5.ti aiuto io, che ne dici?

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-"È pronto?" il ragazzo biondo, o meglio 'spalle larghe' soprannominato da me medesimo in modo molto originale, mi chiama mentre sto ancora cercando di alzarmi da questa sottiletta per andare a prepararmi per il processo.

Ieri è stato un incubo, tutto il giorno in questo buco senza, in pratica, nessuno.
Anzi togliamo 'in pratica', non potevo telefonare a casa e quel pezzo di merda di Styles non è venuto nemmeno a sapere se non mi ero impiccato durante la notte.
Non si merita neanche di respirare vicino a me.

Appena metto piede fuori la centrale prendo un respiro, neanche dovessi fare un'ora in apnea. Mi era mancato il freddo pungente di Gennaio, mi erano mancati i clacson e tutto il traffico di Londra, posso dire che mi era mancato il mondo esterno davvero in modo morboso.

A dire la verità, sono stato più tempo chiuso in casa senza uscire, magari anche per mesi interi. Ma perché ero io a volerlo, perché avevo bisogno di chiudermi nella mia bolla lasciando tutto all'esterno, perché avevo bisogno di respirare e magari staccare la spina da tutto, invece quando qualcuno ti impedisce di fare qualcosa, beh ragazzi è li che la voglia di farla cresce.

La gente che corre frenetica in mezzo ai marciapiedi, le macchine con i conducenti spazientiti dagli incapaci che hanno preso la patente con i punti della spesa, sorrido a tutto questo caos, a tutto questo che urla 'normalità' una parola che desidero torni a regnare nella mia vita.

Mi fanno entrare in una macchina dai sedili di pelle nera e dai vetri oscurati ma che comunque permettono la vista verso l'esterno, una macchina della polizia, con tanto di sirene spente sul tetto, gli alberi che corrono dietro di noi insieme a le case mi fanno sorridere, nonostante l'ansia pesi sul petto come un macigno. Poco dopo, tempo che non riesco a decifrare, siamo davanti al tribunale provinciale e quella struttura incombe prepotentemente su di me come se volesse schiacciarmi.

Mi lasciano entrare senza restrizioni solo con un poliziotto accanto, in modo che io non possa fuggire, immagino. Le pareti sono contornate da quadri di paesaggi anch'essi contornati a loro volta da una sottile filatura in oro. Sono circondato da tutto questo sfarzo, che davvero mi fa salire il vomito.

Passo davanti a uno sportello informazione, quasi una reception come negli hotel, sono in procinto di fermarmi ma invece la sorpassiamo senza ricevere replica.
Il giovane addetto alla mia sorveglianza mi fa segno di seguirlo per un altro corridoio altrettanto sfarzoso e così faccio, lasciando cadere ogni tanto il mio sguardo sul suo fondoschiena.

Dimmi che stai scherzando.

Mi mordo il labbro cercando di tacere almeno per questa mezz'ora, ma alla fine rinuncio allo sforzo enorme per dedicare fatica e sudore a fare del mio meglio durante il processo.

Per un momento penso a come sarà trovarsi davanti a una giuria, davanti a un giudice e davanti alla famiglia del biondo, non mi sono posto il problema fino ad adesso a dirla tutta.
Mi odieranno, mi guarderanno con schifo pensando che il figlio fosse migliore di me, che non meritasse quello che è successo.

Non mi aspetto pietà, non mi aspetto neanche comprensione, posso immaginare quanti occhi avrò contro durante quest'ora. Spero solo di cavarmela con un paio d'anni al massimo, una cosa non troppo pesante. Da quando in qua sono cosi pessimista? Non ne ho idea, davvero. Pensavo di poter risolvere tutto ma la consapevolezza della mia cazzata mi sta piombando addosso, come un aereo in rotta di collisione, non dandomi il tempo di metabolizzare a una possibile alternativa.

-"Signor Tomlinson" vengo riportato con i piedi per terra da una voce profonda, quanto armoniosa, alzo gli occhi per incontrare quelli verdi del signor Styles che mi invitano ad entrare nella stanza dalla quale lui stesso si sta affacciando. La guardia mi lascia andare, senza seguirmi ma rimanendo nei dintorni. Subito dopo aver aperto la porta, mi alzo la manica del maglione e entro, ritrovandomi Harry che rilegge dei fogli seduto a fianco di una scrivania.

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