36. "Invitalo a cena"

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"Io devo per forza tornare a casa.
Mia mamma non mi vede da una settimana e già me vuole ammazzà..tu che fai?"
chiede Niccolò portando entrambe le mani dietro alla nuca, per poi voltarsi verso Andrea e osservarlo guidare, assorto nei suoi pensieri.

L'ultima settimana è stata la migliore delle loro vite, senza ombra di dubbio;
trascorsa lontano da tutto e da tutti, alla scoperta di un amore e una passione che non credevano di poter provare.
E più Niccolò osserva Andrea, più si sente la persona più fortunata del mondo.

"Se vieni ho la Play e le patatine"
aggiunge poi, vedendo che il biondo non accenna a rispondere, troppo rilassato per poter notare il velo di agitazione che è comparso nei suoi occhi.

"No, ehm..ti lascio a casa tua, io devo sistemare due o tre cose"
risponde infatti quest'ultimo, trattenendosi per non far trapelare nulla.
Mente sapendo di mentire.

Ha evitato per sette giorni l'insistenza di Francesco, convinto che nessuno avesse il diritto di rovinare quella fuga d'amore improvvisata, ma sa benissimo che non potrà tirarsi indietro per sempre.
Non con una persona che, se sostiene di poterti far sparire dalla circolazione, non c'è alcun dubbio che possa farlo davvero.

"Non pensavo di restare lì una settimana intera"
si giustifica qualche secondo dopo, davanti allo sguardo leggermente dispiaciuto di Niccolò, talmente abituato alla sua presenza per pensare di stargli lontano, anche fosse solo per una sera.

"Allora vengo con te, almeno facciamo prima"
acconsente infatti il moro stiracchiandosi e controllando nello zaino di aver preso tutto, dicendosi che, in fin dei conti, un ritardo di qualche ora non cambierà un granché il nervoso di sua mamma, già arrabbiata di suo per quella sparizione ingiustificata.

"No, no. Faccio da solo, davvero. Tu vai, non voglio avere un ragazzo morto."
insiste però Andrea, buttandola sul ridere e sperando con tutto se stesso di non destare sospetti, di fare solamente la figura del ragazzo apprensivo.
Niccolò ride, annuendo.

Quando una sera, a cena nel giardino della villa, Andrea aveva letto il messaggio di Francesco - oltre ad averlo ignorato totalmente - si era domandato cosa fare: ammetterlo a Niccolò? Restare in silenzio? Continuare a mentire?

Sa benissimo le conseguenze che una menzogna può portare (una di questo calibro soprattutto), ma non se l'è sentita di rovinare tutto un'altra volta.
Non si tratta di un tradimento, e la colpa non è del tutto sua.
Finché il moro crederà alla storia del lavapiatti, dettaglio che lui si è impegnato a rendere reale in quel mese di lontananza, andrà tutto bene.

Non c'è modo che lui venga a scoprirlo, salvo errori enormi che Andrea non ha mai commesso e si augura di non commettere mai, e questo è un grande punto a suo favore.
È una bugia a fin di bene, e mentre guardava Niccolò seduto di fronte a lui, con i capelli scompigliati dal vento e lo sguardo perso nei riflessi della luna nel lago, non aveva potuto far altro che convincersene del tutto.

~~~~~~

"Ciao ma' "

Niccolò entra in casa, lancia lo zaino sul divano e si guarda attorno, sperando per un attimo di essere da solo.
Non ha mai confessato nulla della relazione con Andrea ai suoi genitori, e non ha voglia di affaticarsi per tenere in piedi la versione della vacanza tra amici.
Di discuterne con sincerità, per ora, non se ne parla nemmeno.

"Nicco..abbiamo un po' da parlare, noi due"
lo sorprende Anna categorica, facendolo bloccare a metà strada tra il soggiorno e la camera da letto, risparmiandosi i saluti ed andando direttamente al dunque.

"So che non sei stato con i tuoi amici."

"Ma come? Sì che-"

"O meglio, quando li ho incontrati tutti al supermercato mi è salito qualche dubbio a riguardo"
gli spiega meglio, alzando le spalle e sorridendo nel notare il cambio di espressione sul volto di suo figlio, che passa dalla sfacciataggine al panico più totale.

"Io non..ehm.."

"Chi è Nic?"
domanda semplicemente Anna, tentando di guardarlo negli occhi e di fargli capire che può parlare liberamente, di qualunque cosa si tratti.

"Ne parliamo un'altra volta, dai..devo andare adesso"
cerca di svicolare Niccolò, indietreggiando di qualche passo e cercando a tentoni la maniglia della porta, nella speranza di rifugiarsi in camera e di rimandare quel discorso al più tardi possibile.

"Oh no, tu non vai da nessuna parte"

A quella negazione il moro apre la bocca per ribattere, ma basta un cenno del capo da parte di sua mamma per fargli lasciare perdere qualunque intenzione ed obbligarlo a farle spazio nella sua stanza, cercando una giustificazione accettabile il più velocemente possibile.
Anche se, lo sa in anticipo, sarà del tutto inutile.

"Siediti, respira e parla"
dice Anna con tutta la pazienza di cui è capace, facendogli segno di accomodarsi accanto a lei sul materasso, intenerita dal suo comportamento.

Niccolò lo fa, e la sua posizione permette alla donna di capire che dietro al suo sedersi sulla punta del letto, con le mani che si torturano a vicenda e il piede destro che tamburella sul pavimento, c'è qualcosa di più di una relazione come le altre.
Lo sospettava da tempo, ma vuole aspettare che sia lui a dirglielo.

Il moro si osserva insistentemente i lacci delle scarpe, rendendosi conto di quanto possano diventare interessanti in una situazione del genere, mentre la sua mente e il suo cuore vagano a qualche centinaio di metri da lì, riscaldandosi al semplice pensiero di Andrea.
In fondo, non c'è nulla di male nell'essere innamorato, si ripete.

E poi, alla fine, lo ammette.

"È un ragazzo, mamma. Sono...gay."
dice alzando timidamente lo sguardo nel suo, cercando di cogliere il più piccolo segnale di delusione, mentre si rende conto che, dopo tutto, non gli sembra più un problema dirlo ad alta voce.

"E come si chiama?"
chiede Anna senza mostrare alcun segno di stupore, incoraggiando suo figlio con lo sguardo, pur sapendo che lui si aspettava qualcosa di completamente diverso.

"Ma quindi non..?"
comincia a dire Niccolò, indeciso se sorridere o se restare sulle sue, incertezza che viene subito eliminata dalle parole di sua mamma, che lo tranquillizzano all'istante.

"Tu non sei stato un problema quando mandavi a cagare tutti e non ci parlavi mai.. perché dovresti esserlo adesso, innamorato e felice?"
chiede Anna retorica, alzando le spalle e portando una mano ad accarezzare la gamba di Niccolò, ancora leggermente titubante e imbarazzato nel toccare certi argomenti.
Quel gesto lo fa sentire al sicuro, e gli permette di sbloccarsi.

"Si chiama Andrea. È da un po' che stiamo insieme, in realtà. Adesso le cose sono.. sì, insomma..un po' più serie"
le spiega prendendo un respiro profondo e cercando di calmarsi, mentre nella sua testa su fa spazio il vero motivo per cui non aveva mai detto nulla a nessuno, motivo che non ha nulla che fare con il carattere mite e comprensivo di sua madre.

"Però non dirlo a papà. Non è il caso..non adesso"
aggiunge infatti qualche istante dopo, distogliendo lo sguardo e fingendosi interessato da un albero fuori dalla finestra, per non dover sostenere gli occhi apprensivi di Anna puntati su di lui.

"Sarà la prima cosa che gli dirai stasera Niccolò"
ribatte però quest'ultima, prendendolo per una spalla ed obbligandolo a voltarsi nella sua direzione, sperando di riuscire a convincerlo.

"Lo so che è ancora di vecchia scuola, diciamo così..ma si è accorto anche lui che adesso stai bene, e se il merito è di questo Andrea, vedrai..lo accetterà"
aggiunge poi, senza mai interrompere il contatto con gli occhi preoccupati e indecisi di suo figlio.

Niccolò, a quelle parole, la guarda di sbieco, troppo poco convinto per riuscire a darle ragione.
È a conoscenza del punto di vista di suo papà su certe cose, e non se la sente di parlargliene, di essere la causa del suo malumore.
Sa che è sbagliato, così come sa di non essere dalla parte del torto, ma non riesce a farsene una ragione.

"Fidati. E invitalo a cena, venerdì"
insiste Anna, distogliendolo dai suoi pensieri ed alzandosi per aprire di poco la finestra, facendo nascere in Niccolò l'agitazione più pura.

Spaventato dall'idea di dover sostenere una cena con Andrea e suo padre nella stessa stanza la prega con lo sguardo, nel tentativo di convincerla a rimandare, ma ottiene, come previsto, l'effetto contrario.

"Che è quella faccia? Dovremo pur conoscerlo, no?"

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