Capitolo 15

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Kageyama

Era davvero così? La presenza di Hinata creava dipendenza e generava una cosa chiamata "mancanza" quando non c'era?
Non volevo più scappare da me stesso ma non riuscivo a capacitarmi del fatto che lui mi attraesse.
La cosa mi infastidiva perché come sappiamo ero un tipo molto schietto, che prendeva quello che voleva e lo lasciava quando gli pareva e piaceva.
Decisi che se avessi voluto Hinata Shoyo, l'avrei preso, a costo di tutto.
Era una specie di tira e molla, un gioco senza fine, una bussola senza direzione, ma andando avanti in questo modo ci saremmo persi.
È per questo che quel giorno dopo l'ospedale lo rifiutai, mi aveva confessato che provava qualcosa per me ma allora ero insicuro e non sapevo cosa volevo.
"Capisci il vero valore di qualcosa solo quando la perdi" o qualcuno, e già, quel qualcuno era lui.
Non mi sarei arreso, ma era troppo tardi, sarebbe partito per andare all'inarizaki e iniziare una nuova fase della sua vita, potevano essere due o dieci mesi, ma comunque quella squadra psicopatica l'avrebbe cambiato molto e di questo ne ero terrorizzato.
Il mio egoismo d'altronde, non permetteva di lasciarsi scappare il proprio obiettivo.
"Ci vediamo al torneo" queste furono le sue ultime parole durante l'ultimo allenamento.
"Spero di no" risposi acido, non volevo competere contro di lui, non perché avevo paura di essere sconfitto, ma perché mi dava sui nervi vederlo giocare con quei gemelli e quella squadra.
Non ero affatto il tipo aperto che confessava i suoi sentimenti, ma se questo sarebbe servito a non farmi abbandonare da Hinata, l'avrei fatto.

***
Ultimamente non capivo la motivazione delle mie azioni, perché agivo in quel modo?
Per "piacere?" No, qualcosa di più importante.
Per "attrazione?" No, andava un po'oltre.
Per "AMORE?" sgranai gli occhi incredulo. Non volevo crederci, io innamorato di Hinata?
No. Però pensandoci forse era vero poiché cercavo una risposta a tutte le mie domande ma magari già la conoscevo fin dall'inizio, solo che ero troppo orgoglioso per ammetterla.
"Un'attrazione fisica e poco psicologica" pensai, scendendo a patti con me medesimo.
'Cos'è un compromesso?' Era sempre partecipe, non c'era nulla da fare.
"No coscienza, è solo ciò che sento per Hinata"
'Ma perché è così difficile ammettere che ti piace?' Lui l'ha fatto e ora il codardo sei tu caro mio"
"No. È solo attrazione fisica e un po' psicologica, basta."
'Lo sai che è un sinonimo indiretto di <amore>, vero?'
"Sei insopportabile, e non è vero"
'Ti devo ricordare che sei tu che dai vita ai miei, anzi tuoi pensieri? È un problema tuo se non lo accetti, ma sei incoerente poi.'
Ero così impanicato da litigare con me stesso, mi serviva un po' di relax.

***
Erano le 20:30, quando Kith invase la mia mente. Era difficile immaginare di avere discorsi con lei, avevo poca fantasia e quando ero più piccolo speravo di poterla sognare, i sogni erano l'unico contatto che riuscivo ad avere per vederla.
"Ti trovo stanco, è successo qualcosa?" Era solita invadere i miei sogni e pensieri a caso, e non mi dispiaceva.
"Le solite cose Kith, nulla di più"
"Idiota guarda che sono un fantasma, posso seguirti e vedere ciò che fai quando voglio"
"Certo che anche da morta rompi le palle eh"
"Heyy vedi di contenerti. Andiamo al dunque, se quel ragazzo ti piace allora cosa stai aspettando?" Sbuffai, non lo sapevo nemmeno io.
"Non lo so, da un lato vorrei saltargli addosso ma dall'altro vorrei tenerlo il più lontano possibile, quel nanetto è una specie di calamita"
"Se non riesci a farne a meno dovresti-"
"Seguire il tuo cuore" dissi alzando gli occhi al cielo, era prevedibile da lei.
"No, dovresti guardarlo negli occhi e dirgli il tuo problema, se continui ad illuderlo ci starà più male." ero sorpreso dalla sua affermazione, solitamente era la ragazza 'segui il tuo istinto, non preoccuparti di niente e nessuno!' e invece mi stava consigliando la strada del suicidio, anche se era la più giusta da intraprendere per il bene di tutti.
Però ero troppo egoista e orgoglioso per accettarla.
"Sì certo e magari poi gli offro pure un caffè" dissi in tono ironico e ci scappò una breve risata che terminò con l'inizio di un'atmosfera irrequieta, sapeva benissimo che non avrei mai seguito quel "consiglio".
"Fai come vuoi, se fossi in vita ti prenderei a schiaffi e a calci portandoti da lui, facendo così lo perdi però mi sembra di capire che una parte di te vuole perderlo per soffrire ancora più. Cos'è, sei masochista? A parer mio sei un bambino, se una cosa ti piace prendila e basta, senza girarci attorno, ora vado" Disse infastidita prima di sparire dal mio sogno, risucchiando tutto il mondo che avevo immaginato.
Aprii gli occhi ed erano le 21:42, quella conversazione sembrava brevissima ma invece il sogno intero durò un'ora e quaranta minuti, dei miei sogni ricordavo solo le parti più importanti.
Metabolizzai le sue parole: "Così lo perdi però mi sembra di capire che una parte di te vuole farlo per soffrire ancora più. Cos'è, sei masochista?" Ecco perché mi ero innamorato di Kith, riusciva a leggermi tra le righe meglio di chiunque altro, anzi era l'unica. O forse non più?
Il mio cuore voleva soffrire? Io volevo soffrire? Era mai possibile che volevo altro dolore? Quello di Kith non mi era bastato?
Dannazione certo che era bastato. Il mio cervello iniziò a non connettere più le cose, quel giorno Hinata sarebbe partito per l'Inarizaki, avevo 20 minuti per raggiungere la stazione dopo aver visto quali treni erano in partenza.
Corsi come un forsennato e quando mi fermai a metà strada per inalare aria notai dal telefono che gli orari dei treni erano cambiati, il suo treno era in anticipo.
Ma non poteva partire, non prima di avermi ascoltato, poi quando l'avrei rivisto?
Al torneo? Mesi dopo? Non se ne parlava, aveva assolutamente bisogno di sapere.
Ripresi fiato e iniziai a correre più velocemente, solitamente avrei preso strade più sicure ma non avevo tempo e usai alcune scorciatoie.
Affannato, raggiunsi finalmente la stazione che era allo scuro e praticamente deserta, un po' metteva timore ma in fondo chi doveva stare in quel posto, in una piccolissima città come la mia?
Lo vidi da lontano, con lo zaino dietro, era appoggiato con la testa sulla spalla del ragazzo che aveva affianco, non lo riconobbi finché non mi avvicinai. Atsumu.
Erano così "intimi"? "Magari è stanco" pensai, senza continuare a dar voce ai miei dubbi.
Il cuore batteva veloce non solo per quella corsa improvvisa, ma anche per il fatto che quando si girò, mantenne il contatto visivo per qualche secondo, che sembrò eterno.
"Hinata!" gridai, ma ero dall'altra parte della stazione e non avevo tempo per farmi tutto il giro, il suo treno stava per arrivare.
"Kageyama?" disse con tono normale, un po' sorpreso.
L'unica scelta che avevo era passare sui binari.
"Attenzione, treno in arrivo alla sezione quattro, si prega di allontanarsi dalla linea gialla" perfetto, il suo treno che era il cinque sarebbe arrivato dopo il quattro così preso dalla foga di volerlo vedere, scesi su quei maledetti binari.
Non volevo pensare alle conseguenze. "Que será, será" "Quello che sarà, sarà." diceva sempre mio nonno.
"KAGEYAMA MA SEI IMPAZZITO?!?" Lo sentii gridare, la sua voce diventava sempre più vicina, mancavano solamente pochi binari e avrei potuto parlargli.
"FERMATI!!" Mi arrampicai agilmente per uscire dal primo binario. Il suo treno stava per arrivare.
Magari volevo farmi male, magari volevo morire per fargli sapere che mi piaceva, magari volevo fare scena, e invece no, volevo solo parlargli.
Non avrei avuto altre occasioni, conoscendomi o gliel'avrei detto in quell'istante o mai più. Dovevo attraversare l'ultimo binario, l'ultimo.
"Attenzione, treno in arrivo alla sezione due, si prega di allontanarsi dalla linea gialla"
Il suo treno era in ritardo di qualche secondo, sarebbe arrivato alla sezione cinque. Non avevo più tempo comunque.
Scesi velocemente mentre con la coda dell'occhio vidi la luce del treno che doveva prendere, non esitai un attimo.
Ero sicuro di quello che facevo ma il cuore stava per cedere. Lo sentivo strillare, la sua voce terrorizzante mi stonò le orecchie quando finalmente riuscii a salire dall'altra parte.
"V-VOLEVI FORSE MORIRE?!?" Urlò impanicato, sembrava fosse lui quello che aveva attraversato quattro binari.
"Dovevo parlarti." Risposi neutrale quando notai Atsumu che ci guardava scioccati.
"E NON POTEVI CHIAMARMI??" Era davvero nel panico.
"No, era una cosa che dovevo dirti di persona. Non c'è tempo-"
"TU SEI PAZZO."
"STAI ZITTO E ASCOLTAMI!" gridai più di lui.
Atsumu si era allontanato, fu la prima volta che mi stette 'simpatico'.
"Che mi devi dire?" chiese ancora arrabbiato, era carino.
Il mondo sembrò congelarsi, presi fiato, strinsi i pugni e lo guardai.
"Che mi piaci Hinata, mi piaci e non so perché, mi piaci e a volte non riesco a contenermi, quando sono vicino a te non capisco più nulla, non capisco perché mi fai questo effetto." Dissi buttando tutto fuori, ora poteva andare.
"Cosa?" chiese come se volesse dire "mi stai prendendo in giro?".
"Hai sentito bene, non lo ripeto."
"Attenzione, treno in arrivo alla sezione cinque, si prega di allontanarsi dalla linea gialla."
Volevo sapere cosa avrebbe risposto però.
Lui non conosceva il mio segreto.
Feci letteralmente di tutto per non farglielo notare.
E funzionò alla grande.
"Hinata, dobbiamo andare." Disse Atsumu, ecco, l'attimo di simpatia di prima sparì all'istante poiché volevo letteralmente ucciderlo.
"S-sì" disse lui con la voce tremolante.
Lo afferrai per il polso quando vidi che stava per salire sul treno, mi lasciava così?
Quando mi guardò fu lui il primo a parlare e disse una cosa che non avrei preferito sentire, ma la realtà in fondo non è mai come la immaginiamo.
"È....è troppo tardi." e sentii il fruscio del vento portarmelo via. Lasciò il mio polso così delicatamente che sembrava non avermi mai toccato.
Realizzai che non potevo sempre avere quello che volevo, mentre lo guardavo salire sul treno con lo sguardo basso. Non mi azzardai a fare un passo, non volevo costringerlo, in fondo chi ero per farlo? Se magari avessi preso quel maledetto treno...se magari.
Non scese nemmeno una lacrima, anche se dentro ero ferito nel profondo, fui sorpreso di me stesso, per com'ero tempo prima sarei scoppiato a piangere, magari ci avevo fatto l'abitudine e quindi niente mi sorprendeva ormai.
Volevo che lui fosse con me, volevo che io fossi con lui, ma evidentemente il destino voleva che nessuno dei due stesse con l'altro.
Dopo pochi minuti che usai per fissare il vuoto, me ne andai da quella maledetta stazione.
Misi gli auricolari e iniziai ad ascoltare "Marlboro Nights" quella canzone mi gasava ogni volta, era una delle mie preferite, ma in quel momento, riuscii a comprenderne il vero significato.

I don't want to go to school tomorrow i can't study thinking about you, and you know i always do. I don't want to go to sleep tonight when i can stay up thinking about you and you know i always do. I don't want to go to school tomorrow i'm too tired, i don't want to go to sleep tonight i'll see the fire.

Per la prima volta avevo confessato i miei sentimenti a qualcuno ma era troppo tardi. Davvero divertente no? Nascondevo il mio dolore dietro all'ironia, ero stanco di non ammetterlo. Però mi sentivo diverso...forse libero? Forse mi ero tolto un peso?
La mattina dopo mi svegliai con una strana sensazione, sistemando le scarpe notai le sue, che gli avevo fatto lasciare quando lo portai a casa mia perché cadde facendosi male la caviglia. Rocky (il mio cane) aveva completamente sbavato tutto, rendendole incalzabili.
Un senso di dolore mi colpì il cuore.
Potevo togliere le sue tracce da casa mia, ma non dalla mia testa. Non posso dire che mi mancava, non sarebbe vero, ma nemmeno falso, non vedevo l'ora di liberarmi di questo peso, di non riuscire a capire se lo volesse anche lui o no, ma nonostante l'abbia fatto, mi sentivo ancora più male.

𝐈𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐦𝐢 𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞🕊 |𝐤𝐚𝐠𝐞𝐡𝐢𝐧𝐚|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora