13. "Un eccesso di compagnia"

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Andrea non è mai stato un tipo casalingo ma, a dire la verità, non ne ha ancora capito il motivo.

Sicuramente, l'aver vissuto i momenti peggiori della sua vita tra le mura domestiche e l'essersene andato troppo presto, hanno fatto la loro parte nel creare questo suo "rifiuto", che non riesce ad ignorare.

Quando resta solo in casa si sente quasi prigioniero e, pur volendolo, non riesce a convivere con questa sensazione.
Di solito, appena le pareti si fanno troppo strette, esce a camminare senza una meta precisa, ascoltando il suono dei suoi passi e i dialoghi dei ragazzi nei bar, lasciandosi cullare dalla vita tranquilla degli altri ed immaginandola anche per se stesso.

Anche oggi le sensazioni sono le stesse e, per cercare di scacciarle, l'unico antidoto è una passeggiata per le vie di San Basilio.
Stavolta, però, a differenza degli altri giorni sa benissimo dove andare.

Niccolò, dopo la sua "confessione" del bar, lo ha portato in un parcheggio poco lontano dal locale, raccontandogli quella grande storia di amicizie e dolori che si è consumata tra quei muretti e le linee sbiadite sull'asfalto.

Gli ha parlato dei suoi amici, descrivendoli uno per uno e permettendo ad Andrea di immaginarli abbastanza bene, gli ha spiegato i motivi del loro allontanamento e, cosa più importante, gli ha permesso di venirci quando vuole, promettendogli che lì troverà sempre qualcuno pronto ad ascoltarlo.

E infatti, è proprio quella di Niccolò la figura appoggiata al cofano di una macchina, accanto a quella di Gabriele.
Lui e il moro hanno già dimenticato il passato, e sono tornati amici come un tempo.
Niccolò credeva che avrebbe dovuto fare i salti mortali per riacquistare la fiducia della sua comitiva ma, a quanto pare, non è andata così.

Andrea, contento di aver già trovato qualcuno con cui passare il pomeriggio, li raggiunge di corsa e saluta Niccolò, rivolgendo un cenno del capo imbarazzato a Gabriele.
Non ha ancora avuto modo di conoscere le persone con le quali il moro è praticamente cresciuto, e non avrebbe di certo voluto interrompere la loro uscita presentandosi così, senza preavviso.

"Ciao Andrea. C'è anche Gabriele, non è un problema?"
lo saluta Niccolò, tranquillizzando all'istante e facendogli capire che la sua presenza non da alcun fastidio.

"Figurati.. piacere, Andrea"
si presenta il biondo con un sorriso, subito ricambiato da Gabriele che, felice di averlo conosciuto, si abbassa sulle ginocchia e prende una bottiglia di birra dal cartone sotto ai suoi piedi.

"Quindi te devi essere il famoso amico di sto deficiente...ti devo ringraziare, se aspettavamo lui non lo vedevamo più"
dice il riccio ridendo e meritandosi un'occhiataccia da parte di Niccolò, anche se, alla fine, non ha tutti i torti.

Se Andrea non avesse insistito così tanto nel voler conoscere meglio Niccolò, probabilmente adesso sarebbero entrambi più persi e, inevitabilmente, più soli.

Dopo quella considerazione fatta nella più totale amicizia e qualche sorso di birra, la parlantina del biondo si fa decisamente più sciolta e rilassata.
Quasi si stupisce di come riesca ad esprimersi facilmente in presenza di una persona che fino a poche ore prima esisteva solo nei racconti di Niccolò, e, soprattutto, è rimasto sorpreso dalla gentilezza di Gabriele nei suoi confronti.

Con il passare dei minuti comincia a non prestarci più attenzione, almeno finché i loro discorsi non vengono interrotti da Adriano, arrivato come al solito in ritardo al loro e, ovviamente, inconsapevole della presenza di una new entry nella loro compagnia.

"Guarda che bastardi, manco m'aspettano"
ironizza togliendosi i guanti e lanciandoli all'interno della macchina, per poi avvicinarsi ai suoi ed accorgersi di Andrea, che non ha partecipato allo scambio di battute che ha seguito il suo arrivo.

Dubbioso lo squadra dall'alto in basso e si volta verso i suoi amici, richiedendo delle spiegazioni da parte loro.

"Lui è Andrea, l'ho conosciuto un mesetto fa e abbiamo fatto amicizia...Andrea, lui è Adriano"
chiarisce Niccolò presentandoli a vicenda, senza sapere che, con le sue parole, ha appena scatenato la rabbia del suo migliore amico.

"Vedo che c'hai messo poco a trovarme un sostituto"
osserva Adriano portando le mani in tasca ed alzando lo sguardo verso il moro, che nell'ascoltare la sua risposta si immobilizza, confuso.

"Ma non dire cazzate Adrià"
risponde infatti ridendo nervosamente, convinto che il riccio che il riccio abbia pronunciato quella frase con ironia, e non con estrema serietà.

"Pensavo di non essere la tua seconda scelta"
continua però Adriano stringendosi nel cappotto e calciando un sassolino con la scarpa, abbassando leggermente il tono di voce.

Non sa perché l'abbia presa così male, ma non gli importa un granché.
Credeva che sia lui che Niccolò fossero rimasti soli dopo il loro litigio, e non riesce a farsi andare bene il contrario.

"Eddai Adri, ma ti senti quando parli? Ti conosco da vent'anni e sei il mio migliore amico, che cazzo di seconda scelta vuoi essere?"
domanda Niccolò sempre più disorientato, senza riuscire a capire dove abbia sbagliato.

Anche Gabriele e Andrea non riescono a capire il perché del comportamento del riccio, e li ascoltano perplessi, uno con la birra a mezz'aria e l'altro con la sigaretta che si consuma tra le dita.

"Però intanto ti sei trovato qualcun altro prima di venire da me"
obietta Adriano sempre più innervosito da quella conversazione, passandosi una mano tra i capelli e facendo finalmente comprendere a Niccolò l'origine dei suoi problemi.

"Che, non posso avere un amico che non sia tu? Che discorso del cazzo Adrià"
ribatte il moro, stupito e infastidito dai modi di fare quasi cattivi dell'amico, che non si addicono per niente a uno come lui.

"Non quando io sono stato sette mesi da solo ad aspettarti"
continua Adriano imperterrito, liberandosi di quel rancore nei confronti di Niccolò che, nonostante la loro tregua, non è ancora riuscito a mandare via.

"Potevi anche venire tu da me, non te lo vietava nessuno"
protesta però il moro, appoggiando un po' troppo violentemente la sua bottiglia a terra, sotto lo sguardo atterrito ed immobile degli altri due.

"Anche se fossi venuto ci stava già 'sto stronzo, mica stavi da solo. E..e dopo quello che mi hai detto pensavo non mi volessi nemmeno vedere."
termina il riccio quasi con cattiveria, riuscendo perfettamente a far sentire in colpa Niccolò.

"Adrià...t'ho già chiesto scusa in tutte le lingue del mondo, che cazzo devo fare ancora?"
si difende il moro abbassando lo sguardo, mortificato da quelle parole ma ancora desideroso di resistere più dell'amico, per non dargli ragione.

Adriano resta in silenzio qualche istante, prima di indossare nuovamente i guanti e gettare un'occhiata delusa ai suoi amici.

"Niente, non fare niente."
risponde rassegnato, sperando in alcune parole di conforto da parte di Gabriele che, però, non arrivano.

Ancora più innervosito di prima li saluta con un cenno del capo e borbotta qualcosa, prima di girare i tacchi ed andarsene via.

Andrea, che fino a quel momento è rimasto immobile, incapace di intervenire, ritrova la parola, rivolgendosi preoccupato a Niccolò.

"Cazzo Nic, scusa. Io.."
incomincia a dire, ma viene subito bloccato dal moro che, nonostante fatichi a riprendersi, sa benissimo che Andrea non ha nessuna colpa.

"Mica è colpa tua. Non so che cazzo c'ha in testa certe volte.."
lo giustifica stringendosi nelle spalle, ma le sue parole non riescono a convincere del tutto Andrea.

"Non l'ho mai visto così"
concorda Gabriele avvicinandosi a loro e scuotendo la testa con un sospiro, stupito e confuso.

Andrea sospira, ma non riesce a togliersi dalla testa le parole di Adriano.
Prova a restare lì ancora per un po', ma non ce la fa: si sente il cattivo della situazione, e non regge l'idea di aver causato altri problemi al moro.

Con una scusa riesce a liberarsi dallo sguardo dispiaciuto di Niccolò e ad andarsene da quel parcheggio il più in fretta possibile, forse con l'intenzione di non tornarci più.
Non vuole essere sempre lui a rovinare tutto, e se l'unico modo per fare star bene le persone che ha attorno è allontanarsi da loro, allora lo farà.

Che poi, per lui, stare da solo è già un eccesso di compagnia.

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