26. "Quando ci si innamora"

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"Devi andare da qualche parte?"
domanda Anna posando il tovagliolo sul tavolo ed alzando lo sguardo in direzione di Niccolò, seduto svogliatamente di fronte a lei e vestito fin troppo elegante per dover restare a casa.

"Sì..sì. Stasera esco un po' "
ammette lui distrattamente, portando il bicchiere alla bocca e giocando con il bordo della tovaglia, leggermente imbarazzato e impacciato.

"Vado al parchetto"
mente poi, nel tentativo di giustificarsi e di dare un senso al suo nervosismo.

Lui e Andrea, dopo un interminabile tira e molla, hanno deciso di provarci seriamente, e questo comporta per entrambi mille scuse in più, mille uscite in più e, cosa fondamentale, mille sorrisi in più.

"Va bene, va bene"
risponde Anna scuotendo la testa e sorridendo per la reazione di suo figlio, che lo tradisce su tutti i fronti.

C'è qualcosa di diverso in lui, qualcosa che da un po' di tempo è cambiato in meglio e che, alla fine, può essere causato solo da una cosa: l'amore.

Niccolò, che non sa di essere stato colto in flagrante, si alza dalla sedia e getta a terra le poche briciole che gli sono cadute sui jeans, per poi salutare con un cenno del capo i suoi genitori e fiondarsi in camera da letto.
Con un sorriso enorme sulle labbra si allaccia le scarpe e sbottona di poco la camicia, per poi alzare lo sguardo ed incrociare il suo sguardo riflesso nello specchio di fronte a lui.

Scruta per un po' quegli occhi castani che gli rimandano una nuova immagine di sé, un immagine diversa, e non può fare altro che sorridere.
Le occhiaie che sembravano ormai essere diventate parte di lui sono sparite, così come il pallore sulle guance e i segni delle lacrime che gli decoravano il viso, per venire sostituiti da un paio di pupille vispe e spensierate, da un colorito roseo che al solo pensiero di Andrea si scurisce improvvisamente e da un sorriso a trentadue denti che aspettava da tanto, forse troppo tempo di uscire fuori.

Dopo essere rimasto in quella posizione per qualche minuto si riscuote e si passa una mano tra i capelli, gettando uno sguardo veloce all'orologio e rendendosi conto, come d'abitudine, di essere già in ritardo.

Imprecando sottovoce si dà un'ultima sistemata ed esce di casa, ringraziando mentalmente i suoi genitori per non avergli rivolto nessun altra domanda, che lo avrebbe solamente reso più agitato di quanto già non sia.

È da un po' di tempo che si chiede cosa fare, se ammettere tutto o se continuare a nascondere i suoi sentimenti, ma non ha ancora trovato una risposta che soddisfi ogni suo dubbio.
In diciannove anni non ha mai avuto problemi a parlare loro di tutto quello che gli passa per la testa, ma ora è diverso.
Lui, forse, si sente diverso.

Accompagnato da questi pensieri raggiunge in un attimo il cancello del cortile, sul quale è appoggiato Andrea, con una sigaretta tra le labbra ed un giubbotto di jeans aperto sul davanti.

"Ehi"
lo saluta Niccolò ridendo, dopo essersi ritrovato stretto tra le sue braccia senza nemmeno rendersene conto, con il viso premuto contro la sua camicia.

"Mi mancavi"
si giustifica Andrea lasciandolo andare e ricambiando il sorriso che nasce sul suo volto, per poi guardarlo per qualche istante negli occhi, ammirando con attenzione quelle sfumature nocciola che gli parlano la lingua più bella del mondo.

"Dove andiamo?"

"Tu seguimi"
risponde Niccolò incamminandosi in una direzione, cercando di prestare meno attenzione possibile ai brividi dati dalla mano di Andrea stretta alla sua.

"Dove?"
domanda però il biondo curioso, seguendolo ed affiancando il passo al suo, leggermente più frettoloso.

"Che è, un interrogatorio?"
ribatte Niccolò voltandosi verso di lui e piegando la testa di lato, sforzandosi per trattenere l'ennesimo sorriso.

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