Capitolo n. 22 (prima parte)

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Lunedì – Anastasia

 

Ray è sul marciapiede  con un’espressione bizzarra ,  tra il malinconico  e il sollevato, e  ricambia il nostro ennesimo saluto dal finestrino.

Ci ha accompagnati stoicamente esibendo un grande sorriso  fino all’auto, solo allacciando  la cintura del seggiolino di Max ha mostrato qualche segno di cedimento dilungandosi su saluti e  raccomandazioni.

Sono sicura che fosse felice di ospitarci, ma considerate le sue abitudini solitarie era anche impaziente di  liberarsi  dalla nostra ingombrante invasione.

Appena ci allontaniamo e la sua figura sparisce, sollevo il vetro scuro dell’auto dando un ultima occhiata invidiosa alle verdi   foreste intorno a Montesano  e mi sistemo al mio posto nel sedile dietro.

Steve  è alla guida della station wagon, lentamente attraversa il centro della città, incrociando l’isolato delle scuole con il parco, il cinema, la caffetteria con i migliori pancake di Montesano, tutti   luoghi della mia infanzia  che rivedo sempre con una tenera nostalgia,  per poi  proseguire   percorrendo  il viale alberato che ci conduce all’imbocco della  I5, direzione nord.

Sono da poco passate  le dieci del mattino di lunedì e come da programma  siamo  partiti per rientrare a Seattle.

Max, imbragato nel suo seggiolino, canticchia il ritornello di una canzoncina che inneggia i Mariners (fa parte dell’ ABC del tifoso, ha detto Ray),   mentre   sfoglia  distratto un album di vecchie figurine di campioni di baseball (sempre opera di Ray), e ci passa sopra un’automobilina che magicamente ha sempre tra le mani.

Max e nonno Ray. Che coppia.

Al primo approccio non ci avrei scommesso , Max era rimasto intimorito dal personaggio Ray, la sua stazza e la severa postura  lo avevano impaurito e fatto rifugiare tra le mie gambe.

Avevo anche  tentato di spiegargli  chi era Ray, prima  che lo incontrasse.

 -Un altro nonno?- aveva esclamato spalancando gli occhi come se avesse appena visto uscire un coniglio dal cilindro. 

La sua fantasia era stata solleticata  solo dal  nuovo nonno e quando si è trovato davanti il  mio patrigno al posto del coniglio   era rimasto spaventato in silenzio per un bel po’.

Ray, sorprendendomi, ha sfoderato una pazienza di cui non lo facevo per nulla padrone e ha iniziato a parlare a Max come fosse uno dei suoi amici,  di partite di  calcio, di baseball, dei Mariners coinvolgendolo con il suo entusiasmo e conquistandolo.

Nonno e nipote sono poi andati  d’accordo, considerando che Ray si è piegato a qualsiasi angheria del piccolo tiranno, sono stati quattro  giorni di idillio.

Non ricordavo che il mio patrigno  giocasse    a nascondino,  ancora meno  per delle mezze ore  con  un memory o con un puzzle,  ma il potere dei nipoti sui nonni  si sa, è infinito….. L’importante è che entrambi si siano divertiti.

-Non fare ancora cazzate, Annie-, è stato invece il rude saluto che mi ha riservato abbracciandomi e dandomi una grande manata sulla schiena.

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