d i c i a n n o v e

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Quella mattina a svegliarmi, dopo la notte passata con Federico, fu la suoneria del mio cellulare che non smetteva di squillare da troppo tempo. Mi rigirai più volte nel letto, coperta solo da un lenzuolo, poi scattai in piedi, con il presentimento che fosse per qualcosa di importante.

"Pronto?" sperai che la voce impastata dal sonno non fosse così evidente mentre risposi al numero che non avevo salvato in rubrica.

"Sto parlando con Beatriz Blanco?" annuii e con un verso feci intuire che la risposta fosse positiva "Sono Pavel Nedved"

Sgranai gli occhi, iniziando ad essere confusa "Buongiorno. Mi dispiace non aver risposto prima ma ero impegnata in un'altra chiamata di lavoro" mentii; d'altronde non avrebbe mai saputo che di telefono ne avessi uno solo.

"Non si preoccupi, dispiace a me per la mia insistenza" tacque per qualche frazione di secondo "Ho bisogno che lei raggiunga la Continassa appena possibile, è una questione urgente"

"Sicuramente" affermai, iniziando a camminare velocemente verso il bagno "Spero di arrivare entro una mezz'ora" salutai e chiusi la chiamata.

Non seppi definire se fossi più o meno contenta di non sapere il motivo della convocazione: se fossi stata messa al corrente mi sarei agitata ulteriormente, non dicendomelo invece mi aveva lasciato una gran curiosità, mescolata alla paura che fosse fosse successo qualcosa di veramente serio. Mi lavai rapidamente, indossai un paio di jeans ed infilai dentro una maglietta bianca, per poi indossare le converse eccessivamente indossate ma ancora bianche; afferrai al volo la solita ysl, cellulare e chiavi necessarie per chiudere casa e per la macchina.

Non feci neanche in tempo ad uscire dal garage, che il display della mia cinquecento mostrò il nome 'Mel' e la chiamata che stava entrando "Disturbo amica?"

"Vorrei poterti dire di no, ma non posso" cercai su internet la strada, che non ricordavo a memoria.

"¿Bea que está pasando?" mi concentrai sul navigatore "Così mi farai spaventare"

"Non so cosa sia successo, ma sto correndo allo Juventus Center; mi ha chiamata poco fa la dirigenza" imboccai una via molto meno centrale rispetto alla mia zona.

La sentii sospirare "Ma tu stai bene?"

"Se non rischiassi di finire contro un gardereil starei sicuramente meglio"

"Te pido por favor que no me asustes" non avrei voluto, ma non riuscii a rimanere calma "¿Te dijeron lo que pasó, o no sabes nada de nada?"

"Se lo sapessi sarei più tranquila anche io. Al telefono hanno parlato di urgenza, ma spero nulla di grave"

Maps segnava quattro minuti mancanti "Ti lascio allora; appena si risolve tutto passa a casa e mi racconti" attaccai, senza nemmeno confermarle la mia ipotetica visita quello stesso pomeriggio.

Passai ripetutamente lo sguardo dalla strada al navigatore, per poi osservare le mani strette più del dovuto sul volante che iniziavano a sudare. Quei venti scarsissimi minuti di macchina parvero il tempo più lungo che mi fossi trovata a vivere: sembravano non terminare più.
Quando parcheggiai, notai con piacere che sotto le lenti scure dei miei RayBan non c'erano occhiaie particolarmente visibili; l'unica, e probabilmente ultima, fortuna da inizio giornata.

Mi incamminai a passo svelto ma senza rischiare di cadere a terra e fare una figuraccia difronte a tutte quelle persone che incontrai sul percorso. Iniziai a pensare al peggio, sperando che non fosse successo nulla a qualcuno fra Paulo e Federico.

Attraversai le porte scorrevoli in vetro e le mie più grandi preoccupazioni divennero realtà "Che cosa è successo? Perché mi ha chiamato la tua dirigenza?"

Pensami anche domani -Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora