Hinata
Pensavo che rivederlo mi avrebbe fatto stare male, invece no.
Pensavo che mi sarei pietrificato e avrei lasciato che il suo volto m'incantasse per l'ennesima volta, ma così non fu.
Ero sorpreso da me stesso, non sto dicendo che quando lo incontravo per strada o in altri posti non provavo niente, non sarebbe vero, però le reazioni che scatenava in me sembravano sorprendere più il sottoscritto che lui.
Stavo imparando a lasciarlo andare.
Ero con Zenki a parlare della ragazza con la quale si stava sentendo quando mia madre irruppe in camera mia come un falco. Quasi sobbalzai.
"Ciao Zenki, scusa non credevo che fossi qui-" disse sorridendogli.
Già, non parlavamo quasi mai dopo quello che successe con Tobio, inoltre tornava sempre tardi e il più delle volte ero pure sveglio, ma troppo stanco per iniziare una conversazione che sarebbe finita con "Sono ancora arrabbiata" o "Mi hai delusa ancora di più" ma la frase che mi faceva più male era "Non ti riconosco più! Non sei mio figlio! Cosa è successo al bambino con il sorriso e un'energia tale da fare invidia a tutti?"
Mi riusciva difficile spiegarglielo. Quel bambino era morto da molto tempo.
Se avessimo una macchina del tempo nessuno esiterebbe ad usarla per cancellare i propri errori, ma non esiste.
Credo che ognuno debba imparare dal proprio passato oppure farne tesoro.
"Non si preoccupi" rispose Zenki ricambiando il sorriso.
"Shoyo hai ricevuto una lettera, l'ho aperta per controllare e sei stato invitato a un matrimonio." Disse mia madre con gli occhi gelidi puntati su di me.
"Perché l'hai aperta?"
"Ne abbiamo già parlato. Non mi fido più di te. Ora non possiamo discutere, devo iniziare di nuovo il turno, non ho capito bene chi è questo Keishin Ukai che ti ha invitato ma sappi che non ci vai."
Che cosa? Il coach si sposava? E mi aveva invitato? Oddio.
Questo significava obbligatoriamente che avesse invitato anche gli altri componenti della squadra. Ma l'enfasi venne spezzata dalle parole ingiuste -per me- di mia madre che voleva proibirmi di andarci.
Non mi diede il tempo di aprire bocca che mi voltò le spalle e tornò a lavoro lasciandomi con la tensione che si prendeva gioco di me.
Da quando successe quel casino con Tobio mi guardava in un modo diverso, come se non fossi più suo figlio o non mi riconoscesse.
Prima pensai di meritarmelo, ma dopo un po' iniziai a stancarmi dei suoi comportamenti infantili.
Mia madre mi ha avuto a soli 16 anni e non oso immaginare quanto sia stato difficile crescere un figlio in un'età delicata come quella, però ciò non giustificava il suo modo di risolvere le cose.
Non che mi facesse dispetti, a volte mi ignorava di proposito e mi proibiva di uscire quando voleva, come a dimostrarmi che "comandava" lei, o magari voleva solo farmi pentire di tutto, non capiva che facendo così faceva solamente aumentare la tensione tra noi due.
Non avevamo mai più parlato a cuore aperto.
Le nostre conversazioni quotidiane erano -specialmente in estate- "Le chiavi sono nel vaso. Oggi torno alle 17:00" "Tua sorella è a casa di una sua amica, passa a prenderla più tardi." "Non sono riuscita a cucinare." In loop da marzo in poi.
Alcune volte volevo urlarle "Possiamo parlare? Sto per avere una crisi di nervi." E non capivo se eravamo entrambi che evitavamo la cosa o era lei che aspettasse il mio primo passo, beh allora mi sarei rotto il piede perché qualche volta poteva venirmi benissimo incontro.
Il bambino in questi casi ero io, però non ce la facevamo ad avere una conversazione pacifica senza urlare o innervosirmi.
Per non contare il fatto che poi di sicuro mi avrebbe messo in punizione. Ecco quello che stavo passando.
Volevo solo che mi capisse nonostante avessi le mie colpe.
Forse gli adolescenti come noi che si tengono tutto dentro, hanno paura di relazionarsi o istaurare rapporti confidenziali con i propri genitori per il terrore di essere giudicati o non capiti, e peggio ancora, per la paura delle conseguenze.
Perciò credo che a volte sia meglio non dire cose che agli occhi dei nostri genitori possano sembrare surreali o incomprensibili -io la penso così-. Speravo solo che si rendesse conto del mio stato e facesse lei il primo passo, ma senza urlarmi contro, in fondo era mia madre e le volevo comunque un bene dell'anima.
"Non hai ancora chiarito con tua madre?" mi chiese Zenki preoccupato dopo che lei lasciò la stanza.
"Non abbiamo ancora parlato da marzo e ogni giorno che passa la voglia scende sempre di più. Ho paura di come potrebbe finire."
Zenki sospirò. Ma non disse niente. Perché sapeva che frasi come "Devi provarci lo stesso, altrimenti non saprai mai come reagirà" non servivano affatto o non avrebbero fatto effetto, perché altrimenti io e mia madre non ci saremmo trovati in quella situazione.
"Chi è Keishin Ukai? Se me lo vuoi dire ovvio"
Mi piaceva la sua buona e gentile curiosità, come anche parlare con lui senza filtri.
"Il mio coach di pallavolo"
"Discuterai con tua madre per andarci?"
"Se non mi lascerà andare scappo di nascosto, tanto conoscendo il coach non penso che voglia fare le cose in grande." Le ultime parole famose.
Aprii l'invito e restai lì a fissare quel foglio.
"Ah." Dissi di getto.
"Cosa?"
"Sei invitato al matrimonio di Keishin Ukai e Mairoku Kina, mercoledì 4 Luglio alle ore 9:30, presso la chiesa Makimoto di Miyagi. A seguire, luogo del prossimo appuntamento: Villa Keritoki Washima, non mancare!...mmm credo che gli inviti per noi della squadra siano stati personalizzati" risposi leggendo il foglietto.
Zenki non prestò attenzione all'invito, stava guardando il joystick.
Quella villa era davvero maestosa e gigante, rimasi sorpreso dal luogo selezionato dal coach.
Più tardi chiamai Suga e mi confermò che anche gli altri avevano ricevuto l'invito...il "problema" era chiedersi se anche lui l'avesse ricevuto.
Nel dettaglio non pensavo che il coach sapesse di Tobio, ma anche se ne fosse stato a conoscenza l'avrebbe invitato comunque, conoscendo la sua maturità.
Scesi al piano di sotto e mi fermai davanti alla porta della cucina, dove mia madre stava preparando il ramen. Solo ora che mi fermavo ad osservarla attentamente notai alcuni cambiamenti palesi sul suo volto, ma in generale, lei era diversa.
La vedevo più magra, sempre più stanca ed esausta per via dei turni continui che faceva ogni giorno per permettersi il minimo indispensabile necessario a mantenerci.
A volte mi dispiaceva per lei, ma anche se avessi provato ad avvicinarmi mi avrebbe allontanato subito.
'Ora o mai più.' Pensai prima di entrare in cucina e rivolgerle la parola seriamente, dopo mesi che non avevamo una conversazione di più di venti secondi.
"Mamma-"
"Come vedi sono impegnata. Se cerchi la maglia nera di ieri, è nella lavatrice." Palese che rispondesse così.
"Mamma possiamo parlare per favore? Non ce la faccio più" risposi esasperato. Rimase immobile, di spalle, davanti ai fornelli, nelle mani stringeva una spatola e ne rafforzò la presa, si irrigidì.
"Tu non ce la fai più?" pronunciò quelle parole sottolineando il 'tu' come a dire "Non mi sembra che ti ammazzi di fatica come me, non ne hai il diritto" era per questo che, molte volte, mi passava la voglia di parlarle.
"Io non so che fare, vorrei parlarne e porre fine alla questione, ma non collabori" Si girò di scatto e mi guardò con uno dei suoi sguardi atroci.
"Io non collaboro? Mh e sentiamo quante volte in questi mesi sei venuto davanti alla porta di camera mia con l'intenzione di parlarmi ma non sei mai entrato? Credevi che non me ne accorgessi? Che stessi dormendo? Come posso dormire in pace avendo sulla coscienza un figlio che si caccia in cose pericolose? Hai ragione Shoyo, la prima settimana non avevo il coraggio nemmeno io di parlarti, perché mi hai fatto preoccupare, troppo. Quando il padre di Suga mi ha chiamato stavo per avere un infarto. DROGA? Ma che diavolo ti passa per la testa Shoyo?! Cosa ho fatto io per meritarmi tutto questo? Ma non vedi che viviamo solo grazie a dio e al posto di aiutarmi mi fai questo? Fammi capire vuoi vedermi nella tomba?-"
Si fermò improvvisamente e si sedette, non mi accorsi nemmeno di star trattenendo il fiato. Poi continuò.
"Sei l'amore della mia vita, l'unica motivazione per la quale tiro avanti, non riesco a sopportare di doverti perdere per i tuoi casini, non lo accetto."
Singhiozzò affannosamente mentre le lacrime rigavano il suo viso.
Rimasi zitto. Non dissi niente. Aveva ragione.
Ero stato un incosciente a salvare Tobio senza preoccuparmi di lei, mia madre. L'unica donna più importante della mia vita.
"Io..."
"Il padre di Suga mi ha già spiegato tutto. So le motivazioni, ma questo non ti giustifica affatto!"
"Mi d-dispiace..." fu tutto quello che riuscii a dire, prima di scoppiare in un pianto liberatorio.
"Mi dispiace di aver combinato quel casino. Scusami se sono incosciente, scusami se agisco senza pensare alle conseguenze, scusami se non sono abbastanza, mi dispiace di non essere un figlio modello, scusami se non ti do le soddisfazioni che vorresti, scusami se a volte sono scontroso, scusami se sono un disastro, mi dispiace per tutte le volte che ti ho fatto preoccupare...Io mi sento uno schifo...mi dispiace!" quasi gridai lasciando che il dolore trafiggesse le mie parole, mi sentivo inutile.
Non ebbi il coraggio di guardare mia madre negli occhi, di dirle "prometto che cambierò" perché in quella situazione non ne ero capace.
Volevo solo renderla felice e fiera, ma come potevo se stesso io mi reputavo un fallito?
"Oh Shoyo...perché non mi hai detto che ti sentivi così? Pensi che non possa capirti? Fidati, posso farlo più di chiunque altro, magari le persone possono abbandonarti o lasciarti da solo, ma io non smetterò mai di essere qui. Dalla tua parte. Sempre e comunque. L'unica cosa che mi fa rabbia è che non mi hai parlato di quello che stava accadendo tra te e quel ragazzo. Avrei dovuto ascoltare i tuoi silenzi che nascondevano segnali d'aiuto, mi dispiace, sono un fallimento anche come madre"
"NO! Se c'è un fallito in questa casa, sono io, scusami se ti ho fatto preoccupare, non volevo, scusami anche se non ho parlato con te..."
"Non azzardarti mai più a dire una cosa simile. L'importante è che finalmente sei venuto a parlarmi, beh con qualche mese di ritardo ma non fa niente. Però in cambio voglio solo una cosa: da oggi in poi mi devi dire tutto quello che ti succede, se vuoi non proprio nel dettaglio, se c'è qualcosa che ti preoccupa o ti fa stare male, dimmelo subito."
"S-sì"
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𝐈𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐦𝐢 𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞🕊 |𝐤𝐚𝐠𝐞𝐡𝐢𝐧𝐚|
Fanfiction|𝙍𝙀𝙑𝙄𝙎𝙄𝙊𝙉𝘼𝙏𝘼| -\𝙗𝙤𝙮 𝙭 𝙗𝙤𝙮/-(𝙠𝙖𝙜𝙚𝙝𝙞𝙣𝙖)~𝙨𝙢𝙪𝙩~/𝙛𝙡𝙪𝙛𝙛\[+18] 𝙐𝙣 𝙧𝙖𝙜𝙖𝙯𝙯𝙤 𝙖𝙣𝙖𝙛𝙛𝙚𝙩𝙩𝙞𝙫𝙤, 𝙛𝙧𝙚𝙙𝙙𝙤 𝙚 𝙘𝙤𝙣 𝙪𝙣 𝙨𝙚𝙜𝙧𝙚𝙩𝙤. 𝙐𝙣 𝙖𝙡𝙩𝙧𝙤 𝙖𝙡𝙡𝙚𝙜𝙧𝙤, 𝙘𝙪𝙧𝙞𝙤𝙨𝙤 𝙚 𝙥𝙞𝙚𝙣𝙤 𝙙𝙞 𝙫�...