- Allora vado,ci vediamo domani- disse per poi scompigliarmi i capelli. Sbuffai e li feci alzare leggermente per poi aggiustarli. – Andrea quando lascerai in pace una volta per tutte i miei capelli?- urlai dalla porta mentre già si era avviato. – Mai! Mi piace scompigliarti i capelli- disse mettendosi le mani in tasca e sorridendo. Sorrisi anche io e chiusi la porta. Tornai sopra canticchiando qualche canzone e poi chiusi la porta della camera alle mie spalle. Mi gettai sul letto e sospirai. Avevo i cuscini dappertutto e c’era molto disordine così decisi di sistemare un po’. Poi,mi ricordai che dovevo imparare le regole di francese e così mi gettai sulla sedia della scrivania. Tenni la mente occupata per ben dieci minuti ma quando mi ritrovai da sola un senso di angoscia mi persuase. Sono sempre stata una persona a cui piace stare da sola,in tranquillità,ma non mi piace sentirmi sola. Ora mi sento sola. Sento che sto combattendo con qualcosa di più grande e più forte di me,sento che cadrò,sento che non ce la farò mai. Sento che io sono solo un piccolo e insignificante essere umano su questa terra. Potrò mai farcela,io,da sola? No,nessuno si salva da solo. Almeno io la penso così. Prendo le cuffiette e faccio partire Imbranato,di Tiziano Ferro. Ha ragione. Scusami. Scusa se ti amo,già. Non dovrei amarti,questo amore è solo uno stupido errore. Appoggiai la testa sul cuscino e le lacrime iniziarono a scorrere,calde. Cosa avevo di così sbagliato in me? Perché Lorenzo non poteva amarmi,apprezzarmi? In più tutti continuavano a ripetermi che ero forte. Non ero forte,ero a pezzi. Ma avevo imparato a tenerli insieme. Continuai a piangere per almeno una mezz’ora quando,stanca,chiusi gli occhi. Mi risvegliai e notai che era tutto buio intorno a me. Accesi la lucina sul comodino e guardai la sveglia. Erano le sette di mattina. Volai dal letto e corsi in bagno a fare una doccia. Possibile che nessuno mi avesse svegliata? Indossai i jeans,le converse e un maglioncino verde scuro. Lasciai i capelli sciolti e non mi truccai. Ero già in ritardo. Misi in fretta i libri in borsa e presi tutto il necessario. Corsi giù e non salutai nemmeno. Corsi fino alla fermata dell’autobus ed ero in anticipo di cinque minuti. Ripresi fiato e mi appoggiai al palo della fermata. Vidi arrivare Andrea,anche lui affannato. – Hai fatto tardi anche tu?- mi chiese,e in quel preciso momento arrivò l’autobus. Salimmo e ci sistemammo. – Sono stanchissima. Ho dormito dodici ore,ho fame e non capisco niente di quello che mi succede attorno- sbuffai. – Come cavolo hai fatto a dormire dodici ore?- chiese stupito. Alzai le spalle e mi appoggiai con la testa al suo braccio. – Ieri credo di essere stata un po’ male moralmente e poi mi sono addormentata. Non ho ne cenato ne fatto colazione. È strano che i miei non mi hanno svegliata,forse hanno capito come stavo- sospirai. – Non dovevo andarmene..- sussurrò. – Ma che dici? Avevi i tuoi che ti aspettavano e poi credo che tu volessi cenare- risi leggermente. – Si ma tu stavi male. Non voglio che tu stia male Grace. Se posso fare qualcosa,anche la più stupida,anche la più insignificante. Se quella cosa ti fa ridere,ti fa stare bene,la faccio- disse a un tratto appoggiando la sua testa sulla mia. – Grazie Andrea- sussurrai. Misi le cuffiette e guardai tutto il tragitto fino a scuola attraverso il finestrino. Andrea mi dimostrava ogni giorno di più quanto bene mi vuole e quanto ci tiene a me. È davvero un amico fantastico. Appena scendemmo dall’autobus iniziai a camminare verso il mio angolino e mi fiondai lì. Mi sedetti sul gradino e aprii il mio libro. – Leggi?- mi chiese. Annuii mentre ero già immersa tra le parole. – Allora vado un attimo a salutare i miei amici,torno subito- continuò,anche se la sua voce sembrava un’eco in lontananza. Poi,a un tratto sentii le voci delle papere che probabilmente non erano molto vicino a me. Alzai il capo e le vidi poco distanti da me. Mi fissavano,mi indicavano,ridevano. Sussurravano qualcosa di indecifrabile. Sbuffai e chiusi il libro per poi alzarmi e avviarmi. – Ciao depressa!- mi urlarono dietro ridendo. Strinsi la stretta attorno al mio libro e obbligai alle mie gambe di continuare a camminare. Abbassai la testa e andai più veloce. Urtai contro qualcosa,o qualcuno. Non stavo capendo più niente. Alzai il viso e vidi Lorenzo. Il mio cuore perse un battito quando i suoi occhi si immersero nei miei. Si spostò e andò via,senza dirmi nulla. Rimasi impietrita. Avevo le orecchie che sembravano chiuse,non sentivo più nulla. L’unica cosa che udivo erano due battiti che si ripetevano spesso. Ero spiazzata,ero a pezzi. Sentivo le gambe molli. Non so per quale ragione ripresi a camminare e iniziai a salire veloce le scale. – Grace,Grace aspetta!- la voce di Andrea mi chiamava. Non mi girai,se lo avessi fatto sarei crollata e questo non potevo permettermelo. Riuscii a salire fino al secondo piano e raggiunsi quasi la mia aula quando una mano mi bloccò. La sua stretta forte mi fece sussultare. Mi guardò con uno sguardo di rimprovero mentre io mi appoggiavo al muro esausta e con il fiatone. Mi lasciò il polso. Portai le mani alla testa e balbettai qualcosa di incomprensibile. – Si può essere più cattivi di così?- piagnucolai. No,Grace. Non qui,non adesso,non davanti ad Andrea. Controllati,dai che ci riusciamo. – Grace guardami,guardami- mi parlò afferrandomi le mani. Le appoggiò ai lati della mia testa per tenermele ferme e mi obbligò a guardarlo negli occhi. Avevo gli occhi lucidi e pizzicavano. Secondo me li avevo rossissimi. – Grace,perché fai cosi?- mi domandò. Alzai lo sguardo al cielo per non lacrimare ma poi fu costretta a riportarlo su di lui. – Perché ti tieni tutto dentro quando poi sai che non fa bene? Sai che prima o poi esploderai,come ieri. Sfogati Grace,porca puttana. Piangi!- la sua voce era più dura e ferma. Strinsi gli occhi quando mi disse quelle cose. Aveva ragione,Andrea aveva ragione su tutto. Il groppo in gola stava per salire ma io continuavo a deglutire. Non volevo piangere,non davanti a lui,non così. È vero,conosceva le mie debolezze,ma fino a che punto? Mi lasciò le mani e si scostò leggermente. Mi mordevo le labbra,non ce la facevo più. Stavo per scoppiare. – Vaffanculo,Andrea! Vaffanculo!- gli urlai mentre gli davo pugni su pugni. Ovviamente lui non sentiva nulla. Iniziai a piangere. Singhiozzavo e i miei singhiozzi erano così forti da sentirsi in tutti i corridoi vuoti. – Sei uno stronzo! Sei uno stronzo!- continuavo a urlargli contro. Odiavo il fatto che mi avesse fatto piangere. Il mio muro ormai,con lui,era completamente distrutto. Lui invece mi prese e mi fece appoggiare la testa sul suo petto. I singhiozzi continuavano mentre le sue braccia mi stringevano forte. – Brava Grace,ce l’hai fatta- sussurrò. All’improvviso la voglia di prenderlo a calci e pugni scivolò via. Avevo solo voglia di abbandonarmi a quell’abbraccio,di farmi consolare. Gli abbracci quando piangi sono una delle cose più preziose. Notai che quella era la prima volta che Andrea mi abbracciava e mi sentivo così bene. Mi abbracciava come se fosse la cosa più naturale del mondo,come se tutti gli abbracci dati in precedenza non fossero stati altro che esercizi per poter abbracciare meglio me. I miei singhiozzi man mano diminuirono e mi accorsi che Andrea mi stava cullando. Sentivo il suo respiro caldo tra i miei capelli a intervalli regolari e senza accorgermene chiusi gli occhi. Dopo un po’ mi scostai e mi asciugai le lacrime. – Va un po’ meglio?- mi sorrise mostrandomi le sue fossette. Sorrisi anche io,involontariamente. All’improvviso la campanella suonò. – Dai vieni,alla prima ora c’è assemblea sindacale- mi disse trascinandomi con sé. L’assemblea sindacale,giusto! Me ne ero del tutto dimenticata. Saltellavo per le scale trascinata da Andrea avanti a me. Mandai un messaggio alle ragazze e le informai che ci saremo viste alla seconda ora in classe. Arrivammo al primo piano e Andrea si fermò. – Aspettami nei giardinetti,ok?- mi disse. Annuii e mi avviai. Scesi tutte le scale e uscii fuori,nei giardinetti. Gli uccellini cantavano e dei piccoli raggi di sole illuminavano le siepi. Mi sedetti sull’ultima panchina,quella più nascosta e iniziai a pensare. Cosa avrei fatto senza Andrea? Stavo iniziando sul serio a pensare che Andrea era il mio migliore amico. Insomma,l’unico maschio sulla terra che riusciva a comprendermi. Da pazzi. – Eccomi- lo sentii accanto a me e sussultai. Mi porse un sacchetto con un cornetto alla nutella dentro. – E questo?- domandai con la voce roca. Lui sorrise ed io la schiarii. – Mangia stupida o ti verrà qualcosa- mi disse. Obbedii subito mangiando in un baleno il mio cornetto e anche il suo. – Poca fame,insomma- mi prese in giro. Restammo in silenzio per un po’. – Andrea...ti voglio bene,grazie- gli dissi. Le sue fossette non tardarono ad arrivare. – Anche io ti voglio bene-. Ci sorridemmo imbarazzati. All’improvviso una ragazza,che faceva parte della combriccola delle papere,passò accanto a noi. Parlava a telefono ed era scioccata. Di solito non sono una che origlia ma quella cosa mi incuriosì. – No dai! Lorenzo si è lasciato? Povera Rosalie!- esclamò andando via. Strinsi le mani sulle braccia di Andrea e un enorme sorriso mi si stampò in volto. – Visto,piccola?- disse arruffandomi i capelli.
STAI LEGGENDO
A Little Warrior
RomanceSi ama davvero una sola volta nella vita,Juliàn,anche se non ce ne rendiamo conto. -L'ombra del vento