Capitolo 33

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-Molto bene Carillo,davvero non me l'aspettavo da te. Beh,posso dire che hai superato il tuo recupero con ottimi voti- il professore mandò via quell'ansia che mi stava uccidendo. Tirai un sospiro di sollievo e andai a sedermi accanto alle ragazze esultando come una bambina. - Finalmente!- mi misi più comoda sulla sedia. - Andrea sarà felicissimo del tuo risultato- rise Jessica. - Già,credo che mi salterà addosso appena lo saprà- sorrisi e passai una mano tra i capelli. Nicole e Jessica mi guardarono con un sorrisetto malizioso. Le guardai male. - No,non mi piace Andrea. Ha fiducia in me,capite? Mi fa venire voglia di essere migliore- gesticolai. Sorrisero e ritornarono ai loro quaderni. Scossi la testa e risi.

Quando la campanella segnò la fine dell'ultima ora mi precipitai giù. Vidi Lorenzo appiccicato a Rosalie,cosa ormai più che normale. Erano già passati due mesi da quando mi aveva lasciata sola dopo avermi sfruttato per un bel mese. All'inizio sembrava una favola. 'Forse è arrivato il mio momento di essere felice', pensai. E invece no,no come al solito. L'ennesima speranza,l'ennesima illusione,l'ennesima delusione. Eravamo a Marzo ed era arrivata la primavera. Chiunque avrebbe detto che anche io con il mio sorriso sembravo essere una primavera,ma no. Dentro di me c'era ancora l'inverno,sotto una coltre di margherite. Ero arrivata a un certo punto e mi facevo paura. Ero arrivata ad un punto estremo. Ero arrivata al punto di soffrire e tenermi tutto dentro,di stare sempre con gli auricolari,di non uscire. Ero arrivata al punto che qualsiasi voce mi irritasse,che qualsiasi persona mi rivolgesse la parola per me fosse irritante. Ero arrivata al punto che stare in casa era più bello piuttosto che uscire e vedere gente. Ero arrivata al punto che stavo sempre sola,al buio e in silenzio quando poi ho sempre odiato la solitudine. Ero arrivata a un punto e sul serio mi facevo paura. Ma giustamente Andrea non avrebbe permesso di rovinarmi la vita e così è stato. Mi è stato accanto in tutto e per tutto,così come le mie migliori amiche. Mi hanno invogliato ad uscire,svagarmi e fare una vita sociale. Vidi Andrea da lontano e gli corsi incontro. - Indovina!- esclamai e mi gettai tra le sue braccia. Mi fece girare. - Dimmelo tu!- sorrise e mi mise giù. - Hai superato il tuo recupero con ottimi voti- imitai il prof. - Bravissima! Te l'ho detto che ce l'avresti fatta- mi abbracciò. Ormai stare tra le braccia di Andrea mi sembrava così facile e naturale,come se fosse sempre stato così. Lorenzo passò a un metro da noi con la cagna che sembrava essere la sua ragazza. Lo guardai,impassibile,ma lui fece finta di nulla. - Ehi- Andrea mi circondò i fianchi con le braccia. Lo guardai. - Oggi la piccola peste di mio cugino compie gli anni. I miei zii sono a corto di animatori...per caso ti andrebbe?- mi guardò quasi impaurito dalla mia risposta. - Certo!- sorrisi. - Fantastico! Passo a prenderti alle cinque,va bene?- mi accarezzò una guancia. Annuii più di una volta e poi gli diedi un bacio sulla guancia. - Ci vediamo oggi- scappai via da lui e corsi verso la macchina di mamma. Entrai e la salutai. Rimasi in silenzio per tutto il viaggio ascoltando 'Ti scatterò una foto' di Tiziano. Arrivai a casa e corsi in cameretta. La mia forza mi tradì ed io scoppiai in lacrime. Mi chiusi in bagno e mi lasciai cadere a terra. Appoggiai la schiena alla vasca e portai la testa tra le mani. Poi,arrivò il momento. Quel momento durante il pianto in cui le lacrime iniziano a scendere da sole. In cui non ti escono nemmeno più i singhiozzi,le urla. Resta tutto incastrato in gola. E sussulti,sussulti solo. Sussulti violenti,quasi spasmi. Il dolore che cerca di uscire ma non ce la fa,ti muore dentro. E,tra quei sussulti,a volte pensi di morire davvero. A volte quasi ci speri. Strinsi forte gli occhi e mi sciacquai il viso per poi truccarmi di nuovo. Scesi giù sorridendo e mi sedetti a tavola per mangiare. Finii di mangiare e corsi di nuovo in camera. Mi stesi sul letto e misi con l'ipod 'Quando ritornerai'. Si,non sono mai andata avanti. In questi mesi ho sempre e solo sperato che lui ritornasse,che lui mi dicesse 'ti prego ho sbagliato,ma ho capito di amarti'. Già,sono solo un'illusa. Chiusi gli occhi e mi feci trasportare dai miei stupidissimi sogni.

Sentii qualcuno sfiorarmi il viso e aprii leggermente gli occhi. Vidi Andrea seduto sul mio letto che sorrideva. - Ciao Grace- sorrise. Mi misi seduta ancora stordita e mi stirai i muscoli. - Oddio che ore sono?- domandai in preda al panico. - Le cinque e mezza ma tranquilla la festa è alle sei- si sedette a gambe incrociate. Lo guardai e cercai di riprendermi dalla trans. - Hai pianto oggi,vero?- sembrò tornare serio. - Ma che dici?-.- I tuoi occhi,gonfi e rossi- mi fece notare. Sospirai. - Forse un po'- alzai le spalle. - Ma perché perdi ancora tempo a pensare a lui?- mi guardò. - Non lo so Andrea. Mi manca,tantissimo- mi morsi il labbro. - Come fa a mancarti? Come fanno a mancarti tutti quei momenti se era tutto una falsa?-. - Non sei d'aiuto- lo guardai male. - Scusa,andiamo alla festa?- si alzò dal letto. - Si,il tempo che mi cambio- mi alzai,presi qualcosa dall'armadio e me ne andai in bagno. Uscii dopo un po' con dei semplici jeans,le converse rosse e una maglia rossa con una scritta bianca. - Andiamo- sorrisi e scesi giù. Andrea mi seguii e entrammo in macchina sua. Mise in moto. - Comunque stai benissimo- guardò la strada e continuò a guidare. - Ahhhh migliore amico!- mi strinsi al suo braccio. - Ti voglio tanto bene- sorrisi. - Anche io ti voglio bene ma mi fai arrabbiare!- sentii i suoi muscoli irrigidirsi. - Passerà,prima o poi- sospirai. - Dimmi qualcosa per distrarmi e non correre a spaccargli la faccia-.- Tu sei un bravo ragazzo e...siamo arrivati alla festa!- risi e scesi dall'auto appena parcheggiò. Raggiunsi il giardino pieno di bimbi che si rincorrevano. Andrea mi raggiunse. - Ciao Giuseppe! Tanti auguri!- abbracciò il cuginetto e gli diede il suo regalo. Una bellissima macchina telecomandata. Il piccolo sorrise e venne ad abbracciare entrambi,senza nemmeno conoscermi. - Bene bimbi,io sono Grace e il pagliaccio qui è Andrea. Siamo i vostri animatori. Ora creeremo due squadre. Chi è con me?- urlai. La maggior parte dei bambini venne ad abbracciarmi ed io risi vittoriosa. - Bambini io offro una fetta in più di torta!- urlò e i bambini lo raggiunsero. - Oh ma così non vale!- incrociai le braccia al petto. Si avvicinò a me tanto da poter sentire il suo respiro. - La guerra è aperta- sorrise. - La squadra che perde è costretta a un minuto di solletico!- lo provocai. Iniziammo a giocare ai soliti giochi che si fanno alle feste e risi tantissimo. Ballammo,cantammo,giocammo a rincorrerci e mangiai anche tantissima torta. Purtroppo alla fine dei giochi la mia squadra perse e tutti gli altri iniziarono a rincorrerci per farci il solletico. Mi nascosi sotto a un tavolo. - Arrenditi Grace. Ti troverò e ti farò il solletico- sorrise. In un secondo me lo trovai di faccia e fu sotto al tavolo con me. Tentai di scappare gattonando,ma mi afferrò per un piede e mi trascinò sotto di lui. Iniziò a farmi il solletico e io a piangere dalle risate. - Ok,ok, hai vinto!- dissi ridendo. Sorrise vittorioso e si staccò. Alla fine della festa i bambini andarono via felici e questa fu una cosa bellissima per me. Rendere felice qualcuno quando io non posso esserlo è una cosa che mi riempie il cuore. Entrai in macchina con Andrea e arrivammo a casa mia cantando a squarciagola con lo stereo. Fermò la macchina ed io sospirai. Spense il motore. - È stata una giornata bellissima- mi guardò. - Anche per me- sorrisi leggermente. - Sai una cosa? Ti ricordi il regalo di Natale dei ragazzi?- mi chiese. - Si. Non eri andato con Sharon?- lo guardai incuriosita. - No,era nostro Grace- abbassò lo sguardo. Rimasi in silenzio. - Penso proprio che dovremmo andarci- sorrise dopo un po'. Alzai lo sguardo per guardarlo negli occhi. - Sarebbe meraviglioso- sorrisi e gli baciai una guancia. Scesi dall'auto ed entrai in casa. La chiamavano 'la risata che precede il crollo emotivo',ed io risi. Risi tanto. Risi forte. Ma poi tornai a casa,e togliersi la maschera e crollare fu la cosa più confortante che potesse succedermi.

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