Capitolo 29

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Hinata

Non ricordavo quasi niente di quella notte, solo i suoi assordanti delle sirene della polizia e i passi movimentati delle persone che cercavano di uscire, il caos, il panico. Non ricordai nemmeno che fu Suga quello che mi portò a casa.
Come mi sentivo? Non so spiegarlo nemmeno io in realtà. 
Come vi sentireste se la persona che amate di più al mondo vi getterebbe via per salvarsi?   
Se n'era andato via ma almeno una cosa me l'aveva lasciata: la consapevolezza di aver amato la persona sbagliata. Avete presente quando ho detto che non riuscirei mai ad augurare dolore alle persone con cui sono stato bene? Ecco, rimangio tutto.
Volevo che si sentisse peggio di me, che non riuscisse a respirare dalla sofferenza che mi aveva causato, volevo tutto questo per lui, perché ne avevo avuto abbastanza.
I miei occhi erano perennemente rossi, le occhiaie non mi abbandonavano mai assieme all'insonnia e ai ricordi di tutti i momenti passati insieme.
Ogni santo giorno la mia mente ripercorreva gli attimi più felici della mia vita, con lui.
Era come un film. Il mio cervello proiettava sul tetto di camera mia il suo viso, il suo sorriso, il sapore delle sue labbra, poi mi tornavano in mente le parole che disse quella sera e in men che non si dica mi ritrovavo a piangere senza manco accorgermene.
La mia salute fisica peggiorò, perché fin quando non mi sarei liberato dal male interiore, non sarei mai riuscito a stare bene di nuovo.
Ero troppo troppo stanco, mi stava bene continuare a stare male, mi sarei preoccupato più in là, volevo solamente staccare tutto e non vedere più nessuno. 
Non avevo la testa e nemmeno il tempo per pensare alle conseguenze delle sue azioni, come avremmo fatto per la squadra? E i corsi di scuola che frequentavamo?
"Shoyo non mi interessa, è da una settimana che va avanti questa storia. Oggi torni a scuola."
E poi mia madre, già.
Non mi parlava più, e la capivo benissimo.
Non le dissi letteralmente niente, poiché provvide il padre di Suga.
Era delusa, però non mi interessava più di tanto, a dire il vero non mi importava più di nessuno. Non riuscivo a provare empatia, non so come spiegarlo, era come se mi fossi spento temporaneamente. Non che non riuscissi a provare niente, il dolore c'era lo stesso, solo che, non mi interessava più nulla.

Nonostante i miei pensieri, vivevo nella realtà e quindi dovevo sforzarmi un'ulteriore volta per fingere di stare bene, in questo modo non facevo preoccupare gli altri che sapevano già tutto, pure di ciò che fece Tobio, per via della webcam che Suga controllò.
Non sapevano neppure loro cosa fare con lui, se parlargli, se buttarlo fuori dalla squadra, mi stavano sempre vicini come se volessero proteggermi. Nessuno gli parlò mai alla fine, poiché non si fece più vedere.

***
"Kiruzumi è riuscito a scappare poiché ci ha scoperto ma in compenso è stato sfasciato l'intero giro di droga che controllava" 
Tutto ciò che mi aveva detto Suga, dopo che tornai a scuola. 
L'unica fortuna, era che lui, era come scomparso.
Il coach ci disse che Tobio avrebbe fatto un ritiro con altre scuole e che forse non sarebbe più tornato. Da un lato mi sentivo quasi libero, come se potessi tornare a respirare, ma dall'altro continuavo a morire ripetutamente per colpa della sua mancanza. Sì. Mi mancava. Però compresi che in fondo era la cosa migliore che potesse accadere. Non c'era giorno in cui non pensavo alle sue parole.
"Già te lo dissi, ma volevo vedere se riuscivo davvero a provare qualcosa." Ma a cosa era riferito? Che cosa mi aveva già detto? Non mi veniva in mente in niente, mi dannavo cercando di capire.
Poi, in una notte di aprile, un incubo mi fece ricordare tutto.
Il giorno in spiaggia, dopo che ero uscito dall'ospedale.
Aveva detto che voleva solo divertirsi. Quindi era andato avanti illudendomi e fu così finto da dirmi 'ti amo'?  Era assurdo, oppure mi rifiutavo di accettare la realtà dei fatti.
Stare con lui mi faceva male, ma non farlo mi faceva stare peggio.
I mesi passarono così velocemente che in un battibaleno mi ritrovai un'intera estate alle porte, ma di lui ancora nessuna traccia. 
Era da fine marzo che non lo vedevo, non lo cercai mai anche se a volte il mio cervello mi obbligava a volerlo chiamare o a digitare stupidi messaggi che cancellavo in continuazione.
I primi mesi senza di lui furono davvero un incubo, poi l'arrivo della stagione estiva fu come una ventata d'aria fresca. Finalmente riuscivo a dormire senza svegliarmi nel cuore della notte per gli incubi che mi causava, stavo anche iniziando a seguire un'alimentazione corretta.
In poche parole, avevo iniziato a vivere di nuovo prendendomi cura di me stesso. Mi stavo dimenticando di lui?

***
"Hinata Shoyo, Miyamura Zenki, Washito Kahu. Farete il corso supplementare per le insufficienze che avete avuto. Il preside ha deciso che quest'anno i corsi si terranno per l'intero mese di giugno. Ci vediamo martedì alle 9:00." Disse in modo altezzoso e critico il sensei di matematica, certo era stressante per tutti gli alunni che come me presero il recupero però di certo non ci mettevamo a criticare o a lamentarci. Nel mio corso di recupero conoscevo di vista solamente Kahu, amico di Daichi che era al secondo anno come noi ma di Miyamura Zenki non ne avevo mai sentito parlare.
"Queste sono tre schede, ovviamente sono ognuna diversa dall'altra. Avete quaranta minuti per finire il compito, dopodiché potrete andare...manca solo un ragazzo, Miyamura Zenki mh? Significa che lo rifarà la prossima lezione, sempre se si presenterà." Concluse il professore borbottando tra sé e sé.
La porta si spalancò ed entrò un ragazzo alto con i capelli grigi decolorati, dagli occhi azzurri e una serie di piercing al lobo destro e sinistro. Poteva sembrare accattivante ma non so perché, ai miei occhi parve totalmente innocuo.
"Scusi per il ritardo." La sua voce terribilmente profonda quanto glaciale riscosse in me sentimenti e emozioni che avevo ignorato a lungo, mi ricordava lui.
"Posso sedermi vicino a te?" "C-certo" risposi mezzo rimbambito mentre toglievo il mio zaino dal banco, non mi aspettavo che mi rivolgesse la parola.
"Piacere io sono Zenki, ma gli amici mi chiamano Ki o Zen"
Era la prima volta che mi parlava e già mi permetteva di chiamarlo per nome? Pensai che fosse...strano, insomma il suo aspetto e il tono della sua voce potevano farlo sembrare cattivo o poco affidabile, ma una volta conosciuto, come dire...si rivelava un altro? Insomma per farla breve la sua apparenza ingannava tutti.
"Shoyo"
"Cosa dobbiamo fare?" chiese indicando il foglio ancora vuoto vicino al mio braccio.
"Oh- Dobbiamo fare questo test in quaranta minuti e consegnarlo, poi possiamo andarcene"
"Beh e allora muoviamoci!"
Era una persona gentile e dolce, così piena di vita, si fidava facilmente e non dava niente per scontato, è così che conobbi il mio secondo migliore amico.
Nel giro di poche settimane diventò un amico così stretto che il rapporto avuto con Kenma era letteralmente su un livello più basso.
Fu l'unico che mi fece tornare il sorriso, riusciva sempre a farmi ridere e lo stesso valeva per me, già. Diceva che ero "simpatico".
Mi disse tutto di lui, della sua infanzia a Manhattan e del trasferimento in Giappone, delle sue prime cotte e ultimi amori, si confidava con me senza la minima preoccupazione. Facendo così però mi sembrava di essere un po' in debito, lui mi raccontava ogni singola cosa della sua vita, invece il massimo che gli dissi inizialmente era che avevo avuto un ragazzo.
Così mi aprii, parlai, mi sfogai con lui. Cacciai fuori tutto quello che avevo dentro.
Non era un tipo normale, dopo tutto ciò che gli raccontai esordì dicendo "Cavolo amico, la tua vita è proprio movimentata" la sua non era assolutamente da meno però.

𝐈𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐦𝐢 𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞🕊 |𝐤𝐚𝐠𝐞𝐡𝐢𝐧𝐚|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora