Capitolo n. 21 (seconda parte)

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Conduco  io Charlie Tango 2, serve più di mezz’ora perché arrivi Stan, il pilota. Troppo. Non ho mezz’ora a disposizione, devo raggiungere  subito a Montesano.

Accendo i motori, avvio le procedure e chiedo l’autorizzazione al decollo.

-Possiamo aspettare Stan,  signore?-, mi chiede inquieto Taylor -è per strada tra venti minuti sarà qui-,  mi prospetta poco convinto.

-No! Partiamo!- sbraito  allacciando le cinture.

Mi rendo conto di essere troppo alterato e   che non dovrei pilotare in questo stato. Ma ce la posso fare. Devo raggiungere al più presto Montesano e accertarmi di persona  cosa succede.  Non le permetterò di andarsene.

-Tieni i contatti con Steve-, urlo sopra il frastuono del rotore a Jason -voglio che mi tenga aggiornato.  Digli anche di non avvisarli che stiamo arrivando-.

“Signore, fammi arrivare in tempo”  ripeto all’infinito,  mentre mi accordo con la torre di controllo e decolliamo senza intoppi. Anche il viaggio scorre veloce, la giornata è tersa  e solo un leggero vento da est.


Tengo lo sguardo fisso  sulle nuvole che contornano l’orizzonte contando i minuti che mancano  per raggiungere Anastasia.

Ritorna a galla tutto il dolore che ho provato  quello sciagurato giorno che è scappata senza darmi modo di parlarle lasciandomi senza una spiegazione, nella confusione totale di chi non ha un motivo  su cui aggrapparsi.

Le recriminazioni per essermi arreso alle sue richieste senza lottare perché mi sentivo in torto, perso dentro alle mie paranoie.  Ero disorientato, intimorito dalla sua scelta netta e apparentemente sicura. Per poi scoprire invece che era spaventata, io la spaventavo. Io avrei dovuto riavvicinarla, io l’amavo, io l’amo.

Non credo di poter sopravvivere a una sua nuova fuga.

Atterriamo  dieci  chilometri fuori Montesano, il posto che abbiamo trovato disponibile più vicino.

Jason, è riuscito a procurare  un mezzo per raggiungere la città a tempo di record. Una auto sportiva  è parcheggiata, e un ragazzone  con un berretto di traverso ci viene incontro presentandosi come autista.

Fulmino entrambi con un'occhiataccia. Non esiste.

-Taylor guida tu!- ordino secco perché non ci siano repliche.

Manca solo che questo bestione  ci porti fuori strada.

Taylor  si fa consegnare le chiavi  e si mette alla guida. Vedo che il suo viso riprende  un colore naturale, durante il viaggio non ha osato protestare,  ma era bianco come un cencio,   e mentre  normalizza anche il respiro   io  chiamo  Steve.

-Sono ancora in salotto, signore-, parla a bassa voce.

-Cosa stanno facendo Steve, sono tutti insieme?-  strillo agitato.

-Negativo,  Mrs. Steele e il giovane Rodriguez sono in salotto. Stanno guardando un libro, un album con fotografie di paesaggi. Non riesco a vedere bene. Mr. Steele e Mr. Rodriguez senior sono usciti nel retro-, mi chiarisce.

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