7. "Che c'avevi? Paura?"

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"Pronto?"
chiede Andrea, maledicendosi immediatamente per non aver ignorato la chiamata pur avendo visto quale nome era comparso sullo schermo.

"Ma cazzo pure oggi?"
impreca alzando il tono di voce e tirandosi a sedere, passandosi nervosamente una mano tra i capelli, per non cedere all'impulso di appendere in faccia al suo capo.

"Senti t'ho detto che nun ce vojo più avè a che fare co' tutta sta merda e te che insisti"
continua poco dopo, opponendosi alle parole di Francesco che, come al solito, non ne vuole sapere di quello che gli altri hanno da dire.

Innervosito si alza dal divano e afferra una sigaretta fumata a metà dal posacenere, accendendola e cercando una scusa, una qualunque, il più velocemente possibile.

"Tanto stasera non posso, c'ho da fa' na roba."
dice alla fine, interrompendo il monologo che proseguiva da un bel po' dall'altra parte del telefono e domandandosi per quale motivo non sia mai stato in grado di inventarsi qualcosa di più convincente.

"E chiedi a qualcun'altro, che cazzo ne so"
continua esasperato, intenzionato a chiudere la conversazione il prima possibile.

"Che n'ce sta un ragazzetto in tutta Roma che può fa' er lavoro mio?!"
domanda buttando fuori il fumo dalle labbra, alzando gli occhi al cielo all'ennesima risposta negativa di Francesco.

"E ho capito Francè ma s... va bene, arrivo"
prova a ribattere, trovandosi però obbligato ad accettare e ad arrendersi a un'altra serata da passare fuori, sotto la pioggia incessante, tra i vicoli e le strade semivuote della periferia.

"Stronzo"
sbotta chiudendo la chiamata e spegnendo il mozzicone di sigaretta, per poi indossare il cappotto ed uscire di fretta, dimenticandosi l'ombrello e, assieme ad esso, la sua idea di trascorrere la sera in tranquillità.

Una volta in strada sale in macchina, si passa una mano sulla fronte per eliminare le fastidiose goccioline di pioggia e mette in moto, con non poche difficoltà.

Non si guarda nemmeno intorno prima di uscire dal parcheggio, per evitare un'eventuale altra macchina.
Vuole solo portare a termine il suo compito, e non pensarci più.

In realtà è da un po' di tempo che non da peso a quello che fa, che non trova più un senso alle sue giornate e alle sue azioni e che si domanda se davvero gli convenga continuare a vivere così.

Per carità, non ha né l'intenzione né il coraggio di farla finita, ma molto spesso si ritrova a pensare che, se qualcuno o qualcosa lo facesse al posto suo, non sarebbe poi così male.

È stufo di svegliarsi sempre con la testa che scoppia per il troppo alcool, è stufo di litigare con tutti e di non avere qualcuno da amare per davvero, è stufo della vicina che lo guarda storto tutte le volte che esce di casa, è stufo di inciampare sempre sulla stessa piastrella del bagno, è stufo delle sigarette che finiscono sempre al momento sbagliato ed è stufo di dover guidare nel cuore della notte, verso chissà dove, solo perché non è stato in grado di cambiare le carte in tavola, sempre le stesse da troppo tempo.

Conosce meglio delle sue tasche i quartieri di Roma, o per meglio dire, la periferia.
In centro c'è stato poche volte, spinto dalla curiosità e dall'amore incondizionato che prova per la sua città, ma resta sempre più capace di elencare a memoria le piazze di spaccio più importanti che i nomi dei sette colli, o di vagare a occhi chiusi per le vie di Tor Vergata, piuttosto che per quelle di Trastevere.

Certo, con tutto sé stesso desidera una vita diversa da quella che gli è stata concessa, ma di sicuro non farà mai parte delle persone che considerano la periferia un luogo dal quale scappare il prima possibile.

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