16. Steve

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Canzone: Let you down- NF

Era una fredda mattinata invernale.
Steve guardava fuori dalla finestra dell'aula l'umidità che si formava nei vetri e sui finestrini delle macchine parcheggiate nel cortile dell'Università.
Non aveva per niente voglia di svolgere l'esame che ci sarebbe stato  un mese dopo, non si sentiva pronto. Non riusciva più neanche a seguire le lezioni con lucidità da quanto Rachel, la sua ragazza,  era morta suicida.
Non riusciva a spiegarsi il motivo di quell'evento, era sempre stata così tranquilla lei, al contrario di lui.
Amava la vita, aiutava il prossimo, ogni giorno si svegliava con il sorriso ed era felice di quello che aveva.
Dicono che può capitare, che anche i più depressi riescono a mascherare il malessere con un sorriso, ma Steve era convinto che quello non fosse il suo caso; non poteva aver vissuto una bugia così a lungo, gli sembrava di vivere in un incubo e fremeva per risvegliarsi da quello scenario surreale che era diventata la sua vita da 37 ore a quella parte.
Non era un tipo dalla lacrima facile, probabilmente non avrebbe neanche pianto, non era nel suo stile, ma quella perdita lo aveva lasciato di sasso, aveva rotto quel filo che teneva la sua vita in un equilibrio precario che riusciva anche a farlo stare bene.
Lei era arrivata nella sua vita in un periodo abbastanza difficile; al quinto anno del liceo. Lui si buttava sempre in mezzo a risse e finiva nei guai, aveva addirittura rischiato un paio di volte di essere espulso a causa della sua brutta condotta scolastica.
Poi aveva conosciuto lei, la figlia della professoressa di religione, chi l'avrebbe mai detto! Lui, un perfetto ateo, incasinato, un ragazzo di strada,  che si stava innamorando di una ragazza del genere, era inafferrabile, come Beatrice lo era per Dante.
Eppure era stata lei ad avvicinarsi pian piano a lui, con tutta la sua gentilezza, disponibilità e anche un bel carico di pazienza. Si, pazienza, lui non era un tipo poi così tanto socievole, lei lo faceva sentire ancora più stupido di quanto non lo facessero sentire i professori, con tutta la sua cultura e le sue buone maniere, lui si sentiva come se avesse paura del giudizio di quella ragazza e quella cosa lo lasciava confuso; non aveva mai avuto timore del giudizio di nessuno, cosa aveva di diverso quella ragazza per farlo sentire in quel modo?
Non lo faceva sentire sbagliato, erano come la Bella e la Bestia, lei lo guadava con quei suoi occhietti dolci e curiosi, come se in lui vedesse soltanto il buono che nessuno aveva neanche minimamente cercato.
Le aveva dato il primo bacio dopo il diploma della scuola superiore e da quel momento non si erano più lasciati. Si sentiva per la prima volta veramente apprezzato da qualcuno, era sereno.
Ma ora lei non c'era più, da un giorno all'altro aveva perso tutto quello che lo faceva stare bene nella vita. Inspiegabilmente.

Iniziò ad essere in pensiero però, quando dopo tre giorni dalla sua morte ancora la tenevano per l'autopsia e non si sapeva ancora nulla del funerale o della causa di morte certa.
L'avevano trovata nella sua stanza dell'università, alle 23:37, in biancheria intima, impiccata al soffitto.
Perchè l'aveva fatto?
Più passava il tempo più Steve continuava a vittimizzarsi, sempre di più. E se fosse stata causa sua? Avevano litigato parecchie volte in quella settimana, Steve sospettava che  Rachel lo tradisse con un altro ragazzo del dormitorio, di cui però non aveva nessuna identità. E se quel tradimento o quelle sue accuse l'avessero fatta stare così male da compiere quel gesto assurdo?
Ma non era da lei...
Non smetteva di ascoltare l'ultimo messaggio vocale che gli rimaneva di lei, erano delle semplici parole; lei che gli diceva che il giorno seguente ne avrebbero parlato meglio in presenza, riguardo alla discussione sul presunto tradimento e lui dalla rabbia non le aveva neanche risposto. Rabbrividì ripetendo quelle parole nella sua mente: non le aveva risposto.
Lanciò il telefono contro la parete, facendo crepare il vetro, poi prese una scopa per spazzare via i resti del vetro rotto.
Qualcuno successivamente bussò alla porta, Steve sembrò infastidito.
-Andate via!- grugnì contro la porta a voce più alta che potè, ma quel qualcuno continuò a bussare con ancora più insistenza.
-Siamo della Polizia, vorremmo farle un paio di domande.- sentì dire dal corridoio. A quel punto tutta la rabbia che aveva preso il sopravvento nel suo corpo sfumò. Si avvicinò alla porta e la aprì lasciandoli entrare e facendoli accomodare sul letto sfatto.
-Scusate per il disordine, non mi aspettavo alcuna visita.- disse poi mentre si affrettava a richiudere la porta.
I poliziotti fecero un giro della camera, spostando oggetti, svuotando borse e guardando sotto i mobili. Steve non aprì bocca, in fondo non aveva nulla da nascondere, e poi quello era il loro lavoro, aveva già avuto troppi problemi in passato con la polizia per poter protestare.
- Come mai qui?- chiese comunque a uno dei polizziotti, quello che era rimasto seduto sul suo letto ad annotare scarabbocchi sul suo taccuino.
Appena Steve gli rivolse la parola smise di scrivere e si girò verso il ragazzo, aggiustando gli occhiali quadrati.
Era un uomo grassottello, di mezza età, dalla faccia sorridente e i modi di fare goffi.
- Stiamo dando un'occhiata a tutte le camere del dormitorio per la Morte di Rachel More, la ragazza della camera  34.- spiegò con gentillezza a Steve che a sentire quelle parole diventò rigido come una statua.
Era come se per lui fosse ancora viva, come se non fosse veramente morta, non riusciva a crederci, era ancora troppo presto.
-Nome?- Gli chiese un altro poliziotto in modo brusco, Steve lo osservò dalla testa ai piedi.
Era sicuramente sulla trentina, molto giovane e di bell'aspetto, con la barba curata e lo sguardo serrato.
-Steve...-
-Morris?- chiese subito senza lasciarlo finire. Lui annuì e il poliziotto lo guardò negli occhi fisso per qualche istante.
-Il fidanzato della ragazza, o sbaglio?- lo scrutò con insistenza, senza togliersi dalla faccia quell'espressione tipica da poliziotto; rude e sospettosa.
-Forse sarebbe meglio dire ex.- si corresse poi. Steve gli lanciò un'occhiataccia, era stato abbastanza fuori luogo con quella precisazione.
Venne percorso da una scarica fredda lungo tutta la spina dorsale, fino a sfociare alla testa, facendogliela pulsare.
-Sono io.- Rispose freddamente, con l'intenzione di farli capire il proprio disappunto.
Il poliziotto lo osservò meglio, con uno sguardo misto a sospetto e curiosità.
-allora forse sarebbe dato farle sapere che stiamo facendo le indagini riguardo un presunto omicidio.- Disse il poliziotto con tono professionale.
Steve impallidì. Omicidio? Non era possibile, tutti volevano bene a Rachel, aveva anche moltissimi amici, l'omicidio era proprio da escludere.
Il solo pensiero di qualcuno che avesse potuto uccidere Rachel lo faceva bollire di rabbia.
-Omicidio?- ripeté con sgomento. -Fino a due giorni fa dicevano suicidio, cosa è cambiato?- chiese poi.
Il poliziotto grassottello fece per spostarsi dal letto ma spezzò a metà della assi facendo piegare il materasso in due e cadendo sul pavimento con un tonfo.
-Ripagherò il danno...- disse alzandosi goffamente e cercando invano di riaggiustare le assi spezzate.
Steve parve innervosirsi ancora più di prima.
-Vorrei delle spiegazioni.- insistette.
-Abbassa i toni.- lo rimproverò subito il poliziotto più giovane.
-Mancavano dei tasselli; la salute mentale della ragazza era perfetta, anche la qualità e la stabilità della sua vita, niente ci fa ricollegare a un suicidio.- spiegò con serietà a Steve che era sempre più incredulo. Era impallidito come un cero e per poco non sarebbe caduto per terra.
-La madre della ragazza non credeva che fosse stato un suicidio e ha chiesto ulteriori indagini. Non si dava pace.- intervenne il terzo agente, quello che ancora non aveva detto nulla.
Steve aveva ben presente la madre di Rachel, era una donna particolarmente irrequieta e ansiosa, totalmente fissata con la religiosità e la chiesa. Non aveva mai amato particolarmente Steve, ma amava sua figlia più di ogni altra cosa al mondo, quindi pur di farla felice faceva finta di apprezzarlo quelle rare volte in cui stavano insieme.
-Hai qualche idea su chi possa essere stato?- gli chiese l'agente giovane, osservando una fotografia di lui e Rachel sul suo comodino.
-Rachel era amata da tutti, nessuno avrebbe mai fatto una cosa del genere a lei...non ne ho idea- disse Steve passandosi una mano tra i capelli.
-Tutti le facevano sempre regali, aveva molti amici, conosceva tutta la facoltà.- spiegò con nostalgia, abbozzando un piccolo sorriso.
Quei ricordi gli facevano male quanto lo facevano stare bene.
-E che mi dice di lei?- Chiese sempre lo stesso agente, posando la foto da dove l'aveva presa.
Steve si agitò subito, diventando rigido e indietreggiando di qualche passo. Sospettavano lui?
-Me?- chiese stupefatto. Lui era la persona con meno probabilità al mondo di commettere un atto del genere nei confronti di Rachel.
-Sappiamo che non ha una fedina penale molto pulita.- continuò l'agente.
Steve fece una smorfia; certo, ora contava di più la sua fedina penale che i suoi sentimenti, ma in fondo che ne sapevano loro?
-Qua vedo risse, risse, altre risse... Rapina a mano armata...-
-Era un'arma finta, e sono molti anni fa.- si giustificò Steve. Non era più quella persona, da quando stava con Rachel era cambiato, quell'accusa gli sembrava assurda e ingiusta.
-Diciamo che lei è da tenere sott'occhio. - intervenne l'altro agente mettendogli una mano sulla spalla. Steve se la scrollò di dosso. -Non posso credere che voi... Io l'amavo!- Disse esterrefatto.
-Non lo metto in dubbio.- commentò l'agente giovane, e Steve non riuscì a captare se fosse ironico o meno, provava solo un gran fastidio nei suoi confronti.
-Ci sono stati segnalati anche dei litigi nell'ultima settimana, tra te e Rachel.- intervenne con dolcezza l'agente grassottello. Steve non credeva alle sue orecchie, non sapevano più a cosa appigliarsi, erano soltanto fraintendimenti.
-Si è vero, eravamo un po' in freddo.- confermò Steve a denti stretti.
-Può fornirmi la motivazione?- chiese l'altro agente.
Steve strinse i pugni e spostò lo sguardo sulla foto di lui e Rachel che il poliziotto aveva ispezionato pochi minuti prima.
-Sospettavo che mi tradisse.- Sospirò poi, cercando di mantenere la calma. Aveva dei problemi nel gestire la rabbia fin da quando era piccolo, ma con l'adolescenza si erano attenuati, fino a scomparire completamente con Rachel. Senza di lei avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo, come un neonato.
-Un classico.- commentò l'agente giovane, poi si girò verso il terzo agente e alzò un sopracciglio vedendolo ancora alle prese con le tavole.
-Avevate litigato anche quella sera, dovevate vedervi per dormire insieme, o sbaglio?- continuò a fargli domande lo stesso agente.
Steve capì che avevano letto i loro messaggi, si infuriò ancora di più ma cercò di sotterrare tutta quella rabbia per non fare stupidaggini.
-Si, dove volete arrivare con queste affermazioni? Non ho ucciso io Rachel, era la mia fidanzata.- ripeté Steve con tutta la calma che potè, suonando lo stesso vagamente minaccioso.
-Ce ne segnalano a centinaia di casi del genere, quasi ogni giorno.-
-Non è questo il caso.- Steve stava per perdere la pazienza.
-Penso che questa ispezione possa finire qui, le faremo sapere nei prossimi giorni.- Disse con tono autoritario l'agente, uscendo dalla stanza.
-Quasi dimenticavo; condoglianze.- Disse prima di chiudersi la porta alle spalle.
Steve aspettò qualche secondo che andassero via, poi tirò un fendente destro al muro, spaccandosi nocche fino a farle sanguinare.

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