14. "Qualcosa di speciale"

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La musica, per Niccolò, è sempre stata un'arma a doppio taglio.

Suonare, scrivere e lasciarsi cullare dalle note delle sue canzoni preferite sono forse le uniche cose che riescono a farlo stare bene, che hanno la capacità di allontanarlo dallo smog della quotidianità, ma il suo amore sconfinato per quest'arte, moto spesso, lo fa soffrire.

E anche ora, mentre è seduto sul materasso a gambe incrociate, con tutte le sue canzoni sparpagliate davanti a sé, il solito senso di vuoto e le stesse mille domande di sempre non intendono lasciarlo in pace, nemmeno per un secondo.

Rivolge lo sguardo a quei pezzi di carta, alternandolo tra di essi, senza fermarsi.
Una parte di lui li osserva con tutto l'amore del mondo, mentre l'altra vorrebbe soltanto strapparli in tanti piccoli pezzettini: li odia, li odia così come odia se stesso per stare sprecando la sua vita dietro ad un sogno con i contorni fin troppo sfumati.

Qualche giorno prima, subito dopo la discussione con Adriano, ha deciso di allontanarsi dalla periferia e di passeggiare per un po'.
Camminando senza meta si è imbattuto in un volantino di una piccola casa discografica, quasi sconosciuta, e da quel momento il loro provino è diventato il suo chiodo fisso.

Tornato a casa ne ha parlato con i suoi genitori, ma non ha ottenuto nemmeno il minimo appoggio da parte loro.
Sa benissimo che non condividono il suo sogno e che non hanno mai riposto abbastanza fiducia in lui, ma - forse ingenuamente - credeva che avrebbero apprezzato la sua voglia di lasciare perdere la paura e la timidezza, per buttarsi in un qualcosa di più grande e, sicuramente, di più concreto.

Ed è proprio per questo loro rifiuto che ora si ritrova lì, ad osservare le mille parole che nel tempo ha vomitato su carta e a chiedersi se davvero quella sia la strada giusta per lui.
Non ha mai creduto che nella vita ci si debba accontentare della strada più semplice, ma ora questa sua convinzione sta cominciando a vacillare.

Mancano due ore al provino e lui è ancora chiuso in casa, decisamente combattuto.
Se qualche mese prima avesse avuto la stessa possibilità ora sarebbe già davanti a quel palazzo in centro, sarebbe arrivato prima di tutti e non avrebbe lasciato a nessuno la possibilità di prendersi quel posto, ma ora è diverso.

Con uno sbuffo si alza dal materasso e si siede di nuovo, stavolta sullo sgabello di pelle nera davanti al pianoforte.
Sfiora i suoi tasti con la punta delle dita, mentre pensa che, senza sarebbe ancora perso nel buio, in quella geografia talmente intricata e complessa da lasciarlo senza forze.

Lo accarezza e, finalmente, sorride.
Sorride perché gli passa per la testa che forse, alla fine, indossare la sua camicia migliore e correre alla casa discografica non è un'idea poi tanto terribile.
Mal che vada, potrà sempre dire di averci provato.

A questo pensiero si tira in piedi bruscamente e si precipita verso l'armadio, cambiandosi in fretta e furia.
Indossa una camicia aperta per metà, un paio di jeans, una spruzzata di profumo e, ultimi ma non meno importanti, i suoi immancabili occhiali da sole.

Infastidito dai suoi capelli che non vogliono restare al loro posto sbuffa rumorosamente e si volta verso il letto, prendendo tra le dita il testo dell'ultima canzone che ha scritto, forse la più bella tra tutte.
Da uno sguardo veloce alle parole, ma non le legge nemmeno.
Lo piega in quattro e lo mette in tasca, agguanta il telefono dal comodino, getta un'ultima occhiata al suo pianoforte, - forse per trovarci un po' di conforto - e si precipita fuori di casa.

Ma è proprio quando si ritrova in piedi in mezzo al marciapiede, senza uno straccio di patente e consapevole dell'enorme distanza che lo separa dalla casa discografica, che si riempirebbe di insulti  da solo.

Scoraggiato si passa una mano tra i capelli e guarda l'ora, cercando di trovare una soluzione il più in fretta possibile.
L'illuminazione, però, arriva subito: Andrea.

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