|Chapter one|

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Si svegliò con un sussulto, aggrappandosi alle lenzuola.

"Era solo un sogno" continuava a ripetersi, stringendosi le gambe al petto.

Elizabeth soffriva di attacchi di panico da circa due mesi, esattamente dalla sera del 24 giugno 1995, dalla morte del suo compagno e amico Cedric Diggory.

Riviveva mentalmente quella sera ogni notte, appena chiudeva gli occhi per dormire: Le urla di Harry ancora impresse nella mente, il suono del pianto del signor Diggory.

Poggiò lentamente i piedi sul pavimento, il contatto con le piastrelle fredde la riportò alla realtà. Si legò i lunghi capelli castani e barcollò leggermente quando provò ad alzarsi in piedi.

Respirava profondamente mentre percorreva i corridoi del palazzo; non aveva una meta, aveva solo bisogno di sentire che ciò che la circondava era reale, che era al sicuro.

La pioggia picchiettava piano sulle finestre del salone.

Si avvicinò al vetro, appannandolo con il suo respiro. Appoggiò piano una mano sulla superficie, rabbrividendo per il contatto freddo.

I pensieri risuonavano nella sua testa, premevano sul petto, esigevano di essere ascoltati.

Cercò di concentrarsi sul rumore della pioggia, ma tutte le voci e le inquietudini continuavano a perseguitarla.

"È mio figlio!"

Una voce acuta si estese all'interno della stanza. Elizabeth ricominciò a sudare, il cuore le batteva talmente forte che avrebbe potuto uscirle dal petto da un momento all'altro.

"Il mio ragazzo!"

La voce di Amos Diggory la perseguitava da quella notte. Si accasciò sul pavimento, stringendosi le gambe al petto, e iniziò a piangere.

"Basta, per favore" sussurrò debolmente. "Basta."

In quella stanza così grande si sentì soffocare.

Barcollò lentamente, provando con tutte le sue forze a camminare verso l'uscita del palazzo. Teneva le mani premute sulle orecchie, terrorizzata dalle voci che continuavano a perseguitarla.

"Cedric Diggory è stato assassinato..."

La voce adesso era quella di Silente; premette ancora di più le mani, sforzandosi di concentrarsi sul rumore della pioggia, mentre continuava a camminare.

"...da Lord Voldemort!"

I tuoni in lontananza si fecero sempre più vicini, rombi nella notte che sembravano grida di giganti.

I dipinti dei suoi antenati, appesi con cura sui muri, continuavano a guardarla e a sussurrare, inorriditi e spaventati.

Spalancò violentemente la porta, precipitandosi fuori, correndo a piedi nudi. Era viva, stava bene, nulla le avrebbe fatto del male.

Si accovacciò per terra, accarezzando l'erba bagnata. "Andrà tutto bene" continuava a ripetersi. "Andrà tutto bene".

Ad un tratto sentì una mano calda toccarle piano una spalla. Un brivido di terrore le attraversò il corpo e, lentamente, si girò verso quell'anonimo calore.

Lui era lì, fradicio, i suoi occhi puntati nei suoi.

Draco Malfoy.

Non c'era stupore o confusione nel suo sguardo, ma tormento e angoscia.

"Tu non puoi essere qui" disse Elizabeth, alzandosi goffamente.

"È colpa tua, Avery" ghignò Malfoy, avvicinandosi sempre di più.

La ragazza iniziò ad indietreggiare, cercando di calmare il suo respiro irregolare.

"È morto a causa tua"

"No, non è vero" Elizabeth si fermò, guardandosi intorno in cerca di aiuto.

Sarebbe potuta svenire da un momento all'altro, le gambe non riuscivano più a reggere il suo peso e cedettero.

Malfoy si accovacciò davanti a lei, sollevandole il viso con due dita.

"Va' all'inferno" sussurrò lei, provocando una risata maligna nel ragazzo.

"Ci siamo già."

Le sembrò di star per impazzire. Tutto questo non poteva essere reale.

"Svegliati!" esclamò il ragazzo."Svegliati, Elizabeth".

"Svegliati!"

Delle mani la scuotevano violentemente e un urlo pieno di dolore la costrinse ad aprire gli occhi.

Si ritrovò nel suo letto, ansimante, fredda come il ghiaccio.

"Bambina mia" disse sua madre, Anna, abbracciandola, visibilmente spaventata.

Dalla morte di suo padre, la signora Avery aveva sviluppato un attaccamento morboso nei confronti della figlia. La trattava quasi come se fosse fatta di vetro e si potesse rompere da un momento all'altro.

"Mamma, sto bene."

"Era solo un sogno" continuò lei, quasi ignorando le rassicurazioni della figlia.

Solo un sogno, eppure era tutto così reale. Riusciva a percepire ancora l'erba fredda solleticare la pelle nuda delle sue gambe, il tocco di Malfoy.

"Sei sicura di voler tornare ad Hogwarts?"

Elizabeth fissò confusa sua madre per qualche istante, provando ad elaborare una risposta concreta e rassicurante da darle.

"Mamma, ne abbiamo già parlato" riuscì solo a dire, sbuffando sonoramente.

"È morto un ragazzo, meno di due mesi fa" Anne si alzò dal letto, fissando sua figlia "chi mi assicura che tu non sarai la prossima?"

Elizabeth chiuse gli occhi, per evitare di piangere.

"Non posso perdere anche mia figlia" urlò la donna, stringendo al petto il corpo della giovane.

"E non mi perderai, te lo prometto."
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