39.avrei capito che poteva essere tutto più semplice.

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Ho mai detto quanto ami le mie sorelle? Sicuramente si, ma non è mai abbastanza. Amo tutto di loro, dai loro difetti ai loro pregi. Amo Charlotte, amo le sue urla alle otto del mattino, i suoi trucchi nascosti nel mio bagno, i suoi pancakes la mattina e il suo sorriso ogni volta che sono giù di morale. Amo Daisy con ogni sua insicurezza, con i suoi modi permalosi e con la sua strana passione per il colore viola, con tutti i suoi abbracci e con la smania di toccarmi i capelli prima di addormentarsi. Amo Phoebe con i suoi attacchi di pianto per cose inutili, con la sua dolcezza e i suoi giocattoli sempre sparsi per il corridoio, con le sue attenzioni per i dettagli e il futuro da make-up artist.

Le amo perché sono loro, le amo perché sono le uniche persone per cui penso che ne valga la pena lottare, perché mi vogliono bene per quello che sono senza filtri ne maschere, perché anche quando mi sento schiacciato, inutile e superfluo ci sono loro a ricordarmi che per qualcuno sono importante. Ci pensano loro a ricordarmi chi sono e a portarmi di nuovo a casa, ci pensano loro a farmi sentire meno solo e un po' più Louis.

Ed è per questo che mi sento in colpa, ed è per questo che con loro l'essere uno stronzo senza cuore non funziona. Perché loro sono il mio punto debole, un punto debole ancora più debole e prominente di Harry.

-"Lou smettila di tormentarti, capiranno" la mia mano picchietta contro il legno del tavolino, bisognosa di oltrepassare quel vetro e stringere la mano di mia sorella, vorrei davvero tanto farlo.

-"È il secondo compleanno di fila che mi perdo Lottie, non capiranno anche perché tu non potrai dirglielo." sussurro guardandola di sbieco e sperando di mettere il mondo in pausa per cercare una soluzione. Mettere il mondo in pausa perché sta andando tutto una merda, perché non è così che doveva andare.

-"Per motivazioni più che sufficienti, gli spiegherò in qualche modo che tu non sei li non per tua scelta. Smettila di commiserarti, non è colpa tua e le gemelline capiranno." ribatte in tono solenne mentre continua a stringere la cornetta con insistenza tra le dita.

-"Hai deciso cosa organizzare?" domando posandomi con la testa sopra al palmo della mano, sentendo un peso sullo stomaco perché meritano di meglio e perché darei la vita per rivederle.
-"Volevamo sentire la mamma anche di Jimmy e Georgia, semmai avevamo preventivato al parco. Almeno possono sfogarsi e giocare." sorrido nell'immaginarmi la scena, di loro due che sorridono mentre Lottie gli scatta le foto, loro due che corrono, che ridono e giocano ad acchiapparello.

-"Vorrei tanto essere li con voi, vorrei essere dall'altro lato con te per aiutarti" sussurro alzando lo sguardo sui suoi occhi chiari e la vedo scuotere la testa sorridendo e stringendo gli occhi quando gli diventano lucidi.

-"Smettila, non è colpa tua. Tra poco uscirai di qui e poi rimpiangerai la vita qui dentro" ridacchia cercando di alleggerire la tensione, ma per quanto apprezzi lo sforzo non è stato molto utile e soprattutto ha fatto l'esempio sbagliato. Non penso che rimpiangerò mai questi tre mesi, non penso che riuscirò mai a preferire questo a qualcos'altro.

-"Cazzo...Louis?" non mi ero accorto di aver tenuto lo sguardo basso, non mi ero accorto di essermi estraniato di nuovo continuando a navigare nei miei pensieri.
-"Si sono qui, ti ascolto." lei per la prima volta, da quando ha messo piede qui dentro mi osserva con quegli occhi, con gli occhi senza veli, senza protezioni. Mi osserva il taglio sul sopracciglio, gli occhi stanchi e cerchiati dalle occhiaie tendenti al rosso, lo zigomo livido e le labbra screpolate. Mi osserva mentre gli occhi le diventano lucidi e adesso ringrazio questo vetro che fino a poco fa volevo solo spaccare, lo ringrazio per nascondere la mia schiena ricurva e per nascondere le gambe che continuano a tremare.

-"Harry è venuto a parlarti?" domanda cambiando di nuovo discorso e tentenno a rispondere, se non fosse per lo sguardo che rivolgo all'orologio notando come il nostro tempo stia finendo.

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