Capitolo 27

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🔞

Hinata

Quei maledetti messaggi arrivarono.
Kiruzumi: Sabato 19:50 al Kaichou Disco Bar, non fare cazzate.

Molto probabilmente non si fidava di me però non era il momento per preoccuparsi di questo, il piano doveva proseguire.
Dopo aver detto il tutto a Suga iniziammo a prepararci e nonostante Kageyama non ci avesse scoperti, avevo la netta sensazione che qualcosa sarebbe cambiato.
Cioè non gli sfuggiva letteralmente nulla, figuriamoci una cosa così importante, però pensai in fondo che ero solo un bravo attore e che non avevo motivo per preoccuparmi.
Anche se i miei presentimenti non erano molto positivi dovetti inventarmi qualcosa per distrarlo in ogni caso. Non mi interessava se non sospettava nulla, volevo comunque essere sicuro.
Nonostante la mia mente focalizzata su di lui, dovevo togliermi un peso dal petto, che continuava ad opprimermi e a farmi stare male con me stesso, perché se anche gli avessi chiesto scusa, i sensi di colpa non sarebbero spariti così facilmente. Di chi sto parlando? Di Kenma.
Dopo mesi, scrissi a Kenma, che non mi parlò mai più dopo che ci lasciammo. L'avevo pensato spesso ultimamente, lasciarci in quel modo così affrettato non mi aveva mai dato il tempo di ragionarci su, dovevo chiedergli scusa e chiarire la situazione una volta per tutte.

Io: Ciao, tutto bene? Vorrei parlarti.
Non persi tempo a pensare a come formulare la frase, mesi e mesi che non ci rivolgevamo la parola e me ne uscivo con un 'vorrei parlarti', ero patetico ai miei stessi occhi ma non sapevo davvero cosa scrivergli.

Kenma: Shoyo, dimmi.

Aveva evitato la mia domanda.

Io: Sei libero giovedì? È una cosa importante
Kenma: Non lo so. È da tempo che non ci parliamo e non mi sembrerebbe una buona idea incontrarci.
Io: Capisco, vorrei comunque parlarti. Posso venire io?
Kenma: Come vuoi. Dimmi quando arrivi.

Poteva anche allontanarmi ma non sarebbe scappato così facilmente. Non era una cosa capitata a caso, mi ero sempre sentito in colpa per il modo in cui era finita, eppure una parte di me stesso voleva comunque ignorare tutto.
Dalla punteggiatura notai che era parecchio freddo e distaccato, scorsi i vecchi messaggi e rilessi alcune nostre conversazioni dove eravamo ingenuamente felici, di quel periodo ricordai che stavo cercando di ignorare Tobio e di passare quanto più tempo possibile con Kenma.

***
"Visto che oggi non abbiamo gli allenamenti, ti va di-" disse Tobio con un sorriso malizioso che dovetti togliergli subito poiché avevo già quell'impegno.
"Mi dispiace ma non posso, ho un impegno. Domani?" In un secondo il suo sguardo diventò sospetto.
"Quale impegno?"
Non so perché non glielo dissi, non che volevo tenerglielo nascosto ma era solo che...non ne vedevo la necessità?
"Devo andare da Kenma" spalancò gli occhi.
"Cosa? E perché?" rispose con tono infastidito.
"Sono stato io a cercarlo, dobbiamo parlare" cercavo di nascondere i piccoli dettagli.
"E di che? Da quant'è che non vi parlate e perché non me lo hai detto?" Cos'era un interrogatorio?
"Non sono cose che ti devono interessare e comunque non vedo perché avrei dovuto dirtelo" Usai il tono più calmo del mondo, si irritava facilmente.
"Io però non voglio che tu vada da lui." Rimasi un po' sorpreso. Era questo il sentimento chiamato 'gelosia'?
Quando ci arrivai riuscii a capire cosa provava e mi scappò una risata. Non riuscivo a credere che lui potesse essere geloso, nonostante fossimo fidanzati.
"AH! Ho capito, sei geloso. Ma non devi preoccuparti, tra di noi non c'è più niente."
"Io non sono geloso."
"Sì certo dillo di nuovo che magari mi convinci" risi di gusto e sorrise, era carino.
"Però-"
"Però niente, non c'è alcun motivo per essere geloso. Ho il treno alle quattro, devo andare." conclusi il discorso lì. Di sicuro se avessimo continuato avremmo iniziato a litigare.

***
Le strade di Tokyo non mi erano mai sembrate così vuote, anche se era un normale giovedì pomeriggio. L'umidità nell'aria e la sensazione di vuoto non davano affatto l'idea di essere in una stagione chiamata primavera.
"Il festival musicale sta per iniziare e c'è anche la mia band preferita, vieni anche tu?" sentii dire a un ragazzo dietro di me, stava invitando la sua probabile cotta a quel festival. Forse era questa la motivazione per la quale non c'era quasi nessuno per strada, chissà quali celebrità e ospiti importanti c'erano.
"Quindi sei davvero venuto? La cosa deve essere seria allora" E finalmente, dopo circa mezz'ora che aspettavo alla stazione, si presentò.
Era cambiato.
Si era tinto i capelli di nero ed era cresciuto in altezza, circa 1,75.
"C-ciao" dissi balbettando mentre lui era indifferente, quasi come se non mi conoscesse.
"Di cosa dovevi parlarmi?"
"Volevo chiederti scusa, dirti che mi dispiace, sono stato-"
"Se ti sei scomodato per dirmi queste cose allora puoi tornare indietro, già ne avevamo parlato."
Mi parlava con disprezzo ed era comprensibile, non mi scoraggiai lo stesso.
"Ti sbagli. Non mi sono mai scusato, non mi hai dato l'occasione di spiegarti meglio"
"Ma se non mi hai mai cercato, sono passati quasi due mesi e ti viene in mente solo ora?"
Pensava che fossi stupido e aveva ragione, ma che potevo farci? Ero fatto così e finché non mi avrebbe perdonato mi sarei sentito sempre colpevole, non che il suo perdono mi assolvesse da tutte le colpe, però era fondamentale per me.
"Sì ma hai parlato solo tu. È successo tutto troppo in fretta-"
"Che cosa vuoi Shoyo? Vuoi che ti perdoni?"
"No io voglio sapere come ti sei sentito, se-"
"Sei serio? Come avrei dovuto sentirmi? Cosa faresti se di punto in bianco Kageyama ti dicesse che mi ha baciato? Ti sentiresti bene? Inizialmente ci sono stato male perché prima di tutto eravamo amici, poi ho capito che non mi meriti e che io non merito uno come te. Kuroo mi ha fatto ragionare, pensa che sei tossico, non volevo dargli ragione ma a quanto pare è vero. Volevi sapere questo?"
Quanto disprezzo e odio che emanava, rimasi pietrificato, non si scompose un attimo.
"Io- mi disp-"
"Non me ne faccio nulla delle tue scuse. Ho sofferto e l'ho nascosto, non te ne ho mai parlato perché come ho detto, è passato. Hai nient'altro da dirmi?"
"No" Non mi guardò nemmeno per sbaglio, poi concluse dicendo:
"Bene, allora vado. Ti auguro di essere felice Shoyo, ma in realtà no. Anzi mi correggo, ti auguro il doppio del dolore che mi hai causato." E se ne andò.
Era cambiato, ovvio che lo era.
Come se fosse un'altra persona.
Quella non era tristezza, ma cattiveria.
Non lo giudicavo, però non accettavo il suo grande odio nei miei confronti.
Non riuscirei mai ad augurare dolore alle persone che una volta mi hanno reso felice, a quanto pare lui sì.
Nemmeno con me mostrò mai il suo lato peggiore e quel giorno capii il perché.
Mi fece stare male talmente tanto che nel viaggio di ritorno vomitai nel bagno del treno per quattro volte.
"Anima e corpo sono collegati" diceva mia nonna. "Quando l'anima soffre, il corpo ne risente" e non c'è cosa più vera.
Quel pomeriggio Tobio mi chiamò circa dieci volte. Non risposi mai.
"Mi hai fatto preoccupare, perché non hai risposto alle chiamate?" Ormai ritrovarmelo in casa era quasi diventata un'abitudine. Ero esausto e non avevo voglia di parlare con nessuno.
"Tobio per favore non è serata, ci vediamo domani a scuola" Lo stavo indirettamente cacciando, non volevo manco parlarne con lui.
"Cos'è successo?"
"Niente, sono stanco ora, penso che andrò a dormire-"
"Mi stai mentendo, qualcosa è successo per forza. Avanti, parla"
"Sei sordo? Niente, non è successo niente, abbiamo solo parlato. Dai seriamente, è tardi, dovresti andare."
"E allora perché hai gli occhi rossi e lucidi? Non sono stupido"
Pensavo che il rossore fosse passato, invece era piuttosto evidente, perfetto.
Mi ero innervosito, volevo solamente un po' di pace e lui mi tempestava di domande, ad alcune non sapevo neppure rispondere.
"Devi andare ora, ci vediamo domani." Cercai di contenermi perché odiavo litigare con lui, ma quando superava il limite non riuscivo a ragionare nemmeno io.
"Perché non mi dici la verità? Me ne vado ma dimm-"
"Ma cosa non capisci? Ho detto che sono stanco! Saranno anche cazzi miei quello che è successo non pensi? Quindi per favore, vattene!"
E sì, sclerai pentendomene amaramente l'attimo dopo. Mi sentivo tremendamente in colpa.
Pensai che volesse addirittura lasciarmi, solitamente non ero mai così scontroso ma capitavano alcune volte in cui solo lui riusciva a far prevalere il mio altro lato.
"È così che stanno le cose?" chiese senza lasciar trasparire nessun tipo di emozione.
"Mi dispiace io-"
"Stai zitto." Mi tirò a lui e mi baciò scompigliandomi i capelli che quasi mi coprivano gli occhi, non me lo sarei mai aspettato.
Ghignò quando mordicchiai il suo labbro inferiore, non ne avrei mai avuto abbastanza. Se l'attimo prima riusciva a farmi diventare un mostro, quello dopo mi rendeva un angelo tale da fare invidia ai santi. Perché lui era così, perché io ero così. La stanchezza se ne andò subito, proprio perché lui mi conosceva bene e sapeva come fare.
Mi stravolgeva senza accorgermene e in questo modo era facile farmi cambiare umore.
Ansimai quando la sua mano scivolò nei miei pantaloni, lo prese in mano e iniziò a fare movimenti delicati quanto eccitanti, mi leccò l'orecchio sinistro e prima che metabolizzassi la situazione, lo vidi con il mio membro in bocca.
Non ebbi il tempo per paralizzarmi, perché lo succhiava così bene che sarei venuto in cinque secondi. Gemetti, ansimai, quasi urlai e piegai la schiena dall'immenso piacere che mi stava dando. Misi le mani fra i suoi capelli e iniziai a dimenarmi, li tirai pensando per un attimo di avergli fatto male e urlai il suo nome.
"T-Tobio fermati perché-"
"A me sembra che ti piaccia invece." Glielo avevo sempre succhiato io, ma quel gesto non mi dispiacque affatto.
Un infinito di emozioni percorreva il mio corpo, non solo mi fece sentire così bene perché era una cosa che generalmente dà piacere, perché era lui a farmelo, e ci metteva energia, frenesia, così tanta che venni e pure tanto, ma non ingoiò.
"Perché l'hai f-fatto?" dissi con un filo di voce, mi aveva risucchiato tutto, letteralmente.
"Perché mi andava, semplice."
"Ma n-non sapevo che ti piacesse-"
"Ho detto, che mi andava."
Era sottointeso come a dire 'non dire un'altra parola, mi andava punto e basta.' E sorrisi in silenzio, presto però mi resi conto che anch'io dovevo darmi da fare per la sua grande ed evidente erezione.

𝐈𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐦𝐢 𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞🕊 |𝐤𝐚𝐠𝐞𝐡𝐢𝐧𝐚|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora