Capitolo Trentadue

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Due anni dopo...

«Adesso la festa può iniziare!» Saltò prima il tappo di champagne, ma fece più bollicine il sorriso di Camila.

«Dinah, se rovini il parquet...» La mise in guardia la cubana, ma ormai i passi di Dinah stavano già calpestando il malcapitato.

«La tua fidanzata mi uccide, lo so. Ma daremo la colpa ad Ally.» Ammiccò l'amica, depositando il cappotto sul braccio di Camila, scambiandolo per un attaccapanni.

«Io sono qui.» Gli occhi di Ally rotearono al cielo, ma le labbra si incresparono mentre salutava Camila.

«Per poco.» Rimbeccò Dinah, occhieggiando il parquet come se fosse la sua più imminente condanna.

Camila le poggiò una mano sulla spalla, confortandola. Aveva passato anni, senza alcun manforte, a sopportare Dinah. Sicuramente una minaccia di assassinio non era il suo peggior incubo.

«L'ha arredata bene.» Si complimentò Dinah divagando con lo sguardo su tutti gli angoli della villa. «Anche se, scommetto che questo sia tu.» Disse sollevando il reggiseno dal divano, dove di solito avrebbe dovuto adagiarcisi il braccio.

Invece di "adagiarsi", quello di Camila scattò velocemente afferrando il pezzo di stoffa. «Devo ancora abituarmi a questi nuovi... Spazi.»

«Beh, oddio, non è che lì di "spazio" ce ne sia tanto.» Commentò con sorriso ironico ma sguardo sgranato Dinah additando il reggiseno che Camila nascose dentro un cassetto.

«Intendevo... questi spazi.» Tese le braccia in larghezza, contemplando solo il salone col suo raggio.

«Già, a proposito. Ho una domanda.» L'indice sopra le labbra coniugato allo sguardo furbo preoccupavano le aspettative di Camila, ma ancora di più quelle di Ally, che negli anni si era sempre vergognata per la sregolatezza senza filtri di Dinah.

«Se dovesse nascondere un'amante, come faresti a sapere dietro quale porta si potrebbe nascondere?» Malgrado il rossore sulle gote di Ally e il sospiro rassegnato di Camila, lo sguardo serioso di Dinah non si smussò in ilarità.

«Non lo saprei mai. È questo il vantaggio di avere tante stanze.» Le strizzò l'occhiolino Camila, ottenendo un sorriso da parte dell'altra.

«Quanto mi piace questa ragazza!» Esultò soddisfatta Dinah, piroettando con lo sguardo rivolto verso gli archi interni e poi verso quelli esterni, che anticipavano il lussureggiante giardino.

«Anche a me.» I passi della donna riecheggiarono sul parquet tanto temuto, ma l'abbraccio che avvolse le spalle di Camila non ebbe niente di minatorio.

«Non ti aspettavamo prima dell'ora di cena.» La cubana si strinse a lei, appoggiando la nuca contro la sua spalla per baciare il sorriso dell'altra.

«Mi sono liberata una mezz'ora prima.» L'accontentò stampandole un bacio all'angolo della bocca, poi proiettò lo sguardo sulle ospiti.

«Sono contenta di rivedervi.» Allentò la presa su Camila solo per schiuderla sulle altre due donne.

«Il tuo parquet un po' meno.» Fece una smorfia Dinah, poi però la salutò calorosamente fra una risata e l'altra.

«Non starla ad ascoltare, Robin.» Ally la strinse più compassata, ma pur sempre contenta.

«Ho smesso di crederle quando mi ha detto che Camila era un meccanico.» La rassicurò Robin, guadagnando una risata collettiva da tutte le presenti. Compresa la cubana.

«Strano, ma vero.» Ammise Camila, appoggiandosi sulla spalla di Robin per catturare il suo sguardo allibito.

«Sembra ancora surreale.» Disse sgranando gli occhi ancora increduli. Camila sorrise, ma Dinah spezzò l'armonia prima di vomitare.

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