Capitolo 3

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Alastair teneva gli occhi puntati sul paviemnto dal momento stesso in cui erano entrati nella stanza. Il tempo passava e Thomas si sentiva sempre più nervoso. Il ticchettare costante del piccolo orologio a cucu' appoggiato sul imponete  cassettiera al lato opposto della stanza lo stava facendo impazzare. Si vedeva riflesso nello specchio che sovrastava la struttura, alto e impacciato come al solito. Sembrava di vedere un bambino che gioca a fare l'adulto, che cerca d'impersonare qualcuno che non è, patetico. Era li per delle risposte e le avrebbe ottenute in un modo o in un altro. Dopo tanti anni nascosto a guardare si fece finalmente coraggio.

"Voglio sapere perché hai fatto ciò che hai fatto." Fece calmo. L' altro non alzò neppure lo sguardo.

"Perché dire quelle cose su di noi, sulle nostre famiglie? Cosa ti abbiamo mai fatto?" Chiese fermamente ma Alastair continuava a guardare il pavimento. Thom storse il naso disgustato. Si era arrovellato il cervello per settimane e questo non si degniava neanche di dargli una semplice risposta, un mugugno, un monosillabo. Dopo alcuni interminabili momenti di silenzio decise che non valeva nenache un attimo del suo tempo e stava per andarse quando la voce dell' altro lo fermò.

"Niente" rispose infine gelidamente continuando a scivare il suo sguardo. Thomas sentiva la rabbia ribollirli nelle ossa. Quello stronzo non aveva neanche il coraggio di guardarlo negli occhi. Era da un mese che aspettava, anzi in realtà da molto di più, non gliela avrebbe data vinta per nessuna cosa al mondo. Avrebbe ottenuto ciò che voleva a tutti i costi. Sapeva che c'era una risposta a tutto quello, in fondo al cuore lo sentiva ma si chiedeva perché Alastair non volesse dargliela. Non capiva perché dovesse continuare a recitare la parte del cattivo, da sempre pensava che non gli sia addicesse affatto.
Il silenzio era sempre più assordante e lo sguardo gelido e sfuggente dell' altro non faceva che alimentare il bisogno sempre più impellente tiragli un pugno ben piazzato. Almeno cosi lo avrebbe guardato negli occhi. Decise di trattenersi, in qualche modo sapeva che sarebbe stato comunque inutile.
Nel mentre i minuti passavano e la sua rabbia e indignazione crescevano con il tempo. Alla fine non riuscì più a trattenersi.

"Allora perché?!" Urlò contro quel muro impenetrabile che aveva davanti.

"Perché diavolo fare una cosa del genere?! Rovinare delle famiglie che non ti avevano fatto nulla." Continò mentre il suo volto diventava paonazzo dalla rabbia.

"Far star male dei ragazzi che non conosci nemmeno! Come hai potuto!?" Gridò impetuoso avvicinadosi a lui. L'altro non si scomposte nemmeno. Continuava imperito a guardare il pavimento. Thomas non poteva sopportare cotanta dindifferenza. Gli si contorcevano le budella davanti a scene del genere. Non si degnava neanche di incrociare i suoi occhi. Probabilmente non lo rispettava abbastana per farlo.
I suoi pugni stetti rigidi di fianco al corpo gli prudevano dalla volgia di fare quacosa. Si sentì sul punto di piangere. Sarebbero state lacrime di rabbia e delusione per qualcosa che pensava di aver visto ma che forse non c'era mai stato, ma non poteva permettersi di farsi  vedere vulnerabile. Allora alzò gli occhi puntandoli direttamente verso la stregaluce che illuminava la stanza. Era da quando era piccolo che nei momenti di rabbia finiva sempre per piangere. Fortunatamente quella volta riuscì a trattenersi. Si sarebbe piuttosto ammazzato prima di scoppiare a piangere davanti a qualcuno che non lo degnava nemmeno di uno sguardo.
Con li occhi lucidi riporto l' attenzione in basso e sorprendentemente fu l' altro ad interrompere il silenzio.

"Non lo so" fece con un filo di voce, il volto una maschera inpenetrabile. Thomas non riusciva a credere a quelle parole. Dopo tutti i disastri era quella l'unica cosa che sapeva dire. Aveva passato anni ad osservare l'altro ragazzo convinto che ci fosse di più in lui, ma addesso si chiese se forse infondo si sbagliava. Era venuto per una spiegazione ma forse questa non c'era.
Si chiese se fosse colpa sua, se avesse mai fatto qualcosa per spingerlo a comportarsi così. Il silenzio però era chiaro, se una risposta c'era lui non gliela avrebbe data. Ormai  non c'era neanche più la rabbia. L'unica cosa rimasta era la delusione e la tristezza sconfinata, come se avesse perso qualcosa di importante che non sapeva nemmeno di avere. Gli aveva dato una possibilità di spiegare ma ormai non c'era più speranza. Thomas voleva con tutto il cuore che ci fosse un motivo, che in fin dei conti ad Alstair importava almeno un pochino di lui. Ma a quanto pare si sbagliva di grosso. Quella gielo che gli vedeva adesso in volto e che un tempo pensava fosse solo una facciata distrusse ogni sua forma di autocontrolo.

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