Capitolo Sei

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«È un po' diverso dalla pista che costruivamo noi, vero?» Shawn l'affiancò sorridente.

«Beh, è sicuramente più rumorosa.» Il triupido di grida non scomponeva la placidità del ragazzo o di nessun altro nell'officina. Il rumore assordante proveniente dagli altri box era simile a più alveari infuriati. Doveva ancora familiarizzare con quell'atmosfera. Ad ogni respiro, invece di ossigeno, inalava le vibrazioni propagate tutt'attorno.

«Erano bei tempi.» Si perse in un sospiro nostalgico, con lo sguardo rivolto verso gli spalti ma l'immagine delle spighe di grano al posto delle braccia ondeggianti.

«Erano tempi senza occhiaie.» Rimbeccò Camila, che della sua adolescenza aveva più da ridere piuttosto che sorridere. Un po' come per tutto il resto della sua vita.

Shawn annuì melanconico, poi il rombo saettante di un'auto in pista spostò sia il suo ciuffo che i suoi pensieri altrove. «Vince e Juan avevano bisogno di una mano, puoi vedere di che si tratta?» Chiese gentilmente, ottenendo un assenso marziale da parte della collega che lo indusse a scuotere la testa come tutte quelle volte che l'amica lo scherniva affettuosamente.

Camila si concesse un'ultima panoramica sulla pista. Sì, era davvero lontana da casa. Era ciò che aveva sempre voluto, scappare lontano come i suoi genitori non erano mai riusciti a fare. Adesso, però, scandagliando lo scenario di fronte a lei, non riconosceva niente di famigliare, e questo un po' la inquietava, ma forse faceva solo parte del crescere. Juan la richiamò a gran voce scombinando le sue reminescenze. Camila accorse.

Dopo qualche ultimo controllo, due caffè e un veloce giro di prova, tutti si dissero soddisfatti e pronti a "portare a casa un'altra vittoria." Camila accoglieva con un sorriso tanto ottimismo, ma le labbra divenivano titubanti quando cozzavano con lo sguardo ombroso di Lauren. Non avevano avuto il tempo di parlare dopo la laconica conversazione in ascensore, ma per come dribblava i suoi occhi le veniva da pensare che non ci fosse mai stata. Non che si fosse illusa che sarebbero state amiche al sorger del sole. Sapeva benissimo che un goccio etilico in più era stata l'unica scintilla plausibile per il loro dialogo dell'ultimo minuto... Ma lo stesso si ritrovò a doversi convincere che non le interessasse minimamente.

Lauren calò il casco quando fu dentro all'abitacolo della vettura. L'ultima a rivolgere la parola fu Normani, che si affacciò al finestrino prima di vederla sgommare via. Camila pensava che volesse semplicemente augurarle in bocca al lupo, ma lo sguardo impresso sul suo volto era identico a quello che aveva dedicato a lei la sera prima. Forse era solo il suo modo di rimirare chiunque, ma Camila avvertì l'insensato sentore che fosse stata l'unica ad averle davvero augurato buona fortuna. Tutti si aspettavano solo il meglio da Lauren, tutti dimenticavano che ci fosse una persona alla guida una volta abbassata la visiera. Lei non portava il peso delle aspettative: Lauren era le aspettative stesse. Il suo unico obiettivo, o la sua unica condanna, era incarnarle senza deluderle.

La macchina prese posto accanto a tutte le altre. Malgrado potessero osservare la gara direttamente dalla pista, tutti i nasi erano rivolti all'insù verso lo schermo del televisore. Camila tenne lo sguardo parallelo alle tribune, inchiodato sull'auto di Lauren. Indossate le cuffie per proteggere l'udito, inspirò a fondo il maggior quantitativo d'aria mentre la bandiera sventolava, ed espirò solo quando gli scacchi frustarono l'aria.

Il boato dei motori squarciò anche il cielo. Le auto schizzarono all'unisono verso il rettilneo, dandosi filo da torcere già alla prima curva. Debber, uno dei piloti in corsa, strinse argutamente la strada non permettendo a Lauren si infiltrarsi nel pertugio che si era venuto a creare, ma appena uscirono dalla curva, Lauren si spostò agilmente verso la sua sinistra, tagliandogli la via d'accesso prima che potesse imboccarla, oltrepassandolo assieme a Michelason, che le stava alle costole.

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