Capitolo Ventitré

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Camila giocò con le dita di Lauren, tamburellandole sul proprio dorso. «Che cosa vorresti fare domani?»

Lauren rinunciò alla comodità e al calore del collo dell'altra solo per guardarla con occhi maliziosi. «Me lo stai chiedendo davvero?» I suoi smeraldi rotolarono lungo l'addome nudo della donna, fino a dove giaceva il lenzuolo. Cosa volesse era evidente.

«Cretina.» La colpì sul braccio che ora le cingeva la vita, strappandole una risata che però non annullava il pensiero precedente, anzi forse lo addolciva. «Intendevo dire con la tua libertà. In questo mese non avrai pressioni o pensieri, almeno per un po'... Cosa farai con questo tempo?»

Lauren trasse un respiro profondo. Era arrivato il momento di scomparire nuovamente fra il cuscino e il suo collo. Avrebbe voluto che anche i pensieri sparissero con tanta facilità. «Non lo so. È passato troppo tempo dall'ultima volta che ho fatto qualcosa solo per me stessa.»

«Mh,» mugolò Camila, «non così tanto.» Il tono salace non fu più rapido del pugno affabile che stavolta le assestò Lauren.

«Adesso chi è la cretina?» La schernì affettuosamente, solleticandole quei fianchi che tanto la fecevano ridere.

Camila, malgrado i toni spiritosi, sentiva che la corvina persisteva a sommergere il suo sguardo non solo per occultare la stanchezza. Vi erano infiniti pensieri che le riscaldavano la fronte anche adesso che si stavano solamente rilassando. La cubana non voleva rovinare l'atmosfera e tantomeno l'umore di Lauren. Poteva solo immaginare cosa aveva dovuto affrontare in quei mesi, era normale sentirsi sovraccarichi. Un po' come quando l'adrenalina defluisce e il dolore inizia a pulsare.

Anche il suo cuore, però, pulsava. Camila poteva sentirlo con il suo petto. E quello si che era merito suo.

«Beh, perché non andiamo a fare un giro in auto?» Propose Camila fissando il soffitto con sguardo già perso in una visione esotica, la brezza fra i capelli... Invece, l'unica cosa che le carezzò il cuoio capelluto, fu la mano della corvina.

«No, ti prego.» Sospirò nauseata. «Non voglio sentire parlare di auto.» Strofinò il naso contro il suo collo, sistemandosi più vicina a lei, più stretta fra le sue braccia.

«Hai ragione. Scusa.» Camila le baciò il capo, maledicendo la sua sconsideratezza.

Lauren Drizzò improvvisamente la testa, come se avesse avuto un'idea troppo entusiasmante per poter aspettare a dirla: «Perché invece non restiamo qui?»

«È ciò che abbiamo fatto per due giorni interi.» Voleva suonare come un rimprovero, ma il sorriso dolce sulle sue labbra ne smorzò la serietà.

«Intendevo dire qui in città, ma non qui in questa casa.» Le spiegazioni di Lauren parevano lampanti, ma solo alla corvina. Camila aggrottò le sopracciglia, confusa. Lauren strinse le spalle e anche i giri di parole. «A casa mia.»

Dal cruccio le sopracciglia della cubana si inarcarono di stupore. «Ah.. Io..»

Il suo farfugliare mandò in tilt le sinapsi della corvina, che presa dall'euforia non aveva riflettuto su una possibile mossa azzardata. «Non so, non sei mai venuta...»

«Veramente sono venuta tre volte.» La interruppe Camila, al che il panico della corvina si tramutò in un sorriso alleggerito.

Camila allungò le mani sul suo mento e le depositò un bacio sulla punta del naso. «Certo che mi va.»

Lauren distese i muscoli dapprima irrobustiti in un sospiro di sollievo che sfiorò il sorriso già crescente di Camila.

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