q u a t t r o

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Svegliarmi quella mattina fu uno dei peggiori incubi. Non amavo gli ospedali,e sapere di dover portare mia nonna a fare delle visite importanti non mi lasciava a cuor leggero. Lo facevo solo per starle vicino.

Lo stomaco era completamente chiuso,così come la mia voglia di incontrare qualcuno e dover scambiare una parola. Avevo paura della situazione e delle possibile conseguenze,soprattutto dopo la perdita di mio nonno. Avevo promesso di non entrare più in un ospedale,anche se la promessa venne ripetutamente infranta.

Fu comunque estremamente bello avere mia nonna con me: la persona più importante della mia vita, colei che mi aveva cresciuta, sostenuta,sopportata e colei che mi aveva reso la donna forte, indipendentemente e determinata che ero. I suoi occhi azzurri, i suoi capelli perfettamente curati e biondi, il suo profumo così familiare da una vita erano una gioia, soprattutto dopo molto tempo di lontananza.

Quando lei rimase dentro per essere visitata e monitorata, il tempo sembrò interminabile: la tensione iniziava a liberare il mio corpo, tanto velocemente da darmi una sensazione di mancamento.

"Beatriz? Cosa ci fai qui?" non riconobbi immediatamente la voce, forse a causa della mente che vagava in ogni dove, e mi servì guardare il suo viso per riconoscerlo.

"Sono venuta a portare mia nonna per delle visite. Tu cosa ci fai qui?" il suo sguardo era diverso dal solito, più luminoso e meno arrogante: i suoi occhi verdi brillavano di una luce particolare.

Si lasciò cadere sulla sedia accanto alla mia "Ho ritirato alcune analisi di mia mamma. Ti senti bene?"

"Ti importa davvero o è solo una di quelle domande che fai di circostanza?" non lo conoscevo ancora abbastanza bene da capire cosa pensasse in quel momento, se fosse sincero o meno.

"Non essere imbecille, se non me ne fregasse nulla non te lo chiederei" posò la sua mano sulla mia gamba "Non mi sembra affatto che tu stia bene, hai mangiato qualcosa?"

"Vuoi tenere il conto di ciò che mangio?" stuzzicai con i denti le pellicine attorno alle unghie curate.

Sbuffò "Dacci un taglio Beatriz, la parte del deficiente si addice a me, non a te. Ti vado a prendere dell'acqua e dello zucchero" non la pose come fosse una domanda.

"No, non ne ho bisogno" non mi diede ascolto e se ne andò; non seppi dove e non capii il perché di questo suo atteggiamento così diverso e disponibile.

"Non ringraziarmi. Diciamo solo che hai un debito nei miei confronti" non riuscii ad individuare quanto fosse più o meno serio.

Afferrai il bicchiere "Grazie, ma non avresti dovuto"

"Vero, ma volevo farlo" sembrava un'altra persona "Tua nonna sta bene?"

"Non serve che tu faccia quello preoccupato, e a dirla tutta non capisco nemmeno cosa tu ci faccia qui con me" fui dura, ma in quel momento avrei avuto solo bisogno di un viso amico.

"Adesso ho capito: oggi è il tuo giorno da dura" mi prese in giro.

Sospirai, evitando di perdere definitivamente quel briciolo di pazienza che avanzava "Non sei divertente"

"Invece sai cosa è molto simpatico?" negai con il capo e lasciai che desse sfogo alle sue affermazioni "Il modo in cui ti mordi la guancia" posò un dito sul punto a cui faceva riferimento.

"È un riflesso incondizionato: mi succede quando sono particolarmente tesa" ammisi.

"Capisco" lasciò che la sua schiena si posasse sulla sedia in plastica "Non mi piacciono questi posti; pur non essendo propriamente ospedali, mi fanno provare un senso di ansia"

Pensami anche domani -Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora