Mi sveglio di scatto appena sento che qualcosa non va. Il pullman sta rallentando.
Guardo fuori e il paesaggio è molto bello. Siamo su una strada di montagna e si può vedere la valle sotto di noi.
"Facciamo una piccola sosta. Incontreremo qualcuno. Comportatevi bene." Ci fulmina il professore Aizawa.
Faccio finta di riaddormentarmi. Questa storia della sosta improvvisa in mezzo al nulla mi puzza, e non poco.
Per mia fortuna avevamo preso gli ultimi posti, così non fu difficile non farmi notare.
Come avevo previsto, in tempo zero, apparvero due componenti delle Wild Wild Pussycats e la piazzola di sosta franò sotto i piedi dei miei compagni.
Mi nascosi meglio, quasi sotto ai sedili, per non essere beccato. Il pullman ripartì e io con lui.
"Siamo arrivati, professore." Sentii dire dall'autista.
"Grazie. Scarichiamo le valigie e abbiamo finito per oggi."
I due uomini scesero dal mezzo e aprirono il portellone dei bagagli. Io scivolai verso il lato opposto del bus e aprii il finestrino per poi arrampicarmi silenziosamente sul tetto. Mi sdraiai e mi misi a prendere il sole.
Circa due ore dopo sentii una voce femminile chiamare chi era presente nel campo per il pranzo.
Mi stiracchiai e saltai giù dal tettuccio.
Entrai nella struttura da dove provenivano rumori di stoviglie e voci. Ero ancora un po' assonnato e la mia maglia era un po' stropicciata.
"E tu da dove spunti?" Mi chiese un uomo muscoloso e ben piazzato. Doveva essere il pro Hero Tiger.
"Non avete controllato se qualcuno fosse rimasto sul pullman. Mi sono nascosto tra gli ultimi posti e quando siamo arrivati qui mi sono sdraiato sul tetto. Avevo percepito fin da subito che qualcosa non andava. E ho avuto ragione, non è così, professore?" Ghignai in modo sfacciato verso Aizawa, che era tra l'incazzatura e lo stupito.
"Bhe, avevamo promesso il pranzo a chi fosse arrivato prima di mezzogiorno. Siediti e mangia. A proposito. Io sono Mandalay, lei è Ragdoll, lei è Pixie-Bob e lui è Tiger. Il ragazzino è Kota, mio nipote. Benvenuto al campo d'addestramento estivo." Mi tese la mano la donna dai capelli rossi.
Le strinsi la mano e mi sedetti a mangiare.
Mi aveva incuriosito molto il bambino. Sembrava che gli dessimo fastidio. Tutti noi. Ma non era un disprezzo per le persone, ma penso che fosse per gli eroi visto che guardava Aizawa e Vlad King peggio degli altri, che erano gli unici due in costume.
Nei suoi piccoli occhietti neri potevo leggere benissimo il disgusto e il disprezzo.
Chissà cosa lo aveva portato a questi sentimenti. Magari ci avrei parlato dopo.
Appena finito di mangiare aiutai a sparecchiare e dopo un po' mi misi a seguire il bambino, visto che mi avevano comunicato di avere il pomeriggio libero finché non fossero arrivati anche gli altri.
Seguimmo un sentiero poco battuto nel bosco dietro la struttura e dopo qualche minuto mi ritrovai su un piazzale naturale, quasi in cima a una collinetta.
Il piccolo si era seduto davanti all'apertura di una grotta e osservava il vuoto.
Con passo felpato mi avvicinai a lui.
"Odi gli eroi per un motivo o ti fanno solo schifo? Mi sembra strano visto che sei il nipote di una pro Hero." Dissi affiancandomi a lui e mettendomi a mia volta a osservare il magnifico paesaggio.
Il bambino saltò in piedi sulla difensiva.
"Come hai fatto a trovarmi? Cosa vuoi, stupido eroe?"
"Mi sembra ovvio, no? Ti ho seguito. E comunque modera i toni, moccioso. Non sono qui per litigare con te. Voglio solo sapere perché odi gli eroi." Ero molto tranquillo. Immaginai di star parlando con Eri, anche se molto più arrogante e maleducata.
"Perché vuoi saperlo? Vattene da qui!"
Rimasi zitto un secondo.
"Hai mai sentito parlare di Hebi? L'uomo serpente. Lascia sulla scena dei suoi crimini un adesivo a forma di testa di cobra. Non si sa come riesca ad uccidere le sue vittime o quale sia il suo quirk. Non è un soggetto interessante?"
"Cosa? No. Siete tutti pazzi."
"Ma come. Se odi gli Hero ti piacerà almeno qualche villain, no?" Chiesi sarcastico.
"No. Siete tutti una manica di matti. Questa società è uno schifo! Voi eroi lasciate che dei bambini crescano senza una madre e un padre, mentre i villain li ammazzano. Fa tutto schifo." Quasi si mise ad urlare.
Mi girai verso di lui e gli feci un grande sorriso.
"Hai ragione. Questo mondo fa schifo. Perché un ragazzino dolce e gentile dovrebbe essere bullizzato e pestato a sangue fin quasi al suicidio? Non ti pare?"
Un silenzio strano calò tra noi.
"C-cosa intendi?"
"Mi hai visto in faccia, no? Non penserai mica che queste cicatrici me le sia fatte da solo. Queste me le ha fatte quello che doveva essere il mio migliore amico, solo perché non avevo ancora sviluppato il mio quirk e tutti pensavano che ne fossi privo."
Allungai le braccia e mostrai bene le parti scoperte dalla t-shirt.
Un nuovo silenzio calò su di noi. Kota si era rimesso a sedere accanto a me e osservavamo le fronde degli alberi muoversi sotto una leggera brezza.
"Quindi? Perché odi tanto gli Hero?"
"M-mia mamma e mio papà erano degli eroi. Mi avevano promesso di stare sempre con me, ma un giorno sono morti perché stavano combattendo contro un villain troppo forte per loro. Non hanno mantenuto la loro promessa. E non potrò più vederli." Aveva le lacrime agli occhi. Gli faceva male, ma non voleva mostrarlo.
"Quanti anni hai?"
"Cinque."
"Oh, guarda. Hai quasi l'età di mia figlia. Lei ha sei anni. Il mio angioletto. Le ho promesso di tornare presto da lei. Ora è con i suoi zii." Dissi cercando di alleggerire la situazione. Capivo che per lui quello era un argomento doloroso e non ero così cattivo da girare il dito nella piaga. Penso si fosse capito.
"Figlia? Ma non sei un po' giovane per essere padre?"
Alzai gli occhi al cielo e poi ridacchiai.
"Hai ragione. Non è veramente mia figlia, ma si può dire che l'abbia adottata. L'ho salvata qualche anno fa da un villain che la maltrattava e ora è come se fosse la mia bambina."
"Perché non è con te? Se sei suo padre dovresti prenderti cura di lei."
"Hai perfettamente ragione, ma se l'avessi portata con me non avrei avuto il tempo per prendermi cura di lei come si merita. Poi l'ho lasciata a mio fratello e alla mia famiglia. Loro la tratteranno benissimo."
"Se hai una figlia allora perché vuoi rischiare la tua vita diventando un Hero?"
"Perché, se fossi un villain non rischierei lo stesso?"
"Sì, ma-"
"Voglio cambiare le regole di questo schifo di società, come hai detto tu. Voglio rendere questo mondo migliore per mia figlia, non importa cosa devo fare per raggiungere il mio scopo."
Mi alzai e mi stirai un po'.
"Il mondo non è fatto solo da bianco e nero, bene e male. Esistono anche varie sfumature di grigio. Tienilo bene a mente, Kota."
Mi girai e mi avvisi sulla via del ritorno.
"Aspetta! Non mi hai detto come ti chiami." Urlò il bambino dalla piazzola.
"Hito, Tetsuya Hito. Ma se vuoi gli amici mi chiamano Tets."
Ripresi il mio cammino e tornai alla mensa.
Erano le quattro. Visto che nessuno dei miei compagni si era ancora fatto vivo mi appisolai su una panchina al sole.
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Qualcosa è andato storto...
FanfictionE se nell'infanzia di Izuku Midoriya qualcosa fosse andato storto? E sei quei 'non c'è la puoi fare' fossero rimasti tali? Storia alternativa dove il nostro Deku sarà felice, ma non un eroe.(come si intende dalla copertina) (disegno non mio) La cron...