Capitolo 8

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Quella mattina stranamente mi svegliai di buonumore. Ero andata a dormire tranquillamente,senza troppi pensieri,a differenza delle altre notti. Forse la giornata passata al parco mi aveva fatto bene,forse sfogarmi con qualcuno mi era servito. Forse era perché pioveva e io amo la pioggia. Mi avviai canticchiando in bagno e dopo essermi lavata mi vestii indossando i soliti jeans,le solite converse e la solita felpa. Misi l’eye-liner,il mascara e giusto un po’ di fard. Appena scesi giù il mio piccolo cagnolino,Argo,stranamente era già sveglio  e appena mi vide mi corse incontro facendomi le feste. – Ciao cuccioletto bello!- esclamai riempiendolo di coccole. Salutai con un bacio la mamma e il papà e per la prima volta mi sedetti per fare colazione con calma. Mi versai un po’ di succo nel bicchiere e spalmai accuratamente la nutella sul pan bauletto. – Cos’è successo? Oggi non prendi una brioche al volo?- mi chiese ad un tratto papà. – No,oggi mi sono svegliata affamata- risposi prima di mordere la mia colazione. Finita afferrai la borsa e uscii di casa per arrivare alla fermata dell’autobus. C’era una lieve pioggerella perciò non aprii l’ombrello. Oltre ad essere felice quella mattina non nascondo che ero spaventata. Ieri avevo raccontato tutto ad Andrea e sembrava disinvolto ma chi mi assicurava che non avrebbe confermato le mie supposizioni? Chi mi diceva che stamattina mi avrebbe parlato invece di far finta di non conoscermi? Arrivata alla fermata non vidi nessuno. Nemmeno quando l’autobus arrivò ed io entrai. Andrea non era lì. Sentivo il chiacchiericcio dei ragazzi,le urla,ma nulla. La felicità stava man mano svanendo e la paura stava prendendo il suo posto. Infilai le cuffiette e decisi di non pensare. Non poteva essere andato via...Dai Grace,calmati. Magari ha solo perso l’autobus,magari ha la febbre,magari si è svegliato tardi. Tante piccole scuse viaggiavano nella mia mente ed arrivai anche a pensare che magari lo avevano rapito gli alieni quella notte. Appena arrivai a scuola tolsi le cuffiette e aprii l’ombrello. Ora la pioggia era più fitta e cadeva incessante. Tutti i ragazzi erano sotto il porticato e io con una mano in tasca cercavo di muovermi per raggiungerlo,camminando il più velocemente possibile. In mezzo a quell’ammasso di persone non avrei mai trovato Andrea e non gli avrei mai parlato. Tanto,spaventato com’era da me,forse aveva cambiato pure scuola. Cacciai via quei pensieri e i miei occhi ovviamente notarono Lorenzo con Rosalie che ridevano e scherzavano. Ecco di nuovo il vuoto. Il vuoto che provi quando ti accorgi che per chi ami c’è qualcuno di più importante e quel qualcuno non sei tu. Abbassai la testa fissando le mie converse che si muovevano veloci. – Carillo!- ad un tratto sentii chiamarmi ma non mi girai. La pioggia era sempre più forte. – Porca puzzola Grace,fermati!- la voce di prima urlò di nuovo. Mi voltai di scatto e le mie labbra si aprirono in un enorme sorriso. Era Andrea. Allora non era in ritardo,non era stato rapito dagli alieni,non aveva cambiato scuola,non era scappato da me. – Che ti ridi? Sono tutto bagnato!- mi disse venendo sotto al mio ombrello. I capelli mossi erano bagnati e spettinati e alcune goccioline gli cadevano sul viso mentre le sue labbra tremavano ed erano rosse per il freddo. Scossi la testa. – Nulla,nulla- risposi. – Beh,stiamo fermi qui o entriamo?- mi domandò. Mi girai e con lui accanto ripresi a camminare. Decidemmo di entrare e di non stare lì sotto al porticato. Mi accompagnò in classe e io una volta posata la borsa e l’ombrello mi sedetti su un banco mentre guardavo divertita come tentava di asciugarsi. – Non c’è proprio nulla da ridere! E tutto questo perché ho perso uno stupido autobus!- disse sbuffando. Risi. – Ah allora è per questo. Pensa che avevo trovato tantissime scuse plausibili- dissi ripensando alle mie tante scuse. – Sentiamo- mi disse incuriosito appoggiandosi al muro di fronte a me e incrociando le braccia. – Beh per prima cosa ho pensato che ovviamente avevi fatto tardi. Poi,che ti avevano rapito gli alieni o che addirittura avessi cambiato scuola per non vedermi più!- spiegai gesticolando. – Tutto questo per fare tardi un giorno? E poi perché non vorrei più vederti?- chiese ridendo. Intorno era tutto silenzioso,solo la fitta pioggia che batteva sul tetto della scuola era udibile. C’erano solo le nostre voci. – Beh,ieri ti ho spiegato tutto. Hai visto il mio “scheletro nell’armadio”...temevo facessi finta di non conoscermi,temevo andassi via...- risposi imbarazzata. Dire la verità senza torturarmi le mani fu difficile. Smorzò una risata. Un colpo di vento forte fece scricchiolare gli infissi. – Ah Grace,Grace- disse sospirando e con le mani nelle tasche posteriori dei jeans. Si avvicinò piano di qualche passo. – Io ho capito come sei. Tu fai la stronza,fai l’acida,fai quella che s’incazza per ogni minima cosa. La tua è una corazza. Nella vita evidentemente hai sofferto molto,ed è per questo che sei diventata così. Hai solo bisogno di qualcuno che spacchi la tua corazza. Hai bisogno di qualcuno che tiri fuori la tua tenerezza,la tua dolcezza- disse a pochi centimetri dal mio viso. Sentivo il suo respiro addosso che sapeva di menta. Tremavo nel sentire quelle parole. Aveva capito. Aveva capito tutto. – Perché io lo so bene che in fondo hai il cuore più fragile del mondo- finì appoggiando il suo dito sul mio cuore. Deglutii a fatica. Ero felice,felice da morire. Si allontanò quel po’ dal mio viso ma rimase lo stesso accanto a me. – Perciò smettila di dire cazzate- mi rimproverò. Non dissi nulla,sorrisi. Sorrisi e basta. Lui non aveva paura,lui era coraggioso,lui le affrontava le situazioni difficili. La campanella suonò e siccome fuori diluviava tutti entrarono in fretta. – Ora vado a lezione incomprensibilmente incompresa che posso capire solo io- disse allungando il mio nomignolo. Mi arruffò i capelli e andò via. Quando arrivarono le ragazze la professoressa ancora non arrivava perciò gli raccontai tutto,anche l’episodio del parco. – Secondo me ci sta provando sfacciatamente- mi chiarì Jessica. – Secondo me no. Vuole solo essermi amico e sta cercando di aiutarmi- le dissi. – Si però cavolo! È bello provaci!- esclamò Nicole. – Io amo Lorenzo- le ricordai. In quel preciso istante la professoressa entrò e riportò all’ordine la classe. – Però sono felice che non ha paura- dissi sorridente. Le ragazze mi sorrisero e mi preparai a quel giorno. All’uscita pioveva ancora forte e Andrea arrivò con me fin sotto all’autobus. Entrammo ridendo e scherzando. Ci sedemmo ai nostri posti e prendemmo a parlare animatamente. – Merda!- esclamò a un certo punto. – Cosa c’è?- chiesi preoccupata.  – Ho dimenticato le chiavi! E ora come torno a casa? Non posso nemmeno aspettare fuori,c’è il diluvio!- disse disperato,sprofondando nel sediolino. – Vieni da me?- gli chiesi senza pensarci due volte su. – Posso?- chiese quasi implorando. Annuii e lui sorrise. – Grazie mille-. Una volta scesi dall’autobus camminammo un po’ sotto la pioggia e poi entrammo a casa. I miei genitori e la mia sorellina ci guardarono stupiti. – Mamma,papà questo è il mio amico Andrea. L’ho invitato a pranzo qui. Fa il quinto anno e mi aiuta in inglese- dissi sorridendo e inventando qualcosa. – Piacere- disse Andrea,tranquillo. Odiavo la sua tranquillità. – Amore,ma tu vai benissimo in inglese- mi ricordò la mamma. Non risposi e feci accomodare Andrea accanto a me,mentre mamma ci serviva i piatti. – Mi potevi avvertire,avrei fatto qualcosa in più- mi rimproverò mamma preoccupata. – Non si preoccupi signora,è perfetto così- sorrise Andrea. Mangiammo in silenzio tra qualche domanda di papà ad Andrea sui suoi genitori,la famiglia,la scuola. Andrea aveva un fratello più piccolo,Mario,di 10 anni e i suoi genitori lavoravano entrambi in una pasticceria. Finito di mangiare e finito l’interrogatorio salimmo sopra. – Bene,questa è la mia camera. Un disordine totale,come me- dissi ridendo. – È bella. Sono belle le camere in disordine- disse mentre accarezzava la mensola con i libri. Pian piano arrivò al mio comodino e prese L’ombra del vento tra le mani. – Non lo lascio toccare a nessuno. Sentiti onorato- gli dissi gettandomi sul letto a pancia in giù e guardandolo. Sorrise e mi mostrò le sue fossette. – Posso aprire una pagina così,a caso?- mi chiese. Apprezzai quel gesto,aveva capito quanto importante fosse per me quel libro. Annuii. Aprii una pagina a caso e iniziò a leggere. – La vita ci assegna senza possibilità di scelta i genitori,i fratelli e gli altri parenti,l’unica vera alternativa che ci offre è quella di poter scegliere i nostri amici. Se qualcuno non ti ama ti amerà qualcun altro. Goditi l’amore delle persone che ti vogliono bene,condividilo con loro e dedicagli il tuo- lesse piano,con espressione. Rimasi affascinata da quella voce e da come aveva letto il mio libro. – Coincidenze?- mi chiese ad un tratto girandosi. Presi un cuscino e glielo buttai in faccia. Ovviamente ricambiò il colpo e così iniziammo a combattere. Ci ricorremmo per tutta la stanza e poi cademmo sfiniti sul letto. Io da un lato e lui dall’altro. Solo le nostre teste erano vicine. Riprendemmo fiato mentre guardavamo il soffitto. – Vorrei tanto fare queste cose con Lorenzo. Ridere,scherzare e poi finire abbracciati a baciarci e accarezzarci- dissi ad un tratto. Andrea si alzò e si mise a gambe incrociate accanto a me. – Io non ti basto?- mi chiese vantandosi. Risi. – Lorenzo è tutto ciò che ho sempre voluto e se necessario lo aspetterò per tutta la vita- continuai guardando il vuoto. – Posso chiederti una cosa?- mi chiese. – Quand’è che hai capito di amarlo?-.-Quando ho iniziato a preoccuparmi della sua felicità piuttosto che della mia-. Restammo in silenzio per un po’. Mi buttò di nuovo il cuscino in faccia e io mi alzai per tirargli un ciuffo dei soffici capelli. Lui fece lo stesso con i miei,ma più forte. – Ahia,ti odio!- dissi incrociando le braccia. – E io invece ti voglio bene-.

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