4. "Fatti i cazzi tuoi"

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Settembre è arrivato già da un po', ed ha portato con sé tutte le cose che Niccolò odia di più: la pioggia, il traffico ad ogni ora del giorno, i suoi genitori nervosi per ogni minima cosa e, ovviamente, la scuola.
Non vuole tornarci.

Non ne ha la forza, non vuole rivedere nessuno, non vuole ascoltare i commenti acidi dei professori nei suoi confronti, ha paura di incrociare ancora lo sguardo di Chiara nei corridoi.

Stanotte non ha dormito, il che non è una novità, ma l'alba sembrava non dover mai arrivare.
Si è girato mille volte tra le lenzuola, chiedendosi dove andrà a finire se continua così e, soprattutto, se non sia davvero arrivata l'ora di lasciare perdere anche lo studio.
Sa già che non resisterà più di una settimana e che quest'anno sarà una fotocopia di quelli precedenti, e questi pensieri lo portano a prendere una decisione.

Se sarà tutto uguale, se non riuscirà a cambiare, mollerà tutto.
Il suo sogno è un altro, e non vede alcun motivo per metterlo costantemente da parte in favore di qualcosa che odia.

Non sarà di certo semplice, data la paura enorme che ha del futuro.
Il solo pensare al domani lo spaventa, ma il guardare ad un domani senza nemmeno la possibilità di un lavoro gli fa letteralmente mancare l'aria dai polmoni.

Scacciando questi pensieri scuote la testa e si alza dal letto, gettando un'occhiata veloce al suo zaino già pieno di libri.
In realtà l'ha fissato per tutta la notte, ma questo non cambia l'odio che prova nei suoi confronti.

Dà uno sguardo sbrigativo anche ai vestiti che indossa, per poi dirigersi in bagno e cercare in tutti i modi di darsi una sistemata.
Si sciacqua il viso con l'acqua gelida, nella speranza di svegliarsi un po', e si passa ripetutamente una mano tra i capelli, tentando di dare un senso logico a quei ciuffi ribelli che, molto probabilmente, un senso non l'hanno mai avuto.

Ogni volta che muove la testa una fitta dolorosa gli fa strizzare gli occhi, obbligandolo ad unire ai soliti antidepressivi anche una pastiglia di tachipirina.
Non appena decreta di essere pronto per uscire si solleva il cappuccio sulla fronte ed inforca gli occhiali da sole, cercando di uscire dalla camera il più silenziosamente possibile.

Tutta questa paura di attirare l'attenzione dei suoi famigliari, però, si rivela immediatamente inutile, dato che in casa, oltre a lui, non c'è anima viva.

Nonostante sia un po' in ritardo ne approfitta per dare un'occhiata in giro, rendendosi conto di tanti piccoli cambiamenti che lui non ha avuto l'occasione di notare, essendo uscito forse una decina di volte dalla sua stanza.
Questi pensieri gli fanno provare il solito dolore al petto, mischiato ad una dose di sensi di colpa, ma lo ignora completamente.
Con un sospiro getta un ultimo sguardo al salotto ed esce di casa, tastando le tasche del giubbotto alla ricerca delle cuffiette e del telefono.

~~~~~~

"È un miraggio o Moriconi è tornato tra noi?"
domanda il professore di lettere sarcastico, strappando una risata a tutta la classe.

Niccolò però non ride, e non lo guarda nemmeno: cerca di tenere gli occhi fissi sul legno rovinato del suo banco, nel tentativo di reprimere qualsiasi insulto che ha già sulla punta della lingua.

"Dovete sapere che questo ragazzo qua, tra una settimana, decide di starsene a casa e di non farsi più vedere"
continua rivolgendosi direttamente al moro, per poi avvicinarsi a lui e posargli una mano sulla spalla.

"Mi sa che stare a casa a suonare non è servito, eh? Non leggo ancora il tuo nome su tutti i giornali"
commenta ridendo della sua stessa battuta, senza sapere di stare sputando addosso al ragazzo un po' troppa verità.

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