cap.27

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Le prime due ore passarono molto tranquillamente. La materia non mi dispiaceva poi tanto. Ogni tanto davo un'occhiata al lavoro che stava facendo la mia piccola, ma lei lo nascondeva gelosamente.

Non voleva mai che vedessi i suoi disegni prima che fossero finiti.

Alle 10:05 suonò l'intervallo. Tutta la classe lo passò a gruppetti in aula, come sempre.

Presi una barretta di cioccolato e la divisi a metà. Un pezzo lo diedi ad Eri, che non mi calcolava perché stava finendo il disegno.

Mentre mi rilassavo sulla sedia e leggevo gli appunti per la lezione successiva mi venne un mezzo infarto.

Eri si era raddrizzata di colpo facendomi sbattere il naso contro il libro e facendomi quasi andare di traverso l'ultimo pezzetto di cioccolato che stavo sgranocchiando.

"Papà. Papà! Ho finito! Guarda!" Urlò tutta contenta passandomi il foglio.

Io mi ero seduto meglio e mi ero sistemato prima di dargli un'occhiata.

La classe si era zittita di colpo e ci stava osservando. Anche il professor Aizawa si era svegliato dal suo letargo per fissarmi incuriosito.

Effettivamente era la prima volta che sentivano la voce di Eri. Non aveva spiccicato parola per due ore e mi aveva solo bisbigliato qualcosa prima della lezione.

Poi non era una cosa molto usuale che una bambina di 6 anni chiami papà un ragazzo di quasi 16.

Il disegno era molto stilizzato, tipico di una bambina piccola.

C'era una casa, un sole bello giallo, dell'erba verde, cinque omini e una macchia viola. Tutte avevano scritto un nome sopra la testa.

La macchia era Kurogiri. La figura con i capelli biondi e la gonna era Himiko. La figura alta con i capelli azzurri era Tomura, quella con i capelli neri e le braccia e la faccia viola era Dabi, quella un po' più bassa e dai capelli marroni ero io e l'ultima figura bassa e con la gonna era lei.

"Hai fatto proprio un ottimo lavoro, amore. Sabato andiamo a comprare una bella cornice e lo mettiamo in sala." Lo piegai, le diedi un bacio sulla testa e lo misi nella borsa.

La portai in bagno e quando tornammo si accoccolò sul mio grembo e iniziò a sgranocchiarsi il pezzetto di cioccolato che le avevo dato.

Quando suonò di nuovo la campanella si mise ad esercitarsi nella scrittura e altre due ore passarono.

Per pranzo rimanemmo in aula e mangiammo dei panini che ci aveva preparato Dabi la sera. Non mi andava di portarla in mensa. Troppa gente e troppo rumore.

Durante le quattro ore del pomeriggio uscimmo per allenarci. Lei era già vestita con una maglietta a maniche corte e un paio di pantaloncini dalla mattina.

"Eri. Rimani un secondo con il signor Aizawa. Vado a cambiarmi e torno. Lui è una persona di cui il papà si fida. Rimani con lui finché non mi vedi uscire dagli spogliatoi. D'accordo?" Le feci dare la manina al professore e mi girai.

"Ma che bel gattino che hai lì. Come si chiama?" Sentii dire dal prof.

"K-kitty" Rispose lei.

Mi cambiai e appena uscii andai a riprendere la piccola.

"Papà! Il signor Aizawa mi ha detto che lui conosce tutti i gatti che girano qui attorno. Anche tu li conosci?" Mi chiese tutta agitata.

"Ehm. No. Ne ho visto qualcuno, ma non li conosco tutti." Inizialmente sembrava triste. "Non mi fermo molto a guardare i gatti perché devo tornare a casa dalla mia cucciolotta." E mi fece un grande sorriso.

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