Jessica mi prese per un braccio e mi trascinò con se. – Grace,andiamo via- disse cercando di attirare la mia attenzione su di lei. Dopo un bel minuto mi voltai e iniziammo a camminare. Nella mia testa avevo solo quella disgustosa immagine. Avevo voglia di vomitare e l’allegria se ne era andata a puttane. – Ora capite perché non esco il sabato- dissi in un sibilo. Le ragazze rimasero in silenzio. Mi accompagnarono fin sotto casa. – Grace ci dispiace,davvero. Non potevamo saperlo- disse Nicole. – Non preoccupatevi e non sentitevi in colpa. Anzi,grazie per l’uscita,davvero. Vi voglio bene,buonanotte- risposi salutandole con una mano. Abbozzarono un sorriso per risposta. Aprii la porta e la sbattei violentemente. Solo dopo un po’ mi ricordai che tutti dormivano e maledissi la mia rabbia. Papà scese in fretta e si stropicciò gli occhi per capire meglio. – Scusa papà,ti ho svegliato. Sono soltanto io- dissi con finta voce dispiaciuta. Sbuffò e salii sopra. Chiusi la porta e spensi la luce giù salendo in fretta in cameretta. Mi svestii e mi infilai il pigiama,sbattendo qualsiasi cosa si trovasse nelle mie mani tranne il mio libro che posai delicatamente sul comodino. Presi gli auricolari,il cellulare e mi misi sotto le coperte. Faci partire ‘La fine’ cantata da Tiziano. Le lacrime non tardarono ad uscire. Perché proprio a me? Perché Lorenzo aveva deciso di stare con Rosalie? Perché la stava baciando? Stavano insieme o si stavano divertendo? Ero piena di interrogativi. Iniziai a singhiozzare il più silenziosamente possibile. Sapevo di non essere bella. Sapevo di non essere come le altre. Ero quella strana,quella difficile da capire. Perché perdere tempo con una come me? No,non ci avevo sperato. È solo che fa un cazzo di male quando vedi che le persone preferiscono le altre a te. Mi sentivo una nullità. Non riuscivo a fare altro che piangere. Come potevo aver pensato che lui si fosse accorto di me? Come potevo aver pensato che dopo due anni si fosse accorto dei miei sguardi,dei miei sorrisi. Come? Mi facevo schifo da sola.
Ho sempre considerato la solitudine un'alleata. Saperci convivere non è cosa da tutti, non è per tutti.
Ci sono momenti in cui ti soffoca, come un amico che parla da solo, in un monologo, mentre tu resti ad ascoltare in silenzio. Ma se si trova un compromesso con essa, può diventare la migliore amica di sempre.
Se si riesce a stare bene con sé stessi, nella propria solitudine, si starà bene un po' dovunque. Mi stiracchiai nel letto e mi accorsi che nessun raggio di sole penetrava dalla finestra,segno che era ancora presto. Guardai la sveglia ed erano appena le sei del mattino. Ne approfittai per farmi una doccia rilassante. Alzandomi mi accorsi che gli auricolari erano rimasti spiaccicati dal mio corpo quella notte,siccome mi ero addormentata con la musica e le lacrime agli occhi. Oggi era l’inizio di una nuova settimana. Lunedì. Non avevo proprio voglia di andare a scuola e tanto meno di vedere quelle tre papere e Lorenzo. Mi sentivo schiacciata in un mondo così grande da quattro semplici e comuni mortali. Tranne Lorenzo. Lo amavo ancora,come lo avevo amato in quei due anni ogni volta che si metteva con una troia della scuola. Mi gettai nella doccia e lasciai che l’acqua calda mi bagnasse i capelli e che mi rilassasse. Ripensai al giorno prima. Che schifo di domenica è stata. L’ho passata a letto a vedere la maratona dei miei film preferiti,tutti troppo sdolcinati e quindi altre lacrime. Uscii svelta dalla doccia e mi asciugai i capelli lentamente per prolungare quel rilassamento. Poi,indossai un jeans,le converse e una felpa leggera blu. Lasciai i capelli sciolti e misi il mio amato eye-liner e mascara. Presi la borsa e scesi in fretta giù. L’obiettivo del giorno era:non pensare. Siccome era lunedì e mamma e papà avevano la giornata libera si svegliavano più tardi quindi potevo fare quello che volevo. Lavoravano in una farmacia in centro. Una delle più importanti. Presi un cornetto al volo e uscì. Il cielo era nuvoloso e faceva un freddo cane. Mangiai il mio cornetto aspettando l’autobus. Quando arrivò salii con grandi passi gli enormi due gradini e subito fui dentro. Mi sedetti e mi obbligai a non prendere le cuffiette. Non dovevo pensare. Presi il mio libro,Daniel e Juliàn Carax mi avrebbero distratto. Cercavo di leggere in tutti i modi ma quel frastuono mi uccideva i timpani. Avevo imparato a leggere anche con altre voci di sottofondo,come la musica. Ma così era troppo. Chiusi il mio libro e sbuffai e solo allora mi accorsi che eravamo arrivati. Posai il libro e scesi. Abbassai lo sguardo e non diedi retta a nessuno,mettendomi ad aspettare nell’angolino più remoto del porticato. Presi il libro e ricominciai a leggere. Come al solito iniziai ad aspettare le ragazze e il trio arrivò prima di loro. Rosalie andò avanti con Irene e solo Marta si fermò. – Avanti,cosa vuoi?- dissi innervosita perché aveva interrotto la mia lettura. – Cosa fai,leggi?- mi chiese ridendo. – No. Guardo le immagini,come forse faresti tu- risposi,mettendola a tacere. Infuriata mi strappò il libro tra le mani e lo buttò a terra per poi andarsene. Subito mi accovacciai a terra per riprenderlo e lo ripulì dal terreno. Che stronza!La campanella suonò e salii sopra. Le ragazze arrivarono poco dopo,così come l’insegnante. Era lunedì e non avevo nemmeno le forze per prendere in mano la penna. Arrivato l’intervallo presi coraggio. Sapevo cosa dovevo fare. Mi misi davanti alle papere e parlai. – Sentite io non so perché ce l’avete con me,non so cosa vi ho fatto. Prendetemi in giro,mettetemi lo sgambetto ma vi prego di non toccare di nuovo il mio libro. È importante per me- gli dissi,quasi supplicandole. Scoppiarono a ridere. – Sai perché ti odiamo? Perché sei solo una ridicola secchiona. Stai sempre su quei libri e su quel libro. Sei una depressa. Non esci,ascolti musica deprimente. Cos’altro? Ti tagli le vene?- rispose Rosalie facendo ridere le altre. – Adesso basta- le interruppe Nicole. Ritornai al mio banco e mi sedetti piano. Dovevo resistere,dovevo solo resistere. Le quattro ore passarono in fretta e appena fummo scesi giù i miei occhi videro quello che non dovevo vedere. Lorenzo e Rosalie mano nella mano. L’autobus arrivò. – Ragazze vado,ci sentiamo oggi- dissi sorridendo. – Qualsiasi cosa siamo qui- mi disse Nicole. Annuii. Jessica mi abbracciò forte. – Andrà bene- sussurrò. Mi voltai e corsi fino all’autobus. Scelsi un posto a caso accanto al finestrino,non mi importava. Misi le cuffie e cercai di non pensare. Mi mordevo le labbra per non piangere mentre il mondo intorno era escluso. Una secchiona ridicola. Una depressa. Mi taglio. Aveva toccato un tasto dolente della mia vita. Successe l’anno scorso. Sempre per lui,per la mia vita che odiavo,per l’essere emarginata da tutti e per la mia famiglia che per colpa dei miei sembrava andare a puttane. Ma dopo quella volta giurai a me stessa di non farlo mai più. Dopo un po’ mi accorsi di una mano che ondeggiava davanti al mio viso,ma la ignorai. Poi qualcuno mi tolse una cuffietta. Mi voltai,infuriata. – Oh,finalmente!- esclamò la voce di un ragazzo. Era seduto sul sediolino davanti a me,solo che si era messo in ginocchio per parlarmi. – Cosa vuoi?- dissi incenerendolo con lo sguardo. – Iniziamo bene!- disse sorridendo beffardo. Ma ora cosa voleva questo? Sbuffai,poi pensai che poteva essere una buona distrazione durante il tragitto fino a casa. Non potevo crollare lì. Cercai di asciugare gli occhi lucidi e abbassai il volume della musica. – Dimmi- dissi quasi sorridendo. – Allora hai una personalità!- disse felice. Mi stava prendendo in giro o cosa? – Comunque volevo dirti che stamattina ti ho vista sull’autobus. Sembrava che avessi sonno. Lo so che era lunedì mattina ma non c’entra nulla perché non avevi sonno. Guardavi fuori dal finestrino e leggevi. Avevi lo sguardo perso. Non so perché,ma sono rimasto un po’ a fissarti e mi sono accorto che era come se tu non ci fossi sull’autobus. Chi ti ha ridotto così? Cosa ti è successo?- disse con calma. Per un attimo restai stupefatta. Questo ragazzo si era accorto di come ero assente nell’autobus stamattina,un buon osservatore. Poi,un odio mi pervase. Chi era questo per giudicare il mio comportamento e per giunta volere sapere il perché? – Sei un buon osservatore. Ma saranno pur affar miei- risposi secca. – Oh si scusa. Solo che mi piace osservare le persone e cercare di capire cosa nascondono e tu mi hai colpito...ehm- fece una pausa. – Grace- dissi io. – Grace. Io sono Andrea- disse porgendomi la sua mano. La strinsi. Ma questo che voleva? – Comunque,posso sapere cosa leggevi stamattina?- mi chiese incuriosito. – L’ombra del vento. È il mio libro preferito- dissi sorridendo e fiera di me. Sorrise anche lui. – Deve essere un libro che ti rappresenta o che ti capisce molto- continuò. – In un certo senso- risposi sorridendo. Che ragazzo buffo. L’autobus si fermò e scesi,seguita subito da Andrea. Rimasi ferma sul marciapiede e posai le cuffiette nella borsa. Lui iniziò a camminare verso sinistra,nella direzione opposta alla mia. – Ci si vede domani,Grace!- mi salutò unendo l’indice e il medio e con un cenno a mo’ di soldato. – Ci si vede domani- ricambiai il saluto. Mi voltai e ripresi a camminare. E quell’ angoscia di prima ritornò.
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A Little Warrior
RomanceSi ama davvero una sola volta nella vita,Juliàn,anche se non ce ne rendiamo conto. -L'ombra del vento