2. Echo

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L'ascensore si fermò di botto facendomi sussultare ancora una volta. Cercai di non ripensare alle parole della dottoressa, di quanto fossimo in profondità, ma un senso di oppressione mi attanagliava lo stomaco facendomi venire la nausea.

- siamo arrivate!- cinguettò la dottoressa Marks, lanciandomi una veloce occhiata, come se volesse assicurarsi che fossi entusiasta quanto lei.

Io le feci un piccolo sorriso forzato e non appena distolse lo sguardo alzai gli occhi al cielo, aspettando l'apertura delle porte per potermela finalmente togliere di torno. Avevo bisogno di vedere il luogo in cui ci trovavamo, avevo bisogno di risposte.

Dopo una manciata di secondi le porte iniziarono a scorrere di lato per aprirsi e proprio a metà si bloccarono con uno scossone. Io spalancai gli occhi girandomi verso la dottoressa per chiedere spiegazioni.

- È una caratterisca di questa acensore bloccare le porte all'uscita?- chiesi nervosamente. Lei sembrava divertita, noncurante della situazione, come se fosse abituata a rimanere chiusa lì dentro.

Ma io odiavo rimanere chiusa in luoghi stretti, e la mia mente iniziò a torturarmi con mille scenari catastrofici diversi su come sarei morta lì dentro. -Come facciamo ad uscire da qui?- Chiesi forse in modo più brusco di quanto volessi, apparendo visibilmente turbata.

- tranquilla, i ragazzi verranno ad aiutarci.- Disse con calma, aggiustandosi i capelli con cura e lisciandosi poi il vestito, come se fosse una specie di rito.

I ragazzi? Intendeva forse dire gli altri ragazzi del progetto?

- RAGAZZI!- Chiamò poi con la sua vocina squillante che in quel momento non faceva altro che overstimolarmi ancora di più.

-sono tranquillissima.- dissi a voce alta per farmi sentire mentre chiamava i ragazzi. Non volevo dare l'impressione di quella debole, non senza neanche farmi conoscere. - sono tranquillissima.- lo dissi un'altra volta, però a me stessa a voce molto più bassa, cercando di non tremare.

Credevo molto nel destino, ma soprattutto sulla teoria che niente accadeva per caso. Quel giorno era come se il caso mi remasse contro, come se l'universo si stesse divertendo a prendersi gioco di me, a tirare sempre di più le corde della mia pazienza, come se volesse testarmi.

-signora Marks è rimasta bloccata?- Udii una voce maschile aldilà delle porte e istintivamente provai un po' di sollievo.

-no, ci piace stare a chiaccherare dentro le ascensori.- commentai, sventolando le mani davanti la faccia per farmi aria. Lì dentro si moriva di caldo e i palmi delle mie mani erano più sudati che mai.

La signora Marks scoppiò in una risata fragorosa che mi fece sussultare - È simpatica Lea!-

Aggrottai la fronte esasperata, ma dove diavolo mi avevano portata i miei genitori?

-Lee è il mio cognome.- la corressi. Mi domandai se non mi stesse prendendo in giro, ma lasciai perdere quel pensiero, in fondo perché avrebbe dovuto? Cosa ero venuta a fare io lì? E chi erano quei ragazzi?

-Bisogna staccare dei tubi, se ne occuperà Miles- disse di nuovo quel ragazzo.

Incrociai le braccia e mi appoggiai alla parete dell'ascensore sedendomi e tirando un grosso sospiro per regolare il battito fin troppo accelerato del mio cuore. Accettai, fissando un punto nel vuoto, che sarei rimasta lì dentro per un bel po' e che un attacco di panico non avrebbe certo migliorato la situazione.

-Tubi? Questa ti sembra una centrale idrica? Ho detto cavi. - esclamò il presunto Miles da lontano. Feci un piccolo sorriso nonostante nessuno potesse vedermi. Aveva una voce da saccente presuntuoso, eppure sembrava sapere il fatto suo, doveva essere bravo in quello che faceva.

Among us (IN REVISIONE) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora