48. "Non può salvarlo"

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Il sole è alto nel cielo.
Adriano guida tranquillo, con Vittoria nei pensieri, la musica in sottofondo e una leggera brezza tra i capelli.

Dopo aver parlato con Niccolò e aver saputo della sua rottura definitiva con Andrea - oltre ad aver ascoltato i suoi sfoghi sconclusionati delle tre del mattino - ha deciso di andare a trovare il biondo in carcere.
Vuole sapere come sta, e vuole cercare di tirarlo su il più possibile.

Ormai è di casa in quel posto, e la guardia all'ingresso lo fa passare con un sorriso.
Come al solito si appunta il pass da visitatore sulla maglietta, prima di entrare nella stessa stanza di sempre e sedersi dietro al plexiglass, in attesa di Andrea.
Resta lì cinque, dieci, quindici minuti, ma poi molla il colpo.

Confuso da questa assenza domanda ad uno dei poliziotti di controllo se ci sia stato qualche cambio di programma, ma ottiene come risultato solo quello di far allarmare l'intero penitenziario.

Nessuno ha più visto Andrea dalla sera prima.

L'agente con cui Adriano ha parlato estrae la pistola dalla cintola, facendogli cenno di stare fermo.
Lui però non lo ascolta, e lo segue: ha una strana sensazione addosso.
Non brutta, solo strana.

Con l'arma alzata l'uomo apre una porta che da su un corridoio male illuminato e si incamminano al suo interno, mentre il riccio resta sull'uscio, in attesa.

Lo guarda proseguire fino alla cella di Andrea e bloccarsi davanti ad essa, con la pistola che lentamente si abbassa verso terra, assieme ai suoi occhi.
L'agente resta ad fissare qualcosa impietrito, prima di distogliere lo sguardo e tornare indietro, pallido.

Adriano è confuso, ma un terribile presentimento gli stringe lo stomaco.
Senza pensarci due volte lo supera e corre fino alla cella di Andrea, aspettandosi di vedere di tutto, qualunque cosa, tranne quello che gli si para davanti agli occhi.

Perché quando sei giovane, quando ridi per niente, quando il pensiero più complicato della giornata è quale cena preparare alla tua ragazza, a certe cose non ci pensi.
Non pensi al dolore, non pensi al sangue che arriva a sporcare il pavimento di una cella intera, non pensi al corpo di uno dei tuoi migliori amici accasciato a terra, pallido, immobile.

E Adriano, semplicemente, non riesce a crederci.
Più osserva quella scena raccapricciante e più si sente mancare, incapace di muovere un solo muscolo: c'è sangue dappertutto.

Con una forza che non gli appartiene si abbassa sulle ginocchia ed allunga la mano il più possibile tra le sbarre, per riuscire a sfiorare il collo di Andrea.
Potrebbe essere ancora vivo.

Ci prova e ci riprova, ma è troppo lontano.
Non riesce più a guardare quel corpo bagnato di rosso.
Vorrebbe solo svegliarsi, scappare da quell'incubo terribile.

"Chiamate un'ambulanza cazzo!"
grida alzandosi in piedi e chiedendo aiuto, con la voce rotta dalla paura.

Il poliziotto gli urla di averlo già fatto, prima di lanciargli le chiavi della cella.
Adriano si avventa contro la serratura e la apre, inginocchiandosi in mezzo al sangue.
Tremando come una foglia appoggia la punta delle dita sul collo di Andrea, tornando a respirare solo quando delle pulsazioni impercettibili gli premono contro ai polpastrelli.
È ancora vivo.

Poi però, come se non bastasse, sente un altro rumore: la voce di Niccolò che, agitato come non mai, cerca delle spiegazioni.
Lui che cerca di capire il perché di quella telefonata, e i poliziotti che cercano di impedirgli di oltrepassare quella porta.

"Volete dirmi cosa cazzo è successo?!"

"Non può passare. Si calmi!"

Niccolò non capisce nulla, ma sa che si tratta di qualcosa di grave.
Altrimenti non lo avrebbero chiamato all'improvviso, ordinandogli di raggiungere il carcere il prima possibile.

E ne ottiene la terribile conferma quando vede Adriano raggiungerli di corsa, bianco come un cadavere e con i vestiti bagnati di sangue.

A quella vista perde del tutto la capacità di ragionare.
Si divincola dalla presa di uno degli agenti e incomincia a correre, con la mente totalmente annebbiata dalla paura.

"Niccolò, non..!"
Adriano, con un filo di voce, cerca di fermarlo per un braccio, ma non ci riesce.

Niccolò corre, supera una decina di celle vuote tutte uguali, prima di frenare di botto.
Appena i suoi occhi incontrano la pozza di sangue sul pavimento, il cuore gli si arresta nel petto.
Tutto attorno a lui perde il senso.
Non ha bisogno di parole, non ha bisogno di spiegazioni.
Si ritrova in piedi davanti alla realtà più cruenta di tutte, quella che lo ha sempre terrorizzato, nel peggiore dei modi.

Non sente il suo urlo strozzato, non sente le gambe che si muovono da sole verso il corpo inerme di Andrea e non sente nemmeno le mani di Adriano che cercano di tirarlo via, facendolo barcollare all'indietro.
Non si regge più in piedi , ma c'é qualcos'altro che lo tiene in equilibrio: la forza della disperazione.

Spinge di lato il riccio e si accascia al suolo, sporcandosi dello stesso sangue che, in qualche modo, lo ha sempre tenuto in vita.
Adriano lo guarda impotente mentre prende tra le braccia la testa di Andrea e la stringe contro al suo petto, con i respiri che si fanno sempre più corti, irregolari.

"Sono qui..sono qui..."
è questa l'unica cosa che Niccolò riesce a ripetere, sussurrando accanto all'orecchio pallido del biondo.

Cerca in tutti i modi di ignorare il senso di nausea dato dal liquido caldo che continua a bagnargli le dita, assieme al bisogno tremendo che ha di crollare.
Vorrebbe solo lasciarsi andare e liberarsi di tutto, mandare via quel terrore che lo sta colpendo sempre più forte, finché il suo corpo non resiste più.
Ha paura, non ne ha mai provata così tanta in vita sua.

Sente il panico afferrargli la gola in una morsa micidiale ma lo ignora, concentrandosi solo sullo stringere forte tra le braccia la vita della persona che ama, per non farla volare via.
Perché sì, lui Andrea lo ama.
Non ha mai smesso di farlo, e non lo farà mai.

"Resisti amore...resisti.."
sussurra con un filo di voce, accarezzandogli i capelli bagnati di sangue e sfiorando con le labbra la sua fronte gelida, immobile.

Una rabbia immensa gli invade il petto, rivolta a chiunque gli abbia fatto questo.
Poi, però, il suo sguardo distrutto si ferma sulle braccia del biondo: due tagli profondi spiccano sulla sua pelle rossa, all'altezza dei polsi.

Non è stata una rissa tra detenuti.
Non è stata una vendetta personale.
È stato Andrea.

Se fino a quel momento il suo corpo si era completamente rifiutato di processare ed accettare ogni cosa, ora la situazione si è completamente ribaltata.

Un conato di vomito lo piega in due e lo costringe a rigettare tutto, a buttare fuori quel poco che ha mangiato a colazione, finché non ci riesce più.
Sta tremando, gli gira la testa e crede che, da un momento all'altro, il cuore gli possa esplodere nel petto.

È tutto sfocato, tutto indistinto, tutto tranne l'immagine di Andrea che chiude gli occhi, impugna il coltello e cerca di togliersi la vita.
Proprio lui, proprio quell'Andrea che davanti ad ogni sfida si era sempre rialzato in piedi, senza mai mollare.

Aveva insegnato a Niccolò come andare avanti, come resistere ad una vita che non guarda in faccia nessuno, ma poi è stato lui quello ad arrendersi per primo.
E forse, la colpa di questo suo gesto irrazionale è proprio di Niccolò.

Niccolò che si è convinto di non amarlo più, che lo ha chiamato all'improvviso, senza nemmeno venire lì di persona, perché aveva paura.
Aveva paura di incontrare quegli occhi verdi e di non riuscire più a lasciarlo andare.
Perché lui non voleva lasciarlo andare.

Il senso di colpa e di impotenza gli lacerano il petto, facendolo scoppiare in un pianto disperato.
Nasconde la fronte contro il petto di Andrea e soffoca i singhiozzi, consapevole che ogni cosa che avrebbero potuto vivere da oggi in poi, ogni emozione e sensazione, ora è solo una piccola, stupida e inutile speranza.

E poi i paramedici, che sembravano non dover mai arrivare, fanno irruzione nella stanza e lo obbligano ad allontanarsi, a lasciare a loro il compito di portare in salvo il biondo.

Perché lui, ora, non può fare più nulla.
Non può salvarlo.

Doveva pensarci prima, doveva riuscire a capire che l'unica cosa che teneva in vita Andrea era il suo amore.
La sua capacità di farlo sentire al sicuro, anche se da lontano.
L'unico appiglio nel suo mondo di mostri.

|| 𝐀 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐭𝐞 ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora