Capitolo 20

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Appena entrata il calore dei riscaldamenti mi fece distendere le mani intorpidite dal freddo. Mi guardai intorno in cerca di informazioni e mi avvicinai al grande bancone. La segretaria era impegnata al computer e non mi degnò nemmeno di uno sguardo. – Ehm,mi scusi- cercai di richiamare la sua attenzione. Alzò il capo e mi squadrò da cima a fondo. – Volevo sapere se qui è stato ricoverato qualcuno di nome Bertini- dissi sbottonandomi il giubbino di pelle. La segretaria bionda e con tanto di rossetto rosso diede uno sguardo al computer. – Signorina,ci sono tantissimi Bertini qui. Siamo a Roma! Se non mi dice il nome!- mi fece notare. – Andrea- gettai fuori. La mamma mi aveva detto che stava bene,ma non si sa mai. Forse l'aveva detto per non farmi preoccupare. All'improvviso il cuore iniziò a battere forte appena la signora fece scorrere la rotella del mouse. Mi guardò di nuovo. – Nessun Andrea Bertini- disse. Sospirai,in un certo senso felice. Mi girai senza nemmeno ringraziarla e cercai di chiamare Andrea ma non era raggiungibile. Sbuffai. – E dai Andrè- dissi. Un signore si accostò a me. – Scusami,tu sei Grace?- mi chiese. Aveva degli occhi azzurri bellissimi che mi ricordarono quelli del mio migliore amico. Annuii più di una volta. – Sono Angelo,il padre di Andrea- disse porgendomi la mano. La strinsi forte. – Oh grazie al cielo. Non sapevo proprio come trovarlo. Dov'è?- dissi velocemente. – È di sopra,al secondo piano. Stanza 204- mi informò. Gli sorrisi e corsi alle scale. L'attesa che avrebbe provocato l'ascensore non l'avrei mai sopportata. Salii fino al secondo piano e iniziai a contare in mente i numeri di tutte le camere. Era come se quei numeri,man mano che li scorrevo,diventassero parte di un pezzetto della mia vita. Arrivai alla camera 204 e fuori la porta vidi quella che doveva essere Maria,la madre di Andrea. – Oh tesoro ciao. Sono Maria,la mamma di Andrea- mi strinse a se. Sorrisi,imbarazzata. – Scusa se ti ho fatto allarmare,Andrea sta bene. Oggi pomeriggio mio padre ha avuto un infarto e subito l'abbiamo portato all'ospedale. L'hanno operato e ora è lì dentro. Andrea e lì con lui e non lo lascia. Ha chiesto di te più e più volte. Ha detto che aveva bisogno di te e gli dispiaceva per tutto. Vorrei solo chiederti se potresti convincerlo a tornare a casa,non voglio che rimanga qui tutta la notte- mi raccontò lentamente. Il mio cuore piangeva nel vedere il dolore e la stanchezza negli occhi di quella donna,di quella madre,di quella figlia. Annuii e le accarezzai un braccio. – Vedrà che andrà tutto bene- cercai di rassicurarla,sorridendole. Abbassai leggermente la maniglia della porta ed entrai,socchiudendola appena. Restai ferma lì appena i miei occhi videro quella scena. Il nonno di Andrea disteso sul letto,fermo,pieno di fili e macchine attorno a lui;Andrea seduto su una piccola sediolina mentre teneva stretta la mano del nonno. Il cuore quasi voleva esplodere,lo stomaco mi si chiuse in una morsa e avevo un groppo in gola che tentai più volte di mandare giù. Mi stavo maledicendo. Mi stavo maledicendo perché avevamo litigato,perché ero a divertirmi invece che stare qui con lui e perché non sono affatto una buona migliore amica. Mi avvicinai a passi lenti e appoggiai una mano sulla spalla di Andrea,incapace di fare altro. Lui si girò di scatto. Aveva gli occhi rossi e gonfi. Lasciò la mano del nonno solo per alzarsi e stringermi a se. Lo abbracciai più forte,per tentare di eliminare ogni traccia di dolore,ma questo è impossibile. Era ghiacciato. Dio solo sa cosa aveva passato in quelle poche ore. C'era un silenzio tombale,solo il bip della macchina lo interrompeva. Si staccò da me e mi prese il viso tra le mani per poi baciarmi la fronte. – Grazie di essere venuta- sussurrò e tirò su col naso. – No tu devi scusare me perché..- ma mi bloccò. – Non importa- tentò di sorridere. Si girò e si sedette di nuovo. Mi guardai intorno e non vidi nessuna sedia. Andai avanti a lui e mi sedetti sulle sue gambe,per poi appoggiare la testa alla sua spalla. Iniziai a guardarlo mentre fissava il nonno e ogni tanto sospirava. Gli toccai leggermente la mascella con le dita e iniziai a giocherellare. Poi,guardai il nonno. – Come si chiama?- gli chiesi. Andrea ci mise un po' a rispondere. – Come me- disse con quel poco fiato che gli era rimasto. Guardai il nonno e mi accorsi che era proprio un bel vecchietto,dolce e con le guancie paffute. – Avete la stessa fronte- osservai. Lui abbassò lo sguardo così decisi di rimanere in silenzio. Sarebbe stata la cosa migliore da fare. – Nonno,io lo so che ce la puoi fare. Mi senti? Ce la farai perché sei forte e quel cuore batterà ancora,più forte di prima- sussurrò ad un certo punto stringendogli di più la mano. Lo stomaco mi si chiuse di nuovo. Ad un certo punto Maria entrò ed io ritornai in piedi. – Tesoro,è tardi perché non vai a casa?- disse Maria al figlio. – Voglio rimanere qui- rispose lui. – Ma è tardi. Su vai,restiamo io e papà qui- continuò. – Voglio rimanere qui- disse stavolta più deciso di prima. – Ma non ne vale la pena- disse Maria,alzando un po' la voce. – Ne vale la pena!- si alzò di scatto Andrea,urlando. Io sussultai,non lo avevo mai visto così. Il padre entrò,preoccupato. Andrea si accasciò di nuovo sulla sedia,portando le mani alla testa. Maria mi guardò,speranzosa e uscì dalla stanza con il marito. Mi avvicinai ad Andrea e mi inginocchiai davanti a lui,appoggiando le mani sulle sue ginocchia. – Ehi...- sussurrai temendo una sua reazione improvvisa. Restò fermo,stavolta guardando a terra. – Ehi,guardami- gli parlai di nuovo. Mi guardò negli occhi. Non ce la facevo più a vedere quegli occhi azzurri tristi. – Perché non andiamo a casa? Dai,ti accompagno io e durante il tragitto ci prendiamo anche una bella cioccolata calda- gli proposi. – Ma non capisci? Devo rimanere qui,con lui- mi spiegò. Ero sicura che avesse un groppo in gola e stesse facendo di tutto per non piangere,come me. – Lo so. Ma rimarranno i tuoi genitori qui. Lui lo sa che tu gli sei vicino,ma non vorrebbe che passassi una notte su una scomoda sedia d'ospedale. Ci tiene a te- gli dissi,timorosa. Avevo paura di non riuscire a convincerlo,che non mi avrebbe parlato più,avevo paura per il nonno,avevo paura per lui,avevo paura per tutto. Sospirò e si alzò. Prese il giubbino dall'appendi abiti e si avvicinò a me. Mi guardò per un istante indefinito negli occhi. Non sapevo cosa stesse tentando di dirmi,ma sono quasi sicura che quegli occhi magnifici mi stavano ringraziando. Guardò un ultima volta il nonno e poi uscimmo dalla stanza. Maria sorrise e Angelo annuì. – Andate su. Buonanotte tesoro- disse Maria prima di abbracciare Andrea. Uscimmo da quell'ospedale e subito l'aria fredda mi pizzicò le guance. Lo guardai,mentre fissava la strada e gli afferrai la mano,incrociando le nostre dita. Lui si girò di scatto e mi guardò per poi stringere la mia mano. – Andiamo a prendere una cioccolata calda?- gli chiesi,più ottimista che mai. Ho sempre pensato che se una persona sta male è inutile farla stare in quella tristezza. Dovevo contagiarlo con la mia allegria. Annuii e ci rifugiammo in un bar. Era quasi l'una di notte. Entrammo e chiedemmo una cioccolata calda da portare. Il barista ce la mise in due bicchieri di plastica e noi uscimmo da lì bevendo la nostra cioccolata calda. – Buona,no?- gli chiesi. – Bollente,semmai- rispose. Lo guardai e risi sotto i baffi. Una volta arrivati a casa di Andrea,lui infilò la chiave nel portone e lo aprì. Il calore di quella casa subito mi riscaldò. La sensazione che provai era esattamente come la ricordavo. Entrammo e chiudemmo la porta. Andrea si tolse il giubbino e anche io. Faceva molto caldo. Prese un pezzo di legna e lo aggiunse agli altri. Buttai i bicchieri della cioccolata calda mentre Andrea accese la tv. Mi avvicinai a lui. – Beh,credo proprio di dover andare ora- dissi leggermente imbarazzata. – Prima però volevo chiederti scusa per oggi,non volevo dirti quelle cose e non preoccuparti,sei già perdonato anche tu- continuai. Ripresi il giubbino e mi incamminai verso la porta. Andrea mi bloccò un braccio ed io mi girai. Mi prese il viso tra le mani. – Ti prego,non te ne andare Grace- sussurrò. Vidi i suoi occhi lucidi e qualcosa dentro si spezzò. Lo abbracciai fortissimo,mentre lui mise la testa tra la mia spalla e l'incavo del collo. Iniziò a singhiozzare. Presi ad accarezzargli i capelli,cercando di farlo calmare. Ad un tratto si staccò e si asciugò le lacrime. – Scusa- mi disse. – Smettila di chiedere scusa- gli dissi. – Resta qui- continuò afferrandomi la mano. Lo guardai negli occhi e sospirai. Il mio migliore amico ha bisogno di me. Mi allontanai e presi il telefono dalla tasca per chiamare mamma. Ovviamente iniziammo a litigare perché faceva troppe domande. – Mamma sai che c'è? Che me ne frego! Andrea ha bisogno di me,ciao!- dissi staccandole il telefono in faccia. Ritornai da Andrea che era seduto sul divano. Lasciai il giubbino sul bracciolo e mi sedetti accanto a lui,appoggiandomi al suo petto. Lui mi strinse forte e mi baciò la testa. – Grazie- sussurrò. – Andrà tutto bene- dissi io,accarezzandogli una guancia.

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