8."Tra discorsi e leggerezza"

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La notte è un momento speciale, vissuto da ognuno in modo diverso. C'è chi va a letto felice e sereno, chi riposa per non pensare, chi si addormenta accanto alla persona amata e poi c'è chi non riesce proprio a farlo, forse per colpa di quei pensieri martellanti che non lo lasciano in pace nemmeno un secondo, anche se vorrebbe tanto spegnerli e non riaccenderli più.

Si dice anche che la notte porti consiglio, ma Andrea, sdraiato nella stessa posizione da ore, non ci spera nemmeno più.

Stufo di quella situazione si tira a sedere e si porta le mani tra i capelli, molto più disordinati del solito a causa del continuo girarsi tra le lenzuola.
Uno sguardo alla sveglia che non segna nemmeno le cinque del mattino lo fa sospirare, mentre si rassegna all'idea dell'ennesima notte trascorsa in bianco.

In pochi minuti si alza e si veste, preparandosi ad uscire.

Non ha la minima idea di dove andare, ma si conosce abbastanza bene per sapere che gli basterà semplicemente allontanarsi da casa e sgranchire un po' le gambe, per sentirsi meglio.

Fuori è quasi l'alba, il momento della giornata che preferisce.
L'ha sempre amata molto, fin da bambino, e ogni volta che ne ha l'occasione esce a camminare, per riuscire a godersi al meglio le prime ore della giornata.

Non appena l'aria fresca del mattino gli invade i polmoni si sente rinascere e, rinvigorito, comincia a vagare per il quartiere senza una meta precisa, lasciando le gambe completamente libere di decidere dove lo porteranno i passi.
Insieme ad esse anche i pensieri che lo hanno schiacciato per ore diventano sempre più leggeri, superficiali.

Osserva distrattamente le saracinesche chiuse dei negozi e dei bar non ancora aperti, le poche macchine che passano di lì e tutte quelle parcheggiate ai lati della strada, così tanto distrattamente da non accorgersi di una persona seduta a terra poco più avanti, con una lattina di birra stretta tra le dita e la testa che ricade sul petto, addormentata.

Non appena rischia di incespicare sulle sue gambe, però, si riscuote, rivolgendogli una serie di parole ben poco carine prima di rendersi conto della vera dentità di quel ragazzo: Niccolò.

Si abbassa sulle ginocchia per assicurarsi di averci visto giusto, ma gli occhiali da sole tirati sugli occhi a quest'ora di notte e il tatuaggio sul polso non lasciano molto spazio ai dubbi.

Andrea resta immobile per un po', indeciso se svegliarlo o se lasciarlo lì e proseguire per la sua strada, ma la coscienza e la voglia immensa che ha di parlare con qualcuno lo fanno virare immediatamente sulla prima opzione.

Lo scuote per un braccio, inizialmente con delicatezza e poi, notando che non accenna ad aprire gli occhi, sempre più bruscamente, fino a che il moro sobbalza ed indietreggia di qualche centimetro, spaventato ed estremamente confuso dalla persona che si trova davanti.

"Ehi calmo, sono io"
dice il biondo porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi, permettendo a Niccolò di capire a chi appartenga quella voce.

Il moro accetta l'aiuto e si tira in piedi, scoppiando a ridere davanti a quella situazione che, ai suoi occhi ancora influenzati dall'alcool, sembra essere assai divertente.

"Per me te me stai a seguì, n'se spiega sennò"
biascica aggrappandosi al muro per non cadere a terra, cercando di distinguere i contorni della figura di Andrea che, nonostante i suoi sforzi, risultano sempre più sfocati e distanti.

"Non è colpa mia se siamo gli unici due disperati in giro alle cinque del mattino"
scherza il biondo, chiedendosi quanto alcool possa aver ingerito Niccolò per essersi ridotto in quello stato.
Sorride ogni due per tre, cosa che prima d'ora non aveva mai fatto.

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