17. "I problemi sono altrove"

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Niccolò non ha mai realmente capito cosa passi per la testa di Andrea.
Un secondo prima parla e ride, sembra la persona più tranquilla e serena di questo mondo, mentre l'attimo dopo ritorna sulla difensiva e scappa, quasi come fosse in pericolo.

Oggi, però, dal suo sguardo terrorizzato ha capito che c'era davvero qualcosa di serio dietro alla sua fuga improvvisa, e che non era solo una scusa qualunque per andarsene.
I suoi amici non sono della stessa opinione, non hanno per nulla apprezzato quel gesto e non si sono risparmiati dal commentarlo, ma a lui non fa né caldo né freddo.

Il moro, ormai solo, sbuffa e si siede per la centesima volta sulla panchina del campetto, cercando il numero di Andrea nella rubrica e chiamandolo ancora, nella speranza di sentire la sua voce.

Sa di aver ragione a preoccuparsi, ed un'ulteriore conferma gli arriva da tutti quei messaggi e da quelle chiamate che ha lasciato al biondo, senza ricevere alcuna risposta.
Non sa più cosa fare, vorrebbe semplicemente sapere se sta bene, se è tutto okay.

"Sì?"
la voce roca e rotta di Andrea risponde finalmente alla chiamata, facendo rilassare all'istante Niccolò.

"Andre ma che è successo?"
domanda lui, tirando un sospiro di sollievo ed alzandosi in piedi, rabbrividendo per l'aria fresca della sera.

Andrea, però, non risponde subito.
Non ci riesce.
In realtà è da quando quel dottore è uscito dalla stanza di sua madre, con un'espressione cupa e dispiaciuta in volto, pronto a confermare l'inevitabile, che il suo corpo non risponde più ai comandi.
Riesce solo a piangere, a lasciarsi andare a quel dolore tenuto dentro per troppo tempo e che ora ha la libertà di uscire fuori, forse anche troppo violentemente.

"Mia mamma Niccolò"
riesce solo a dire, deglutendo a fatica e imprecando a bassa voce, probabilmente nel tentativo di non scoppiare a piangere ancora.
Niccolò sente ogni cosa, e capisce tutto.
Comprende l'accaduto non tanto perché era a conoscenza delle condizioni della madre di Andrea - il biondo non si era mai sbilanciato sotto quel punto di vista - ma per la voce e il comportamento dell'amico.
Non l'ha mai sentito così distrutto.

"Cazzo André..stai lì, arrivo"
risponde il moro afferrando la felpa e caricandosi la borsa sulle spalle, senza nemmeno rendersi conto di non avere la patente e che, nonostante la sua buona volontà, quella promessa risulti pressoché impossibile.

Ad aiutarlo, però, interviene proprio Andrea, che non ha intenzione di restare tra quelle quattro mura un secondo di più.

"Non..non voglio stare qua"
ammette con un filo di voce, stringendo i denti per ricacciare indietro le lacrime. Niccolò afferra al volo il motivo di quella risposta, e non se lo fa ripetere due volte.

Si blocca qualche istante in mezzo al marciapiede, sempre con il telefono incollato all'orecchio, leggermente indeciso su dove andare: si guarda attorno, ma basta un'occhiata veloce all'altro lato della strada per trovare una risposta alla sua domanda.

"Ce la fai a venire al cortile? Arrivo tra cinque minuti"
chiede incamminandosi in direzione del bar più vicino, determinato a comprare qualche birra prima di recarsi da Andrea: ne avrà sicuramente bisogno.

Quest'ultimo lo ringrazia a bassa voce e si alza da terra, ignorando la nausea e il giramento di testa che lo colgono a quel gesto: non ha nemmeno bisogno di salutare suo fratello, se n'è già andato.

Niccolò, dopo aver litigato con le persone in fila davanti a lui, è riuscito ad appropriarsi di un paio di bottiglie, che ora tintinnano tra le sue mani: aveva intenzione di arrivare al cortile prima del biondo, per farsi trovare già lì e per non peggiorare le cose, ma non appena varca il cancelletto arrugginito si rende conto di non esserci riuscito.

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