Quel brevissimo tratto per arrivare a casa mia mi sembrò eterno. Ero stanca,gli occhi socchiusi,lo stomaco sottosopra,la testa che scoppiava. Trascinavo le mie gambe invece di camminare. Arrivai alla porta e finalmente entrai. Salutai i miei genitori con un cenno della mano e un finto sorriso. Ho sempre odiato fingere ma tante di quelle volte che l’ho fatto che ci riesco molto bene,oppure la gente è solo cieca. Mangiai qualcosa in fretta e mi rifugiai nel bagno della mia camera. Mi accovacciai con la schiena contro la vasca e portai la testa tra le mani. Perché doveva essere tutto così complicato? Perché non avevo le palle di andare lì e confessargli tutti i miei sentimenti? Stai zitta Grace,ti prenderebbe per una pazza. Forse è vero,ma del resto che mi costa? Mi toglierò questo peso e poi potrà continuare a prendermi in giro con Rosalie per il resto della sua esistenza. Non dire stronzate Grace,è da stupidi. Sono stupida. Le lacrime arrivarono così come i singhiozzi. Non la finivo più. Ad ogni lacrima che usciva mi sentivo ancora peggio. Piangevo perché ero arrabbiata,stanca e mi arrabbiavo ancora di più perché piangevo. Ho sempre odiato questa mia reazione al nervosismo. Dopo un po’ avevo la testa che scoppiava. Mi alzai e mi guardai allo specchio. Un mostro orrendo con l’eye-liner sciolto e gli occhi rossi. Mi sciacquai in fretta il viso e mi sdraiai sul letto. Non avevo voglia di fare nulla. Nella mia testa giravano solo tanti ‘perché’. Perché non posso essere mai io quella bella,quella simpatica,quella sfacciata,quella felice? Perché non mi merito la felicità? Cosa faccio mai di male nella mia vita? Tutto quello che faccio è ascoltare musica e leggere. Chiusi gli occhi quando sentii il campanello suonare. Ascoltai una voce che mi risuonò familiare,poi,qualcuno bussò alla porta. Mi alzai e feci girare due volte la serratura. Era Nicole,forse venuta a consolarmi,forse faccio pena a tutti. – Cucciola- disse per poi abbracciarmi. – Ehi- la salutai stringendola forte. Se c’era una cosa che mi piaceva in mezzo alle poche cose belle erano gli abbracci di Nicole. Quegli abbracci erano capaci di risanare tutto,ti stringevano forte per farti capire che lei c’era ma non ti schiacciavano mai. Erano abbracci caldi e rassicuranti e riuscivo a starci sempre tanto. Diciamo che il corpo mio e di Nicole erano più o meno un tutt’uno. Combaciavamo quasi. Si sdraiò accanto a me sul letto e prese a guardare il soffitto come me. – Com’è andato il ritorno a casa?- mi chiese. – Nulla,sono riuscita a distrarmi grazie a un ragazzo- risposi disinvolta. – Un ragazzo?- mi domandò e i suoi occhi si illuminarono. – Si,si è presentato mi ha chiesto alcune cose. Boh,ne ho approfittato per distrarmi e non pensare- dissi piano. – Beh,è sempre bello conoscere persone nuove. E dimmi,è bello?- mi domandò. In quell’attimo rimasi bloccata. Non sapevo rispondere. – A dirti la verità non ho proprio fatto caso al suo aspetto fisico,non ricordo nemmeno il suo viso. Fatto sta che prendiamo l’autobus assieme quindi domani lo rivedrò e ti farò sapere- continuai. – Speriamo. Se è bello poi...- iniziò ma non finì la frase. – Te lo presento,si- dissi sorridendo. Sorrise anche lei e mi abbracciò. Passammo quasi tutto il pomeriggio così,tranne quando facemmo i compiti. Poi,verso le otto e mezza andò via. Il bello di Nicole è questo:non ti fa mai pesare quello che ti è successo. Cerca sempre di farti distrarre,di farti ridere,di farti dimenticare tutto. Puoi essere la persona più problematica del mondo,ma con Nicole non lo sei più. Una volta andata via Nicole scesi giù e mamma ebbe la bellissima idea di mandarmi a comprare il pane alla panetteria poco distante da noi,che chiudeva tardi. Indossai la mia enorme felpa e uscii maledicendo mia madre. Ma com’è possibile che te ne accorgi solo mezz’ora prima di cenare? Oltre ad essere triste ero anche arrabbiata,anzi,furiosa. Perfetto. Misi le mani nelle tasche e camminai in fretta. Arrivai in poco tempo alla panetteria e presi il pane. Sulla strada per il ritorno camminai molto più lentamente e mi accorsi che era proprio la strada dove aveva girato quel ragazzo di quella mattina,Andrea. Continuai a camminare quando qualcuno mi bloccò la strada. Alzai gli occhi e notai un ragazzo più alto di me di circa 15 cm. Doveva avere circa 19 anni. – Ehi piccola dove vai?- mi chiese. Cercai di scostarmi e continuare a camminare ma il ragazzo mi afferrò per il polso con violenza e mi strinse a sé. Per l’impatto la busta con il pane cadde a terra. Ero terrorizzata. – Dove cerchi di andare?- mi chiese. Il suo respiro mi arrivò sul viso. Puzzava di fumo e di alcool. Deglutii e socchiusi gli occhi. Era ora che mi succedesse qualche catastrofe. Sarebbe stato meglio per tutti. – Lasciala in pace- una voce parlò. Riaprii gli occhi e non riuscii a capire chi nascondeva la figura sotto al cappuccio. Il ragazzo mi lasciò andare e io rimasi impalata. – Altrimenti cosa fai?- chiese arrogantemente. – So io cosa faccio,bastardo!- disse la figura misteriosa,leggermente più bassa di lui forse di 5 cm. Il ragazzo alto sbuffò e dopo averlo spinto con la spalla andò via. Ero lì impalata quando la voce mi parlò. – Tutto bene?-. Sperai con tutto il cuore che fosse Lorenzo ma non era lui. La figura si liberò dal cappuccio e la luce del lampione scoprì il volto di Andrea. Sospirai. Le gambe mi tremavano. Afferrai la busta con il pane e annuii. Cercai di camminare ma persi l’equilibrio e rimasi all’in piedi solo perché Andrea mi mantenne per la felpa. – Sei ancora scossa. Posso portarti almeno fuori casa,dove abiti?- chiese tranquillo. – Sono stata appena importunata da uno sconosciuto e ti aspetti che io ti dica dove abito?- dissi con lieve nervosismo che però Andrea notò. – Ti ho salvato la vita- disse mollando la mia felpa. – Grazie- risposi. Mi voltai e andai via. – Buonanotte Grace- disse da lontano. Alzai una mano e continuai a camminare. Una volta arrivata a casa posai tutto e dissi alla mamma che ero troppo stanca. Mi chiusi in bagno e cercai di calmarmi. Stavo per essere violentata. Cioè,io? Forse sono stata troppo scortese con Andrea. Del resto mi ha davvero salvato. Toccai il polso dolente e mi accorsi che un livido nero si stava formando. Rimansi perplessa e decisi di mettermi il pigiama e andare a dormire. Per quel giorno era meglio finirla lì.
Mi svegliai di mattina appena suonò la sveglia. La staccai e corsi in bagno per farmi una doccia fredda,dovevo dimenticare. Mentre mi lavavo mi accorsi che il polso era ormai tutto nero. La presa di quel ragazzo era stata talmente forte da farmi così male. Indossai i jeans e la felpa e uscii fuori. Nonostante fossimo a metà settembre faceva già freddo. Scesi giù e mangiai qualcosa al volo. Uscii fuori e mi misi ad aspettare l’autobus. Dopo poco vidi arrivare Andrea in lontananza. Aveva un jeans,le converse e una camicia a quadri rossa e blu. Nel preciso istante in cui si avvicinò a me arrivò l’autobus così salimmo entrambi. Come al solito la confusione era molta e mi gettai su uno dei tanti posti accanto al finestrino. Andrea mi seguì e si sedette accanto a me. – Qualcuno ti ha detto che il posto era libero?- dissi nervosa. – Non lo è?- mi domandò. – No,voglio stare sola- risposi. – Se stai sola allora è libero- si mise comodo. – No. Non lo è-. – Ma non c’è scritto il tuo nome sopra!-.- Oh lascia stare!- mi girai irritata verso il finestrino. Rimase in silenzio per un po’. – Come va il polso?- mi chiese. – Bene- risposi istintivamente. – Non sembra- continuò. Mi voltai di scatto e notai il polso leggermente scoperto e nero. – È tutto ok- dissi. Guardai fuori dal finestrino per circa cinque minuti e sebbene c’era confusione ero entrata in un mondo tutto mio. – Cosa hai fatto ieri?- mi chiese interrompendo tutto. – Ti dispiacerebbe stare zitto? Qui c’è gente che sta pensando!- mi voltai furiosa. – È proprio questo che voglio capire di te,Grace. Voglio capire cosa pensi- continuò piano. – Non mi dire che vuoi diventare uno strizzacervelli!- esclamai. Rise per la prima volta ed io sorrisi. – Questo mai- rispose. Nello stesso momento eravamo a scuola. Scesi e ovviamente mi ritrovai Andrea accanto. Quel giorno mi dimenticai la regola:non pensare. Così la prima persona che cercai fu Lorenzo e purtroppo era impegnato a baciare con foga Rosalie. Che schifo. – Qualcosa che non va?- mi interruppe di nuovo Andrea. – Andrè tutto ok,va bene? Buona lezione- dissi irritata e andai via. Forse si mi stavo comportando male,ma volevo restare sola. Non aspettai nemmeno la campanella ed entrai in classe. Quella volta le papere non mi incontrarono. Quando arrivarono Nicole e Jessica gli raccontai tutto,compreso il ragazzo e anche loro come me rimasero scioccate.
– Allora com’è?- mi sussurrò Nicole durante l’ora di chimica. – Chi?- domandai sottovoce. – Come chi? Il ragazzo dell’autobus- disse. – Oh si scusa,me ne sono dimenticata- feci una pausa. Guardai la prof e poi mi riabbassai. – Ha una bella risata però- sorrisi. Finite le quattro ore scendemmo giù e Nicole cerò di distrarmi. – Perché non andiamo al centro commerciale a Ciampino?- propose Jessica. Annuii. – Andiamo!-. Non avvisai mamma,tanto era a lavoro e non sarebbe venuta a saperlo,tantomeno papà. Entrammo in treno verso l’una e arrivammo a Ciampino verso le due meno un quarto. Era facile arrivarci,dovevi solo cambiare un treno. Una volta arrivate decisi per una buona volta di dimenticare tutto. Rosalie,Lorenzo,le altre due papere. Tutto. Pensai solo a divertirmi e così fu. Entrammo in tantissimi negozi e ci divertimmo a provare vari vestiti che non avremo mai comprato. Fatte le cinque decidemmo di tornare perché poi si sarebbe fatto buio e avevamo un po’ di paura,soprattutto io. Prendemmo il treno e arrivammo dove dovevamo prendere la coincidenza. All’improvviso iniziò a piovere a dirotto e iniziammo a correre come tre idiote per cercare un riparo. Arrivò il treno e ci fiondammo dentro. – Ragazze,ma questo non è il nostro treno!- disse Jessica mentre io e Nicole ascoltavamo tranquille un po’ di musica. – Cosa?- esclamò Nicole. Io scoppiai a ridere. Non potevo crederci! C’eravamo perse? Scendemmo subito alla fermata successiva. Nicole era molto preoccupata,Jess cercava un modo per chiedere informazioni e io ridevo. La pioggia era incessante. Decidemmo di aspettare sotto alla stazione senza sapere dove andare. – Non è possibile che ci siamo perse! Sono quattro anni che vado a questo maledetto centro commerciale!- imprecò Jess. – Dai non preoccuparti- la rassicurai. – Scusami,posso aiutarvi?Cosa è successo?- disse una voce parlando con Jess. Era un ragazzo alto,moro e con poca barba sul viso. Aveva un jeans stracciato e una camicia bianca. – Ci siamo perse!- esclamò Jess. – Dove dovete arrivare?- ci chiese per poi scoppiare a ridere. – A Roma- rispondemmo in coro. – Anche io devo arrivarci e dobbiamo prendere lo stesso treno. Arriverà a momenti- disse sfacciatamente. Io e Nicole annuimmo e lo ignorammo. – Si ma ora non sentirti Dio solo perché sai prendere un treno!- disse Jess ancora più sfacciata di lui. Il ragazzo sorrise.
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A Little Warrior
RomanceSi ama davvero una sola volta nella vita,Juliàn,anche se non ce ne rendiamo conto. -L'ombra del vento