Capitolo 13

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Quella notte Federica si ritrovò a rigirarsi nel letto più volte, non riusciva proprio a prendere sonno. Decise di alzarsi e si sedette sulla veranda e guardò il mare. Il suo primo pensiero fu' il moro con cui quasi sempre si scontrava. Gli mancava. Era una sensazione strana la sua, era un mese che si "conoscevano", e non era la prima volta che non sti stuzzicavano per una settimana o più, ma adesso era diverso, è vero, lei non conosceva quasi niente di lui, ma quel battibecco giornaliero non poteva negare che gli mancava, ci aveva preso l'abitudine, e poi il giovane aveva deciso di netto di allontanarla, e lei, orgogliosa com'era, lo aveva assecondato, eppure, invece di ringraziare il cielo che finalmente avrebbe avuto pace, pensava e ripensava al perché lo avesse fatto, e ovviamente lo odiava, e come se lo odiava, non riusciva a capirlo, era solo un presuntuoso e arrogante, però l'aveva difesa, e quel gesto per lei valse più di mille parole, uno come lui, che aveva imparato a notare, che non faceva altro che comandare, che era freddo e arrogante con tutti, che egli stesso l'aveva tratta male e fatta piangere, aveva guardato in faccia la giovane e si era avventato sul biondino per difenderla, che si era lasciato toccare il viso dalle sue mani delicate, e quasi come una supplica le aveva detto di stare lontana da lui, come un consiglio. La giovane Federica non chiuse occhio, si limitò a pensare a lui e a tutti i casini che fuori dal carcere stavano succedendo nella sua famiglia.

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La mattina dopo Naditza si svegliò prima di tutte, e incitò le due compagne di cella a svegliarsi, era troppo euforica. Quando Federica andò in bagno per prepararsi notò sotto gli occhi due profonde occhiate, che cercò di coprire con una crema, sarebbe stato da stupidi truccarsi, stavano uscendo in barca e molto probabilmente Nad l'avrebbe costretta a buttarsi. Prese in prestito un costume tutto nero dell'amica e quando lo indossò riconobbe che rispetto a prima era dimagrita, ma il suo fisico e le sue forme erano sempre perfette.

Le giovani fanciulle erano pronte per partire. Quando il comandante le venne a prendere, uscirono in cortile e raggiunsero Beppe e la direttrice.

"Aspettatemi qua, prendo i ragazzi." Informò il comandante e si diresse verso il dormitorio maschile. Federica impallidì, i maschi?

"Beppe, ma non dovevamo andare solo noi?" Chiese all'educatore e lui scoppiò a ridere.

"Federì, che pensi che uscivamo in barca solo noi 7? È ovvio che vengano anche quei cretini, ma state tranquille, non vi fanno niente ci siamo noi." Rispose l'uomo.

Quando i ragazzi scesero in cortile, non si aspettavano di trovare anche le ragazze, e ne furono piacevolmente sorpresi, ci sarebbe stato da divertirsi.

"Oggi se vi comportate bene vi facciamo fare pure un bagno." Li informò l'educatore accompagnando tutti nel furgoncino per raggiungere il molo là vicino.

Quando Ciro vide Federica, quasi si preoccupò o meglio, si infastidì di quello che Beppe aveva detto, non era affatto felice di vedere Federica in costume, una parte di lui non vedeva l'ora, ma conoscendo i ragazzi non si sarebbero risparmiati a fissarla e a farle commenti poco casti senza problemi, e non avrebbe dovuto difenderla, giusto una settimana prima si erano detti che ognuno sarebbe andato per la sua strada, doveva mantenere la parola.

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Quando arrivarono al porto, scesero in fila indiana, e raggiunsero la grossa barca in cui sarebbero saliti. A Nad gli si brillarono gli occhi, amava tutte le cose sfarzose, sarebbe stato un sogno per lei avere una barca così bella.

Il comandante salì per primo e aiutò la direttrice Vinci prendendola quasi in braccio a mo di sposa, gesto che non passò inosservato, perché ore tutti fischiavano.

Federica salì per ultima, aiutata da Filippo, che non smetteva di guardarla dalla tanta bellezza. Essendo una giornata di inizio maggio molto calda, la giovane decise di indossare sopra al costume un jeans stretto e strappato alle ginocchia e una semplice canotta nera, era così semplice senza un filo di trucco, eppure la sua essenza arrivava a tutti, specialmente a Ciro, che si perdeva a guardarla. Anche lei lo guardava, era bello, non poteva negarlo, anche con quell'aria spavalda e sempre incazzata aveva un fascino che non aveva mai visto in nessun'altro. Quel giorno indossava anche lui un jeans strappato alle ginocchia e una delle sue tante magliette Versace, nelle sue labbra carnose aveva come al solito una sigaretta, che il comandante gli aveva vietato di accendere, ma si limitò a tenerla tra le labbra per giochicchiarci. Era ben steso con le braccia allargate alle sbarre di ferro, e si limitava ad alzare la testa per prendersi il sole.

C'sta o Mar for!-Ciro RicciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora