cap.28

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Sono le 17:30.

Ho lasciato Eri alla base con Tomura e Himiko, mentre io mi sono preparato per andare a incontrare Shoto.

Ho fatto il mio rapporto mensile a Shigaraki e poi sono uscito.

Ovviamente non avevo detto nulla a Dabi.

Ero arrivato davanti al cinema con qualche minuto d'anticipo, quindi mi misi seduto su una panchina e aspettai.

Pochi minuti dopo una sagoma familiare si sedette accanto a me.

"Ciao, Shoto."

"Buona sera, Hito."

"Racconta. Sono tutto orecchie." Dissi girandomi leggermente verso di lui e facendogli un sorriso rassicurante.

"Perché sei così interessato?" Era molto cupo e triste.

"Perché una delle tante cose buone che mi ha lasciato Izuku è stata quella di cercare sempre di aiutare gli altri, soprattutto se sono in difficoltà. E anche perché penso di essere l'unico in classe a poterti capire. So che non vuoi avere amici, ma ti assicuro che parlare ti farà sentire meglio." Sorrisi incoraggiante.

Un sospiro e poi nulla.

"Doveva essere proprio fantastico questo Izuku di cui parli."

"Già. Era magnifico. Mi ha lasciato tanto per quel poco che ha vissuto. Ma anche mio fratello mi ha aiutato tantissimo e lo ammiro un sacco. Abbiamo dieci anni di differenza e lui si è sempre preso cura di me. Nonostante tutto quello che gli hanno fatto è riuscito a rialzarsi da solo e ad aiutare pure me. Ma ora stiamo bene entrambi. Abbiamo trovato gente che ci fa stare bene e ci siamo creati la nostra personale famiglia.

Vorrei che ti aprissi con me e mi permettessi di aiutarti."

"Se però ti parlo di me voglio che tu mi prometta di non dirlo mai a nessuno."

Mi guardò con due occhi talmente spenti e privi di vita che mi sembravano quasi morti.

"Te lo giuro. Fidati di me."

Un profondo sospiro e iniziò ad aprirsi.

"Sei molto intelligente. Nessuno aveva mai notato che questa cicatrice mi fa stare male. Tutti dicono sempre che è figa e sento quando borbottano di volerne una anche loro, ma tutti danno per scontato che mi sia bruciato con il mio stesso quirk."

Appoggiò i gomiti sulle proprie ginocchia e mi guardò.

"È stata mia madre a farmela, con il bollitore del tè."

"Mi dispiace, Shoto. Immagino ci sia una correlazione tra la cicatrice e tuo padre. Se fosse stato solo un atto di cattiveria ti avrebbe bruciato entrambi gli occhi, ma la cicatrice è solo e unicamente sul tuo lato sinistro."

"Hai ragione. Tutti pensano che sia divertente essere figli di Endeavor, ma la verità è che è un vero e proprio incubo. Lui è l'eterno secondo e voleva un figlio capace di essere più forte di All Might per diventare il numero 1.

Con degli stupidi stratagemmi ha forzato mia madre a sposarlo, con un matrimonio tra unicità, solo per avere il figlio perfetto. Metà fuoco e metà ghiaccio, in modo da essere il più potente possibile.

Come primo figlio ha avuto mio fratello Touya, che è morto bruciato dalle sue stesse fiamme. Il suo quirk era più potente di quello di mio padre, ma per lui era comunque troppo debole. Lo ha spinto talmente oltre, gli ha messo in testa idee tanto malsane, che lo hanno portato alla morte.

Poi hanno avuto Fuyumi e Natsou, ma loro sono stati lasciati in pace, penso perché il loro quirk fosse solo il potere di manipolare il ghiaccio.

Poi sono arrivato io. Il figlio perfetto, quello che voleva lui. Metà fuoco e metà ghiaccio, abbastanza potente per i suoi piani malati.

Quelli che compiva su me e mio fratello maggiore erano veri e propri abusi, ma anche mia madre non era esente da quei trattamenti.

E così, un giorno, quando avevo cinque anni, mi ritrovai nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Lei stava parlando al telefono in cucina e io l'avevo presa alla sprovvista. Dallo spavento mi tirò in faccia l'acqua bollente, ma quando se ne accorse raffreddò solo il mio lato destro e lasciò il mio lato sinistro a bruciare.

Mio padre l'ha messa in un ospedale ed è da allora che non la vedo. Orami sono passati dieci anni e io non uso il mio quirk da allora."

"Capisco come ti senti, sai? O almeno, in parte. Da quello che ho capito tua madre non voleva farti del male, era solo troppo spaventata da tuo padre. Io non avevo nessuno che si preoccupasse per me. Solo quando mio fratello è uscito da tutto quello schifo è riuscito a tirare fuori anche me. Penso che tu debba andare a trovare tua madre. Le farebbe piacere sapere che le vuoi comunque bene dopo quello che ti ha fatto e che hai capito perché lo ha fatto. Probabilmente sarà attanagliata da mille sensi di colpa." Dissi dopo un po'.

"Non posso. Quel giorno ricordo perfettamente di averla sentita dire che il mio lato sinistro la disgustava."

"Pensaci, però. È da anni ormai che è lontana da tuo padre e da quell'ambiente malsano. Probabilmente gli mancate, tutti. Siete comunque i suoi figli."

"Ci penserò." Disse solo.

Guardai in alto. Il cielo iniziava a scurirsi.

"Poi penso che tu stia sbagliando. Scusa se te lo dico così francamente. Ma credo che, anche se tuo padre abbia cercato in tutti i modi di creare il figlio perfetto, questo sia il tuo potere, non il suo. Sono le tue fiamme e il tuo ghiaccio, ma soprattutto questa è la tua vita, non la sua.

Lui sta cercando di creare una vita diversa dalla sua usandoti come specchio in cui riflettersi. Tu ti opponi a lui nel modo sbagliato. Non usando le tue fiamme fai sì che lui cerchi di renderti la vita il più difficile possibile per spingerti al punto di usarle.

Se ha spinto tuo fratello a tal punto cosa lo fermerebbe dal non farlo anche con te?"

Mi guardò ma non disse nulla. Quegli occhi sempre spenti però avevano qualcosa di leggermente diverso.

"Eroi come lui non dovrebbero esistere. Gli eroi degni di tale nome sono coloro che si mettono al primo posto davanti a tutto e tutti per proteggere chiunque ne abbia bisogno. In special modo la famiglia." Dissi.

"Lo so." Sospirò stanco.

"Ora devo andare. Si sta facendo buio. Un giorno ti farò conoscere una persona, ma non è ancora il momento. Spero di esserti stato d'aiuto. Mi è piaciuto parlare con te, dovremmo rifarlo più spesso, magari diventare amici. Ci vediamo, Shoto."

Mi incamminai verso il viale, quando venni richiamato dal ragazzo ancora seduto sulla panchina.

"Grazie, Hito."

Gli feci un semplice cenno con la testa e me ne tornai a casa.

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