cap.9

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Oggi Dabi è andato in missione con Toga e gli altri, mentre io sono qui al bancone del bar ad aspettare che tornino.

Dall'altra parte del bancone è seduto Shigaraki con un bicchiere di liquore.

Mi annoio, quindi vado dietro il bancone e mi stappo una bottiglia di birra, poi torno a sedermi su uno sgabello.

È la prima volta che bevo e a metà bottiglia inizio a sentire fastidio alla testa.

Mi metto a pensare a un sacco di cose contemporaneamente, dal senso della vita al perché l'acqua è bagnata. Mi viene un'idea. Non penso che sia magnifica, ma tentar non nuoce.

Mi volto lentamente verso Shigaraki e pongo una semplice domanda a cui è difficile dare una risposta.

"Perché hai deciso di diventare un Villain?"

Sento la mia stessa voce ovattata, ma ormai ho parlato. Non si torna indietro.

Lo vedo bloccarsi con il bicchiere a mezz'aria e riabbassarlo sul piano del bar.

"Non ti interessa, moccioso."

"Oh... e dai! Ci siamo solo noi due qui. Avrai pure una ragione per essere diventato cattivo."

"Non ho nessuna ragione. E non devo giustificarmi con una piattola come te."

"E dai... tanto non ricorderò nulla. Mi sa che non reggo molto bene l'alcool. E poi nessuno nasce cattivo. Ti racconto di me dopo."

Lui sospirò e mi guardò bene in faccia. Dopo poco aveva constatato che ero abbastanza brillo da ricordarmi ben poco il giorno dopo, visto che ero caduto dallo sgabello tentando di mettermi più comodo e scoppiando subito a ridere. Quindi iniziò a raccontarsi.

"Da piccolo volevo diventare un eroe. Avevo trovato delle foto di mio padre e mia nonna. Lei era un'eroina.

Giocavo spesso a fare l'eroe con mia sorella o i miei nonni, ma quando mio padre lo veniva a sapere mi picchiava. Non voleva vedermi morto come la nonna, ma facendo così ha fatto in modo che io lo odiassi profondamente.

Avevo cinque anni, il mio quirk non si era ancora manifestato. Io ero tristissimo, ma lui era felice come una pasqua, e ogni scusa era buona per insultarmi e picchiarmi.

Un giorno mi ero rifugiato in giardino a piangere e stavo abbracciando il mio cane quando ha iniziato a guaire perdendo sangue e poi si è sgretolato.

Non capivo cosa stesse succedendo, quindi ho chiesto aiuto. Ogni volta che toccavo qualcuno della mia famiglia questo moriva, anche se non lo volevo. Quando mio padre è tornato a casa la prima cosa che ho fatto è stata quella di saltargli addosso e ucciderlo, poi ho distrutto la casa e sono scappato.

Ho girato per le strade chiedendo aiuto per settimane, ma nessun eroe è venuto a salvare un bambino che aveva bisogno d'aiuto, neanche quando dei ragazzi lo picchiavano.

L'unico che mi ha salvato da tutto quello schifo è stato il Maestro. Mi ha accolto e mi ha aiutato ad essere qui. Non ce l'avrei mai fatta, altrimenti."

Non connettevo molto bene, ma la storia di Shigaraki mi aveva colpito.

Anche lui abbandonato dal mondo, ma che aveva trovato rifugio in un luogo inaspettato.

"S-sei felice ora?"

"Felice? Non so neanche cosa sia essere felici. Ma comunque posso dire di non essere minacciato e di aver finalmente trovato un posto che mi faccia sentire un minimo al sicuro.

Per noi villain la felicità non esiste. Esistono solo surrogati di essa.

Non vivremo mai quella felicità spensierata che caratterizza le persone 'normali'. Non potremo mai uscire alla luce del sole e sorridere come se nulla fosse.

Saremo sempre relegati nei posti più oscuri delle città a nasconderci da tutto e da tutti. Non saremo mai veramente tranquilli. Non ti puoi veramente fidare di chi ti sta intorno.

Non avremo mai veri amici. Solo buoni alleati che dovremo sceglierci con cura.

La vita di un villain non è semplice. Mai lo è stata e mai lo sarà.

Mettitelo bene in testa, mocciosetto."

Ora sono totalmente spiazzato. Non lo facevo così filosofico.

L'ho sempre visto urlare e impartire ordini a tutti in modo annoiato o incazzato.

"Di me ti puoi fidare. Non racconterò mai nulla a nessuno." Dico guardandolo negli occhi.

"Sarà meglio per te."

"Bhe... comunque, come avrai già capito da tempo, io non sono il fratello biologico di Dabi, ma ci teniamo molto l'uno all'altro.

Sono più di otto mesi ormai da quando mi ha salvato."

Mi fermo un attimo e guardo di sottocchio il mio interlocutore. Non sembra molto interessato. Sta zitto con il bicchiere tra le mani. Ma tanto, anche se non mi ascoltasse, non mi farebbe molta differenza in questo momento.

Sono ancora seduto sul pavimento, dove ero caduto prima di iniziare la conversazione. Mi rialzo, mi risiedo sullo sgabello e continuo la mia noiosa storia.

Mentre raccontavo alzai di poco la manica della camicia, dove si vedevano ben chiare delle cicatrici sottili e delle bruciature. Sospirai malinconico accarezzandomi l'avambraccio. Non erano ovviamente gli unici segni sul mio corpo, ma erano sicuramente i più semplici da far vedere. Una lacrima lasciò incontrollata il mio occhio. Un'infanzia orribile. Tanta paura e troppa poca forza per ribellarmi. Ormai era diventata una routine quella di farmi del male o subirne dagli altri.

Però mi illuminai subito a raccontare quello che era successo dopo la mia fuga.

"Ora tutti mi danno per morto, e io sono felice di stare con voi e Dabi. Non cambierei questo per nulla al mondo."

Questa fu la fine del mio discorso. Una lacrima di felicità che sgorga da un occhio.

Shigaraki non mi guardava direttamente, ma avevo percepito un'occhiata diversa delle altre, magari aveva trovato anche lui una piccola similitudine tra le nostre storie.

Avevo trovato qualcun'altro che mi capiva.

Finalmente avevo trovato un po' di tranquillità.

Finalmente avevo trovato uno scopo.

Finalmente avevo trovato una famiglia.

Qualcosa è andato storto...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora