38.eppure non eri qui.

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Avete mai provato quella sensazione di vuoto? Quella brutta sensazione che vi fa sentire in gabbia, come se non ci fosse una via d'uscita, come se tutto fosse rinchiuso nella vostra persona, come se tutto quello davvero importante fosse troppo lontano per raggiungerlo? Avete mai sentito il cuore spezzarsi pensando alla persona che amate quando è così lontana da voi? Avete presente quando iniziate a camminare per poi rendervi conto di essere rimasti nello stesso punto fino ad adesso? Oppure nuotare verso il fondo per poi dover risalire prima di esserci riusciti, perché vi manca ossigeno.

Ecco come mi sentivo, come se mi mancasse l'aria, come se quella corsa fosse durata un eternità e io mi trovassi sempre nello stesso fottuto punto, come se non avessi più il mio cuore, vorrei che Harry se lo fosse preso tutto senza lasciarne nemmeno una parte. Vorrei che l'avesse preso per tenerlo al sicuro e per proteggerlo, per salvarlo da quello che è diventato adesso. Mi sentivo vuoto, sbagliato, colpevole, sporco, non mi sentivo me stesso, anche se adesso va meglio. Adesso non sento più niente, adesso il vuoto è diventato la normalità, adesso ho smesso di correre ed adesso ho smesso di respirare. Per il cuore è diverso, non ho smesso di amare, non credo di esserne capace, non credo di riuscire a cancellare Harry e infatti non l'ho fatto. Ho semplicemente smesso di sentire. Quindi quell'amore ci sarà sicuramente, sarà ancora lì, ma ad adesso io non sento niente.

-"Tomlinson hai visite" sono passati quasi tre mesi, tre mesi equivale a dire un sacco di tempo, equivale a dire tredici settimane, novantuno giorni e duemila centonovanta ore. Duemila centonovanta ore dove non tutto è andato a gonfie vele. Dove, anzi, tutto è andato a puttane, dove avrò visto mia sorella si e no due volte e dove Harry non si è fatto mai vedere, dove mi sono sentito la feccia della situazione e dove l'idea di essere sul serio colpevole mi ha accarezzato la mente tante volte. Tre mesi dove sensi di colpa e rimorsi mi attanagliavano lo stomaco giorno e notte impedendomi a volte di respirare. Ho imparato così tante cose stando in prigione, delle cose che venivano raccontate solo nei film ma che non sono poi così diverse dalla realtà. Mani che si allungavano un po' troppo, sguardi che pesavano sulla pelle peggio di un marchio a fuoco e botte che lasciano i segni, non solo esternamente.

Mi tiro in piedi nonostante la schiena dolorante e le gambe che tremano. Ci metto un secondo a stabilirmi ma quando trovo l'equilibrio vado verso la porta dove la guardia mi afferra bruscamente e mi porta verso la sala dove si svolgono le visite. Mi guardo intorno, con sguardo perso e con il nulla che mi continua a girare nella testa, mi sento svuotato, come se nulla avesse più peso nella mia vita, come se nulla fosse più importante e come se io non avessi più importanza. Sono un corpo senza anima, o meglio con un'anima macchiata, lacerata e strappata, rotta.

Entriamo nella sala e posso vedere la sagoma del riccio che si tortura le dita in uno stato ansioso, lo vedo, sempre lo stesso, con gli stessi ricci che gli cadono sul viso e con gli stessi occhi verdi che fanno invidia alla più rara delle gemme. Lo vedo, per un attimo mi sembra di esplodere ma poi tutto si spegne e questa cosa mi fa paura portandomi a fermare i miei passi, lo vedo bellissimo come sempre anche se sconvolto, con i capelli scompigliati come piacciono a me, ma non sento niente, il mio cuore rimane fermo. Le mie mani si stringono in due pugni e le mie spalle rimangono contratte e tese, i miei occhi incontrano la sua figura ma continuano a rimanere spenti. Persino la sua presenza che mi faceva bruciare al solo sguardo, non mi fa più nessuno effetto, non sento niente se non un freddo constante. Non ero affettivamente pronto ad essere spento in questo modo eppure guardatemi adesso, a mantenere lo sguardo perso nel vuoto mentre mi fanno sedere davanti all'amore della mia vita. Non voglio essere questo, voglio sentire qualcosa, voglio piangere, voglio amarlo adesso che è qui.

Il suo sguardo si posa su di me appena entro nel suo campo visivo e continua a osservarmi mentre io invece, rimango impassibile anche quando sgrana gli occhi e deglutisce pesantemente. Mi siedo difronte a lui e prendo la cornetta del telefono appeso alla mia destra per poi portarmela all'orecchio serio come non mai, gli occhi bruciano e le mani fremono, ma la mia faccia rimane atona, liscia e dura nei suoi confronti. Lo vedo ancora fermo nella sua posizione, incantato, mentre un velo di lacrime si posa sui suoi occhi, stanchi e contornati da dei cerchi neri.

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