La tigre e la pantera nera

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Flashback

Un anno prima

Il giovane Ricci si trovava all'IPM da poco più di un'ora. Era seduto su una sedia in attesa di essere portato in quella che sarebbe stata la sua nuova cella. Continuava a battere il piede a terra e a grattarsi la testa nervoso. Ore prima aveva commesso quello che mai si sarebbe aspettato nella sua vita, ovvero uccidere il suo migliore amico. Lo aveva fatto. Glielo aveva ordinato il padre. Quando gli raccontò che lui e la sua famiglia erano solo infami, e che il suo migliore amico non solo lo aveva tradito ma che gli aveva mentito su tutto, Ciro non ci volle crede, perciò mise alla prova l'amico. Quello che si rivelò vero fu' tutto quello che il padre gli aveva detto il giorno prima e Ciro con tutta la forza che possedeva lo aveva guardato negli occhi e gli aveva sparato due colpi sul petto, uccidendolo. Si era ritrovato poi accanto a lui a stringerlo e dargli un bacio sulla nuca, continuando a domandare al suo corpo ormai morente il come avesse potuto tradirlo, e nemmeno mezz'ora dopo si ritrovò con le manette ai polsi pronto per essere portato in questura e successivamente all'IPM di Nisida. Indossava ancora la maglia sporca del sangue di Francesco e non riusciva a non guardarla, si era categoricamente rifiutato di mettere la maglietta che gli avevano portato le guardie.

Il comandante Massimo dopo averlo interrogato, lo portò nell'ala B, dopo avrebbe alloggiato da quel momento. Si ritrovò in una cella tutta sua, fortunatamente. La prima cosa che Ciro fece lì dentro, fu' quella di accendersi una sigaretta e affacciarsi a guardare il mare che in quella estate calda ondeggiava leggermente.

Ciro era un ragazzo di sedici anni molto particolare. Quello che lo distingueva era il perfetto taglio al sopracciglio coordinato alla riga dei capelli di un castano scuro. Gli occhi neri come la pece facevano quasi paura, aveva uno sguardo sempre cupo e attento. Era un calcolatore. Amava osservare e studiare tutto ciò che gli capitava attorno per trarre le fila di qualsiasi cosa. Fin da piccolo il padre gli aveva detto che un giorno sarebbe stato lui a prendere tutto quello che aveva costruito Don Salvatore, e avrebbe comandato lui, perché un Ricci doveva comandare e farsi rispettare, e chi non lo rispettava l'avrebbe pagata cara. Ciro negli anni, con il padre sempre addosso si era convinto che tutto ciò fosse giusto, non pensando minimamente a un'altra strada se non quella della mala vita. Era anche molto arrogante e presuntuoso, ma non parlava tanto, non amava sprecare il fiato a vanvera, ma piuttosto ogni volta che apriva bocca quello che diceva aveva il suo fine, era un po' come una pantera nera. Un felino nero ed elegante, solitario e tagliente, pieno di risorse e soprattutto estremamente intelligente.

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Tre mesi dopo

Erano passati tre mesi dal suo arrivo all'IPM. Ciro si faceva sempre più rispettare, e ormai aveva preso il comando lì dentro. Essendo figlio di un importante boss, e col carattere irascibile che si trovava, in poco tempo tutti iniziarono a obbedire ai suoi ordini e temerlo. In quei tre mesi non aveva fatto amicizia con nessuno, gli stavano tutti sul cazzo, parlava con loro quando gli servivano favori o per dargli ordini.

Quel giorno di inizio settembre lo stava passando seduto su una panchina da solo, come sempre. Era assorto nei suoi pensieri, tanto da non prestare nemmeno attenzione alla quotidiana rissa che si stava svolgendo nel campo da calcio. Un rumore però lo distrasse, quello dell'apertura del cancello dell'IPM. Si voltò e osservo il camioncino grigio. Si trattava di qualche nuovo arrivato. Quando Gennaro, la guardia più anziana del carcere, aprì la portiera, scese un giovane ragazzo di sedici anni che guardava quasi divertito quel posto. Si trattava di Edoardo Conte. Edoardo era un ragazzo ribelle e pazzo, amava il pericolo e spesso e volentieri si ritrovava a fare cazzate, come quella di farsi beccare mentre spacciava droga per il suo quartiere. Aveva dei capelli corti ai lati e più lunghi al centro castano chiaro, due magnetici occhi verdi, una particolare cicatrice sulla fronte e un sorriso a trentadue denti. Amava infastidire le ragazze con battutine, anzi, le amava in generale tutte, o più specificatamente quelle che trovava belle, era un po' uno sciupafemmine. Aveva un grosso talento ovvero quello di scrivere, era un po' un poeta, infatti scriveva sempre poesie, solo che non lo aveva mai detto a nessuno, era un po' il suo segreto, e in più sapeva disegnare molto bene. Il suo animale era la tigre, ce l'aveva tatuata anche sul petto, sosteneva che fosse il suo spirito guida e che lui fosse come lei, un felino forte e coraggioso.

C'sta o Mar for!-Ciro RicciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora