42. "L'errore più stupido"

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Niccolò, nell'ultimo periodo, si è sentito completamente escluso dalla vita di Andrea.
Il biondo resta fuori ore intere, senza dirgli nulla, e quando torna è troppo stanco o arrabbiato per parlare con lui.
Non capisce cosa gli stia succedendo, e lo vede sempre più esausto.
A volte lo sente piangere, ma sempre di nascosto da lui.
Vorrebbe tanto aiutarlo, proteggerlo, ma non sa da cosa.
Andrea non gli parla quasi più.

Dubbioso e leggermente innervosito appoggia la pentola sui fornelli, osservando quella cena che ha preparato con tanto amore, convinto di fare una sorpresa gradita al suo ragazzo.
Ha apparecchiato per due, ha cucinato i suoi piatti preferiti, tutto solo per sentirsi dire che dovrà mangiare da solo.
Un'altra volta.

Se prima cercava di non dargli peso, prendendola come una fase o come un brutto periodo per Andrea, ora non ci riesce più.
Vuole capire cosa sta succedendo, vuole capire se il problema è lui, la loro relazione, o qualcos'altro.

"Vai al lavoro?"
domanda inseguendo il biondo e fermandolo a pochi passi dalla porta: in silenzio lo osserva da capo a piedi, e sospira.
È stanco e provato, e si vede.

Si nota dai vestiti più sgualciti del solito, dalle occhiaie scure e dal modo rassegnato con cui annuisce.

"Sì"
risponde stanco, stringendosi nelle spalle e cercando di liberarsi da quella conversazione fin troppo scomoda.
Non ha la forza di sostenerla, ed è già leggermente in ritardo: non può permettersi sgarri.

"È il tuo giorno libero"
lo blocca però Niccolò, costringendolo a dargli una risposta plausibile.
Obbligandolo ad inventarsi l'ennesima scusa che, arrivati a questo punto, non funzionerà mai.

"Lo so. Mi..mi hanno cambiato un turno, tutto qua"
dice cercando di sembrare il più sincero possibile, ma il moro aggrotta le sopracciglia, poco convinto.

"Posso venire con te?"
insiste incrociando le braccia al petto e guardandolo diritto negli occhi, evitando di fargli presente che anche settimana scorsa la sua scusa è stata la stessa.

"No. È meglio di no. Ti annoieresti"

"Mi faccio un giro in centro. Non mi va di mangiare ancora da solo"

Andrea, a quelle parole, prega Niccolò di smetterla: gli sta facendo pesare qualcosa che, in fin dei conti, è fuori dal suo controllo.
Il moro, però, abbassa agli occhi. Stavolta non ha intenzione di farsi impietosire.

"Davvero Nì, non c'è niente da vedere.
Appena torno sono tutto per te, promesso. Adesso però devo andare"
promette Andrea avvicinandosi a lui e lasciandogli un lungo bacio sul collo, con il cuore che gli martella nel petto.
Ultimamente - per causa sua - non si sfiorano quasi mai, e il calore della sua pelle gli mancava come l'aria.

"Non sono mai venuto a vedere dove lavori.."
ribatte però Niccolò accarezzandogli i capelli, incapace di mandarlo via.
Forse dovrebbe sostenere la discussione con più autorità, ma non ne è capace.
Non con Andrea.

"Ti giuro che qualche giorno ti porto amore. Stasera sono davvero in ritardo, non..."

"Cos'hai in questo periodo?"
domanda finalmente Niccolò, interrompendo l'ennesimo tentativo del biondo di andarsene da lì.
Sperava che glielo ammettesse spontaneamente, ma, visto che non sembra avere intenzione di farlo, ci penserà lui.

"Niente"
risponde Andrea, ad occhi bassi.
Ha sempre odiato mentirgli, ed ora che le bugie sporadiche di prima sono diventate parte integrante delle sue giornate, fatica anche solo ad aprire bocca.

"Sei sempre stanco, mi rispondi male e non passi più tanto tempo con me.
Sembra che tu abbia la testa da un'altra parte"
comincia a dire Niccolò, snocciolando ad alta voce tutti i motivi che lo hanno spinto a domandarsi quelle cose che, fino a poco tempo prima, aveva cercato di ignorare.

"E poi stai sempre fuori"
aggiunge alzando finalmente lo sguardo nel suo, sperando con tutto se stesso di essere riuscito ad ottenere una spiegazione.
Ne ha bisogno, non riesce più ad andare avanti così.

Non sa che Andrea, però, una spiegazione non può assolutamente dargliela.

"Lavoro."
risponde infatti quest'ultimo a bassa voce, portando definitivamente Niccolò all'esasperazione.

"Senti, non sono deficiente...devi dirmi dove cazzo vai. Non riesco più a passarci sopra"

Il moro ormai è un fiume in piena, ed ha bisogno di sfogarsi.
Fino ad ora ha subito in silenzio gli sfoghi e il nervoso di Andrea, ma adesso è arrivato il suo turno.

"Non è difficile Andrea!
Dimmi che vai da qualcun altro, dimmi che te ne torni a casa tua perché non sopporti più di vivere con me, dimmi che abbiamo fatto le cose troppo in fretta, o...o che cazzo ne so"

Niccolò non ce la faceva più.
Ha buttato fuori tutti i suoi dubbi, scagliandoli addosso all'espressione colpevole e immobile di Andrea, che non sa cosa fare.

In quel fiume di parole e di lacrime ci ha visto solo il risultato dei suoi sforzi, pari a zero.
Non è servito a niente cercare di proteggerlo, quando poi è diventato la causa di tutti i suoi mali.

Ogni frase di Niccolò gli sembrava più assurda della precedente, forse perché il moro si stava accusando da solo.
Crede di essere lui il problema, quando invece è tutto il contrario.

Un impulso fortissimo di stringerlo forte e di dirgli che, se potesse, cancellerebbe l'ultimo mese dalla vita di entrambi , lo coglie impreparato, ma deve resistere.

"Però dimmi qualcosa"
aggiunge Niccolò riportandolo alla realtà e tirando su con il naso, pregandolo con gli occhi pieni di lacrime.

Il biondo non riesce ad alzare lo sguardo, è più forte di lui.

"Scusami"
si limita a dire con un filo di voce, per poi abbassarsi e prendere lo zaino da terra, incitato dalla vibrazione del suo telefono nella tasca.
Francesco lo sta chiamando, gli sta ordinando indirettamente di andarsene da lì, e lui deve eseguire.

Deve lasciare Niccolò da solo, deve ignorare il suo sospiro e le lacrime che gli hanno nuovamente inumidito le guance.
Non ha tempo per queste cose.

Con le labbra serrate e un nodo inestricabile alla gola corre a rifugiarsi in macchina, e si prende la testa tra le mani.
Sente più forte che mai la responsabilità per la sicurezza di Niccolò, e questo lo porta ad essere distante, freddo e assente con lui.

Vorrebbe portarlo in vacanza, vorrebbe passare le giornate al suo fianco, vorrebbe fare l'amore con lui ogni sera, ma non può farlo.
Vorrebbe semplicemente renderlo felice, ma non ci riesce.
Niccolò ha ragione, ha tutta la ragione del mondo per essere arrabbiato con lui.

Solo che lui non può più assentarsi, nemmeno una singola volta, e le sue scuse stanno cominciando a vacillare.
Bugia dopo bugia, prima o poi verrà smascherato.

Accompagnato da questi pensieri e da una rabbia enorme nei confronti di sé stesso incomincia a guidare, sperando di lasciarsi dietro ogni cosa.
Con le lacrime agli occhi e le mani strette sul volante arriva fino al solito parcheggio, e si prepara.
Il solito buio che lo protegge dagli sguardi indiscreti, il solito zaino sulle spalle e la solita agitazione tatuata addosso.

Solo che stasera, a causa dei mille pensieri che gli offuscano la mente, Andrea ha commesso l'errore più stupido che potesse fare.
Non si è guardato intorno.

Non sa che una macchina della polizia, a fari spenti, lo ha seguito fino a lì.

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