50. "Una vita"

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Dopo tre giorni e tre notti trascorse su una sedia accanto al letto di Andrea, a parlargli di tutto, a piangere e ad implorarlo di aprire gli occhi, Niccolò ha avuto bisogno di una pausa.

Anche se desidera con tutto se stesso di rimanere sveglio e vigile, anche se non sopporta l'idea di stare lontano dal biondo, ha dovuto arrendersi al sonno.
Con il corpo distrutto dal dolore e dalla scomodità di quella sedia ci è crollato sopra, con la testa abbandonata sul petto e una mano adagiata accanto a quella di Andrea.

All'improvviso, però, un rumore sempre più intenso lo fa svegliare di soprassalto, unito a dei movimenti impercettibili accanto a lui.
Probabilmente, se il suo corpo non fosse stato pronto a scattare al minimo segnale, non se ne sarebbe nemmeno accorto, ma stavolta non poteva fare altrimenti.

Ci mette un po' a capire dove si trovi, perché sia lì e, soprattutto, cosa sia stato a svegliarlo.

"Nì.."
Andrea, con gli occhi ancora chiusi e un'espressione sofferente in viso, lo chiama sottovoce, spaventato e incapace di muovere un solo muscolo.

"Andrea!"
esclama Niccolò sporgendosi verso di lui e prendendogli il viso tra le mani, con il cuore che gli martella nel petto.

Dall'intervento le sue condizioni non avevano fatto altro che peggiorare, e il moro stava davvero cominciando a non crederci più.
Con le lacrime agli occhi gli accarezza le guance e cerca di fargli aprire gli occhi, terribilmente preoccupato dalle sue condizioni.

Andrea, però, fatica anche solo a respirare.
Non riesce a vedere Niccolò, ma sa perfettamente che è lì.
Avverte una mano calda stretta attorno al suo braccio e l'altra che gli accarezza il viso, ignaro del dolore insopportabile che gli sta premendo sul petto, sempre più forte.
Avverte il suo respiro irregolare accanto all'orecchio e cerca in tutti i modi di afferrare le sue parole, sempre più confuse, ma non ci riesce.

"Va tutto bene adesso, va tutto bene."

Niccolò continua a parlargli e a scuoterlo leggermente, ma il biondo non reagisce.
Il dolore si fa sempre più intenso ogni secondo che passa, la testa gli sta per scoppiare e non riesce a controllare i brividi e il gelo che, lentamente, stanno prendendo possesso del suo corpo.

"Nì.."
ripete qualche secondo dopo, radunando tutte le forze che ha in corpo per riuscire a socchiudere gli occhi ed incontrare ancora una volta, forse per l'ultima, lo sguardo disperato di Niccolò.

Appena ha capito di essere ancora vivo una strana sensazione di sollievo lo ha circondato completamente, ma solo per poco.
Ad essa si è sostituito subito un dolore lancinante al petto, che gli impedisce di respirare e che gli fa capire che, anche se in ritardo, il suo viaggio è arrivato al capolinea.

Non ha mai provato nulla del genere, non immaginava che gli esseri umani potessero provare un dolore simile a quello che lo sta lacerando dentro.
Si è sempre domandato se, in fin di vita, le persone si accorgessero di quello che accade attorno a loro, ed ora, anche se forse troppo presto, ha trovato una risposta.
Lui sa che è finita.

Riesce a capirlo, a differenza di Niccolò che non smette un secondo di rassicurarlo, di stringerlo a sé e di obbligarlo a tenere gli occhi aperti, anche se non ci riesce.
Andrea, con le poche forze che gli restano in corpo, cerca di portare le dita sulla sua guancia calda, rigata dal pianto.

"Non c..ce la faccio più.."
sussurra con le lacrime agli occhi, e il moro, in quello sguardo distrutto e quasi impercettibile, ci legge qualcosa che non potrà mai dimenticare.

"Non dire cazzate!"
urla afferrandogli le spalle e scuotendolo con violenza, costringendolo a chiudere gli occhi per le fitte sempre più dolorose.

Non ci vede più dalla paura, non sa quello che sta facendo.
Sa solo che Andrea non deve andarsene, deve resistere, deve restare lì, lì con lui.

"Non posso senza di te Andrea, non.."
lo implora appoggiando la fronte sulla sua, estremamente pallida ed imperlata di sudore, senza ricevere alcuna risposta.

In quel silenzio capisce che il suo sangue non è servito, capisce che la sua più grande paura si sta concretizzando, capisce che lo sta perdendo per sempre.
E adesso è difficile descrivere le sue sensazioni, forse perché sono troppe in troppo poco tempo.

I suoi singhiozzi riempiono immediatamente le pareti della stanza, rendendo l'aria pesante, insopportabile.
Gli fa male il petto, e gli manca il respiro.

Andrea, dal canto suo, non ce la fa più.
Non sa con quale forza sta stringendo la mano di Niccolò per avvertire ancora un contatto con la realtà, anche se ormai, dentro, non sente più nulla.

Con una fatica immane riesce ad aprire nuovamente gli occhi, appellandosi a quel residuo di forze e di calore che sente all'altezza dello sterno: porta un dito a sfiorare il polso di Niccolò, per attirare la sua attenzione, concentrandosi unicamente sul non perdere i sensi, non ancora.

Se deve andarsene oggi, se davvero questi sono gli ultimi istanti che trascorre su questo pianeta, deve farlo senza rimorsi.

"Ti..ti a-amo"
sussurra, con un tono di voce talmente flebile e strozzato che nessuno, nessuno tranne Niccolò avrebbe potuto sentirlo.

"No, no, no, no cazzo"
lo prega lui singhiozzando e stringendolo con tutta la forza che ha in corpo, avvertendo i suoi respiri farsi sempre più corti, irregolari.

Lo stringe talmente forte da fargli male, senza riuscire più a respirare.
Sente la sua mano che gli afferra la maglietta, ma poi, all'improvviso, non succede più nulla.

Andrea si lascia andare, e allenta la presa.
Il suo petto si abbassa, i suoi occhi si chiudono: la sua vita, in silenzio, scivola via.

"Andrè! Andrea, no!"

Un urlo che rimbomba tra le pareti di quella stanza d'ospedale, un urlo che sovrasta l'ultimo respiro strozzato di Andrea.
Un urlo che diventa una linea continua sull'elettrocardiogramma.
Un urlo che si trasforma in un silenzio assordante, seguito dal pianto disperato di un ragazzo che sa di aver appena perso tutto.

Un urlo che accompagna una vita che se ne va.

Una vita.
Una vita intera passata a cercare la felicità, a sognare qualcosa di più grande di noi ed a cercare in ogni modo di raggiungerlo, una vita passata a sbagliare mille volte, a cadere e a sentire dolore ovunque, a rialzarsi pieni di graffi e a continuare a correre, ad amare alla follia una persona e a perderla sempre sul più bello, a fare una cazzata dietro l'altra e, puntualmente, a non imparare mai.
Un'intera esistenza trascorsa lasciare andare tutto e a sentirsi persi, per poi ritrovare quel corpo e quelle labbra che sanno restituirci il respiro;
una vita passata a ridere, piangere, urlare, incazzarsi e a volere bene, una vita talmente bella e talmente fragile che basta un istante, un semplice ed inafferrabile battito di ciglia, per fermare tutto quanto.

Una vita che doveva ancora essere vissuta.
Una vita che non esiste più.

|| 𝐀 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐭𝐞 ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora