Il tintinnio delle posate contro i piatti è l'unico rumore presente in cucina, che fa da sottofondo al pranzo silenzioso di Niccolò e Anna.
Finalmente è riuscita a convincere suo figlio a mangiare con lei, convinta di tirarlo un po' su di morale, ma non ha funzionato.
Lui, che prima mangiava anche il tavolo, ora si ritrova a spostare gli spaghetti da un lato all'altro del piatto, con quel senso di nausea che gli impedisce di mandare giù anche solo un misero boccone.
Anna prova a non farci caso, ma poi si costringe ad aprire quel discorso che, fino ad ora, è rimasto fermo a un semplice cenno del capo per salutarsi a vicenda.
"Non ti va?"
domanda accarezzandogli dolcemente il braccio, che però il moro ritrae subito, quasi spaventato."Non tanto."
risponde lui dopo alcuni istanti di silenzio, per poi obbligarsi ad ingoiare almeno una forchettata di quella pasta ormai troppo fredda, cercando di non cedere alla tentazione di correre in bagno a rigettare ogni cosa."Lascia stare. Ormai è fredda."
dice però Anna sospirando e scuotendo la testa, gesto che serve solamente ad aumentare il senso di colpa presente nel cuore di Niccolò."Vuoi dirmi cosa c'è?"
aggiunge poi avvicinandogli una mano al viso e sollevandogli piano il mento, obbligandolo a compiere un'azione che, da un bel po' di mesi a questa parte, cerca di evitare come la peste.È sempre stato restio a mostrare i suoi occhi agli altri, ma ora ne ha davvero paura.
Non vuole che la gente veda quello che ha dentro, quella rabbia interiore e repressa che rispecchia appieno ogni cosa che ha perso.Anna, infatti, non appena scopre le iridi cerchiate di rosso del ragazzo, le occhiaie scavate dalla notte trascorsa in bianco e gli occhi completamente vuoti, che non lasciano trasparire alcuna emozione, si spaventa.
Le parole che aveva intenzione di rivolgergli le muoiono in gola, mentre scosta lentamente la mano dal mento di Niccolò e la riporta sconfitta sul tavolo, accanto al tovagliolo.
"Scusa.."
sussurra il moro distogliendo lo sguardo da quello di sua madre e stringendo i denti, per poi alzarsi ed uscire dalla stanza, con un nodo allo stomaco impossibile da sciogliere.
Non vorrebbe farla stare male, per nulla al mondo, ma a quanto pare è l'unica cosa che sia davvero in grado di fare.La donna sospira e si porta le mani tra i capelli, cercando di non scoppiare a piangere.
Non è mai riuscita a capire fino in fondo quello che passa per la testa di suo figlio, ma ora è davvero troppo.
Non sa più da che parte sbattere la testa per farlo stare meglio.
Spera soltanto che l'incontro con uno psicologo programmato per il pomeriggio, l'ennesimo in pochi mesi, sia in grado di dargli quell'aiuto che i suoi genitori, a quanto pare, non sono ancora riusciti dargli.Niccolò intanto è sdraiato sul letto, con gli occhi chiusi e le mani abbandonate sul materasso.
Chiude lentamente le dita attorno al lenzuolo e lo stringe con forza, cercando di calmarsi.
Si odia per tutti gli sbagli che fa.
Non sopporta più questo dolore che ogni giorno gli stringe di più lo stomaco, vorrebbe...vorrebbe solamente liberarsene e scappare via.
Andare lontano.
Sentirsi compreso, accettato, e poi chissà, addirittura amato.Non va a scuola da un po', ma ricorda perfettamente quanto facevano male le frasi taglienti pronunciate dagli altri nei suoi confronti, forse anche più di quei quattro pugni che riceveva ogni tanto.
Sorride amaramente al pensiero di cosa direbbero se sapessero che sta per andare ancora una volta da uno psicologo, ma arriva alla conclusione che, meno persone lo riconoscono nel tragitto, meglio è.
A fatica si alza dal letto e getta uno sguardo all'orologio, per poi spostarlo sul suo abbigliamento.
Decreta che sia perfettamente adatto ad uscire, soprattutto grazie a quel cappuccio che lo nasconde dagli occhi del mondo, rendendolo un ragazzo come tanti.Lo rende un puntino tra mille facce tutte uguali, di quelle che vedi per strada e che non ricordi mai.
~~~~~~
Niccolò cammina veloce, senza mai alzare gli occhi dal marciapiede.
Alcune gocce di sudore gli inumidiscono la fronte e la temperatura all'interno dei vestiti sta aumentando sempre di più, ma lui continua per la sua strada, avendo come unico obiettivo quello di raggiungere lo studio medico il prima possibile.I suoi piani, però, vengono interrotti da uno scoppio di risate femminili.
Nel sentirle alza impercettibilmente gli occhi da terra, quello che basta per capire a chi appartengono, e si immobilizza all'istante.Chiara sta ridendo a crepapelle tra le braccia di un ragazzo castano, che non perde tempo a far unire le loro labbra e ad appoggiare la fronte sulla sua spalla, chiudendo gli occhi ed inspirando il suo profumo.
È un gesto chiaro, imprescindibile e, agli occhi Niccolò, insopportabile.Preso da una gelosia che non sa spiegarsi e che, soprattutto, non dovrebbe più provare, attraversa di corsa la via e si ritrova di fronte a loro, attirando l'attenzione di entrambi.
Il castano lo guarda confuso, mentre Chiara sobbalza e scuote la testa, sperando di riuscire a mandarlo via."Chi è questo Chiarè? Lo conosci?"
domanda il ragazzo nel notare lo strano comportamento della fidanzata, indicando Niccolò con un cenno del capo.
Quest'ultimo si appresta a rispondergli a tono, ma c'è qualcos'altro che attira la sua attenzione.
Guarda Chiara, e si rende conto del disprezzo presente nei suoi occhi.
Non lo vuole nemmeno vedere, si vergogna di lui.Nel prendere coscienza di questo dettaglio stringe i denti e cerca di allontanarsi, ma non fa abbastanza in fretta.
Senza volerlo, tra un passo e l'altro, riesce ad afferrare la risposta di Chiara, ma forse avrebbe preferito non averlo fatto."No, Teo...nessuno."
Quest'ultima e all'apparenza semplice parola smuove qualcosa in Niccolò, qualcosa che era rimasto fermo per troppo tempo.
I suoi passi lenti si tramutano in poco tempo in una corsa, mentre alcune lacrime, finalmente libere di scappare, gli bagnano le guance.Si dimentica dell'appuntamento con lo psicologo, mentre le sue gambe lo conducono istintivamente verso il suo posto preferito, quello che ha sempre tenuto nascosto a tutti.
È un po' il suo rifugio, il luogo in cui va quando non sa più dove fuggire.Si tratta di un cortile situato tra due case ormai abbandonate da tempo, molto vicino all'autostrada che passa accanto al suo quartiere.
Il rumore dei suoi pensieri e lo sfrecciare delle macchine sovrastano quello dei suoi singhiozzi, che ormai si fanno sentire fin troppo violentemente.Si accascia a terra, con la schiena appoggiata ad un muretto e la testa nascosta tra le ginocchia.
Non era nemmeno sicuro di amare Chiara, ma con lei stava bene, o forse credeva di sentirsi così.
La sua testa è una confusione unica, ed è difficile capirci qualcosa.
Non sa cosa sente, non lo capisce più.Appoggia le mani a terra e strappa un ciuffetto di fili d'erba, gettandoli qualche metro più in là.
È arrabbiato.
Con sé stesso o con il mondo? Non sa nemmeno questo.Dopo essere riuscito a calmare i singhiozzi alza lo sguardo, e nota una figura appoggiata ad un albero poco più avanti.
Appurando che non si tratta di nessuno dei suoi amici tira un sospiro di sollievo, anche se lo infastidisce l'idea che qualcun'altro sappia dell'esistenza del suo rifugio.Eliminando in partenza l'idea di avvicinarsi a lui scuote la testa e si dirige lentamente verso la strada, il tutto con una cautela decisamente inutile: è sicuro che quel ragazzo lo abbia visto piangere, ma non ha alcuna importanza.
Si chiede solamente quali possano essere stati i suoi pensieri nel vederlo ridotto in quello stato, mentre cammina a passo svelto verso casa e sceglie un'altra strada rispetto a quella in cui, mezz'ora o forse un'ora prima, ha visto Chiara vergognarsi di lui.
Vergognarsi e, come tutti, non riconoscerlo più.
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|| 𝐀 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐭𝐞 ||
FanfictionL'amore. L'amore non ha formule, l'amore non ha né regole né mezze misure. L'amore succede, e basta. Qualcuno ha detto che chi ama vince sempre, ma quando si ama davvero qualcuno si ha la costante sensazione di perdere. Il desiderio, però, resta sem...