla gareggiare, ed infine era stata attorniata dal ronzio di giornalisti e microfoni. Quando Lauren varcò la soglia degli spogliatoi i collaboratori avevano già sgomberato l'area da un po', vi erano più luci spente che accese e quasi tutti avevano appeso la tuta per tornare a casa. Ma non Camila. Dopo quell'orda di complimenti e quell'onda di confusione, il minimo che potesse offrirle era un po' di spazio e un po' di silenzio, così si limitò ad abbracciarla senza fiatare. La corvina la strinse dicendo più di quanto le parole avrebbero fatto mai.

«Non ce l'avrei mai fatta senza di te.» Mormorò sottovoce, inspirando più a fondo non solo per inalare il suo profumo.

«Lo so.» Dichiarò sorridendo, ma anche la risata successiva non screditò la consapevolezza condivisa.

Camila tirò un sospiro profondo, ancora ancorata al collo della corvina. Era un affetto troppo duraturo per essere solo una celebrazione, ma malgrado entrambe ne fossero coscienti, nessuna delle due si azzardò a incontrare gli occhi dell'altra, anzi. Proprio perché lo sapevano si evitarono più a lungo possibile, prolungando il lasso di tempo. Infine Camila, che fra le due era sempre quella che soffriva di più il distacco ma anche la prima ad allontanarsi, fece un passo indietro e le sorrise sghemba.

«I ragazzi hanno organizzato una piccola festa, domani sera, per conoscerci meglio e festeggiare il trionfo di oggi.» Le comunicò la cubana, indossando nuovamente i panni professionali, eppure sfregava le mani come se volesse cancellare una nudità primitiva.

«Mi farebbe molto piacere.» Accettò di buongrado la corvina, costringendosi a fissarla nelle pupille.

«Bene,» inspirò Camila prendendo ossigeno e forza necessarie per afferrare la borsa e approntarsi a rincasare. «Allora domani ti invio l'indirizzo. Passa una buona...»

«Aspetta.» Rapace come un'aquila ma tremula come un petalo, la mano della corvina si avvolse al suo polso, temporeggiando. Camila alzò di scatto la testa, intercettando il suo sguardo tremendamente vicino. Da lì poteva notare ogni battito di ciglia, sperava che non si potesse carpire anche ogni battito cardiaco, perché erano molti di più. «Domani festeggiamo la mia vittoria, ma oggi dovremmo celebrare te. Questa gara l'abbiamo vinta in due, perciò anche tu meriti la tua festa.» Declamò con un sorriso furbo che le fece intuire avesse già in mente come omaggiarla.

Da come la cubana reclinò il capo intuirono entrambe che l'idea della corvina non le sarebbe piaciuta. Infatti, un po' come l'esperienza le aveva insegnato a profetizzare chi avrebbe vinto una gara, la medesima esperienza aveva permesso di prevedere cosa pensava Lauren. E come un motore, la mente della donna la faceva tremare anche prima di ingranare la marcia.

Lauren estrasse dalla tasca un paio di chiavi che scintillarono ammalianti sotto la luce artificiale. Camila sgranò le pupille, opponendosi categoricamente. «Non possiamo.» Scosse la testa.

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