Capitolo 18

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Hinata

Quella serata non era ancora finita.
"Dì la verità, l'hai fatto apposta" smisi di singhiozzare quando sentii una voce non conosciuta pronunciare queste parole a qualcuno.
Aspettai pochi secondi prima di uscire dal bagno ma l'altra persona rispose.
"Tanto è tutto inutile, mi odia" La voce di Kageyama? Dovetti prestare per forza attenzione alla conversazione.
"Sì ma se ti comporti così ci credo, non puoi semplicemente parlargli?"
Stavano parlando di me?
"Tooru non sono cose che ti riguardano, colpa mia che ho detto tutto a Jenny, non sa manco tenere i segreti."
"Intanto te la devi sposare quindi in qualità di suo amico devo fartela piacere, anche perché si vede che ormai è cotta di te"
Che cosa? Kageyama e quella ragazza si dovevano sposare?
"Sei suo amico ma non mio, non prenderti troppe confidenze." Il solito cuore di ghiaccio.
"Come vuoi, torno da Jenny che ci sta aspettando"
Non riuscivo a pensare in una situazione simile, non ci capivo più niente, ma soprattutto ero bloccato lì perché c'era anche lui e per tutto il tempo che sarebbe rimasto, non sarei riuscito a uscire.
"Hinata vieni fuori, so che sei là." Deglutii quando la sua voce fredda chiamò il mio cognome. Come aveva fatto a vedermi? Mi bloccai, avevo chiuso la porta a chiave ma a lui bastava semplicemente affacciarsi ai lati per vedermi, maledetto gigante.
Mi feci coraggio e aprii quella benedetta porta.
"C-ciao" dissi in preda al panico.
"Ciao a te, anche il coach ti ha detto che è maleducazione origliare le conversazioni degli altri, no? Non sono cose che ti riguardano."
Un mese che non ci vedevamo e iniziava la conversazione sgridandomi, tipico.
Ma ero ancora furioso, per tutto, e poi se il soggetto della chiacchierata ero io perché non avrei dovuto ascoltare?
"Che cosa hai sentito?" continuò, serio.
"Tutto" risposi tranquillamente, mi ero calmato e finalmente riuscivo ad avere una conversazione con lui senza rischiare che il cuore mi uscisse dal petto. Cazzate. Avevo il battito accelerato.
"Vuoi che ti spieghi?"
Cos'era tutta questa gentilezza? Quando mai dava spiegazioni a qualcuno per le azioni che faceva?
"Come hai detto, non sono affari miei" risposi nel modo più normale, anche se in realtà volevo sapere tutto quanto.
"Sicuro?" NO. CERTO CHE VOLEVO SPIEGAZIONI.
"Sì-"
Uscii dal bagno sperando che non mi trattenesse ma evidentemente Dio non fu dalla mia parte.
"Aspetta." ringhiò bloccandomi il braccio.
"Mi abbandoni di nuovo?" Era fatto? Non si era mai comportato così, aveva gli occhi lucidi e mi guardava come se volesse farmi restare?
"Cosa?" Io non lo avevo abbandonato, lo avevo rifiutato.
"È da un mese che non ti vedo, non mi hai mai scritto né chiamato e non sei nemmeno venuto per chiarire, so bene che volevi dirmi qualcos'altro alla stazione."
Pensai che l'effetto dell'alcool gli fosse passato, credeva che l'avessi abbandonato? Da un certo punto di vista era probabile, ma non avevo mai seriamente provato a immaginare come si sentisse o cosa pensasse riguardo noi due.
"Ma tu sei fidanzato e ti sposerai, che senso avrebbe?" Se quello che avevo sentito era vero, sarebbe stato tutto inutile.
"Non sai niente!" Sputò acido.
Gli avevo detto che non volevo sapere niente ma il suo cambio d'umore mi intimorì, così stetti zitto.
"Perché?" chiese quasi come se fosse esausto.
"C-Che?" risposi impaurito.
"Perché mi hai rifiutato? Shoyo ho capito di averti ferito e mi faccio schifo per questo, però perché non mi hai dato un'altra possibilità?"
Non mi aveva mai chiamato mai per nome.
Indietreggiai quando disse quelle parole con tono triste e offeso chinando la testa.
Osava chiedermi perché? Davvero? Non era abbastanza chiaro?
Gli avevo dato tante di quelle possibilità che persi il conto.
La risposta era semplice oltre che evidente e scontata.
"Avevo paura che mi distruggessi di nuovo." Risposi deciso. Doveva saperlo.
Non alzò lo sguardo, aveva ancora la testa abbassata.
"Mi credi se ti dico che mi dispiace? Mi credi se ti dico che quando sono con te non riesco a esprimermi bene? Mi credi se ti dico che in questo momento vorrei baciarti per il mio egoismo? Mi crederesti Hinata?"
Era la seconda volta in tutta la sua vita che mi parlava così apertamente, non volevo ferirlo, ma anch'io dovevo proteggermi.
"N-non lo so" Alzò la testa, quella fu la prima volta in cui i suoi occhi non emanavano odio, durezza o indifferenza, bensì paura, terrore e sofferenza, rimasi paralizzato.  Mi rivolse un ultimo sguardo e poi senza dire niente uscì dalla porta in fondo al bagno che portava al di fuori del locale.
L'aveva fatto di nuovo, mi aveva lasciato così, senza spiegazioni e con qualche mezzo discorso frammentato, credeva seriamente che mi sarebbe bastato?
Non era affatto così. Ero stanco di soffrire in quel modo, stanco di intraprendere strade che non portavano da nessuna parte.
Sobbalzai quando sentii un fulmine attraverso la finestra aperta vicino a me, pioveva tremendamente e in quel breve lasso di tempo, decisi che non avrebbe mai più dovuto trattarmi in quel modo ogni volta, faceva sempre quello che voleva no? Era ora che lo facessi anch'io.
Strinsi i pugni e determinato lo seguii, non sapevo bene cosa stavo facendo, magari me ne sarei pentito ma ormai non c'era più tempo per i ripensamenti.
Credeva di farla franca parlandomi e andandosene come se nulla fosse?
Se doveva iniziare una cosa, doveva continuarla e finirla per bene. Non poteva lasciarla a metà.
Non poteva lasciarmi a metà, con i dubbi, le speranze, le insicurezze e la paura che nutrivo nel nostro improbabile futuro. Ero stanco di lasciare tutto al caso.
Se il destino non voleva che stessimo insieme allora sarei stato ancora una volta io, a cambiarlo. Non mi arrendevo.
Va bene a volte non lo capivo ma avrei potuto farlo se avessimo iniziato da capo.
Scesi le scale e attraversai la strada lasciando che la pioggia inzuppasse ogni parte del mio corpo, mi guardai attorno ma nulla, di lui nessuna traccia.
Arrivai alla fine della stradina guardandomi a destra e a manca.
Il temporale sembrava essere peggiorato, iniziavo a sentire freddo fin quando non mi girai e lo vidi, a debita distanza da me, guardandomi come se fossi un cucciolo smarrito.
"MI HAI CHIESTO SE TI CREDO" gridai, il rumore della pioggia era davvero forte, non volevo avvicinarmi.
Il cuore iniziò a martellarmi così forte che avrei rischiato un infarto, quelli che stavo provando erano sentimenti troppo forti e incontrollabili per me.
"E?" Rispose girando la faccia avanzando un po' verso di me, la pioggia per lui sembrava inesistente.
"SÌ. TI CREDO...PERCIÒ-" azzerò la distanza tra noi in un istante e mi baciò.
Un bacio non normale, un bacio universale, come se avesse messo tutto il suo mondo sulle labbra permettendomi di assaporarlo, di comprenderlo, di amarlo. Mi aveva aperto la porta del suo cuore e finalmente me ne resi conto, preso dalla foga di volermi baciare ancora di più mi cinse con le braccia e mi alzò leggermente, non staccò mai le sue labbra dalle mie.
Quei baci furono un mix, un'esplosione di emozioni forti, sentimenti ignorati, tenuti segreti e repressi troppo a lungo. Misi le mani sul suo viso, ne volevo ancora di più, mi veniva da piangere sì, ma dalla felicità, dalla troppa felicità.
Lo sentii ridere e come lui anch'io, fu il ricordo più bello che avevo con lui.
Il suo mondo che avevo assaporato era composto da un'aura, un primo scudo, come se fosse una protezione, poi sotto questo velo si celava il vero Tobio, una persona gentile e forte quanto fragile e sensibile, una persona che probabilmente aveva sofferto troppo e cercava un po' di conforto ma non avrebbe lasciato trasportarsi così facilmente poiché lui era così: orgoglio, rabbia, gentilezza, freddezza, schiettezza, precisione, amore, tutti sentimenti, qualità, pregi e difetti, racchiusi in un unico ragazzo.
Ma la stessa cosa feci io, gli mostrai il mio di mondo, lo lasciai entrare permettendogli di conoscermi, gli concessi di entrare nel mio cuore per sempre, di appartenermi. Tutto ciò era accaduto in una semplice stradina, con un temporale che sembrava non cessare mai e due cuori che battevano all'unisono.
Sapevamo che da lì in poi non sarebbe stato facile ma ci bastava tenere a mente che finalmente eravamo uniti e in quel momento serviva solo questo per renderci felici. In quegli attimi il resto non ci importava, perché non esisteva più.

𝐈𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐦𝐢 𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞🕊 |𝐤𝐚𝐠𝐞𝐡𝐢𝐧𝐚|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora