|Chapter twenty one|

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Erano tornate nella loro casa, tra quelle mura che l'avevano vista crescere, ridere, piangere.

Tra quelle stanze così familiari, eppure cosi distanti.

Elizabeth guardò il suo letto, ripensando a tutte le favole della buonanotte che le leggeva sua madre, alle storie che le raccontava suo padre; soffermò lo sguardo sul pavimento, notando una leggera bruciatura, e sorrise nel ricordare la prima volta che provò a fare un incantesimo.

Ma adesso quella camera, così piena di ricordi, le sembrava estranea e lei si sentiva un intrusa. Fuori posto.

Sua madre era davanti a lei, in piedi vicino alla porta.

"Parlami, Elizabeth" disse Anna, facendo un passo in avanti.

"Resta dove sei" esclamò Elizabeth. Non aveva neanche la forza di guardarla.

Anna sospirò, avvicinandosi lentamente al letto, e si sedette. "Ero innamorata di tuo padre dai primi anni di Hogwarts" cominciò, sospirando pesantemente, "ma lui iniziò a guardarmi solo al sesto anno. I suoi genitori, i tuoi nonni, erano grandi sostenitori del Signore Oscuro e inculcarono in tuo padre il loro pensiero. Ricordo il giorno in cui ricevette il marchio, era così fiero!"

Elizabeth le rivolse un'espressione disgustata.

"Iniziò ad usare la magia nera e ne divenne dipendente. Ne voleva sempre di più, non gli bastava mai". Anna sospirò. "La sua potenza mi annebbiò la mente; vedere la sua forza, la ricerca costante di gloria, mi fece desiderare di seguirlo. E un giorno, ricevetti anche io il marchio."

Si aspettava che Elizabeth dicesse qualcosa, ma non lo fece; così riprese a parlare.

"Più pericoloso del diavolo, c'è solo la sua regina. Bramavo la gloria, il potere, la fama e avrei fatto qualsiasi cosa per ottenere ciò che volevo, non mi importava chi dovesse morire."

Elizabeth sentiva la rabbia ribollire nelle vene. Non era sicura di riuscire a sopportare quella storia ancora per molto.

"Possiamo arrivare alla parte in cui tu decidi di mentirmi per quindici anni?" chiese, sorridendo falsamente.

Anna la guardò con tristezza e annuì. "Harry Potter lo sconfisse e lui era sparito dalle nostre vite. Il marchio non bruciava più; molti mangiamorte erano scappati o erano stati rinchiusi ad Azkaban. La guerra era finita."

Si soffermò con lo sguardo su una foto di Elizabeth da neonata appesa al muro e sorrise. "Tu avevi solo un anno, non pensavo che Tu-Sai-Chi sarebbe tornato e, anche se l'avesse fatto, avevo giurato che non avrei più sostenuto le sue convinzioni, per te."

Una parte di Elizabeth desiderava alzarsi da quella sedia e avvicinarsi a sua madre, stringerla al petto e farsi cullare da lei.

Ma non ebbe il coraggio di muovere un solo muscolo.

"Non mi pare che tu abbia mantenuto il giuramento" replicò.

"Hanno ucciso tuo padre ed è stata richiesta la mia presenza."

"Perché?"

"Il marchio nero ha dei vincoli, Elizabeth. Non si può semplicemente scappare!"

La ragazzo sbuffò, portandosi la testa tra le mani. Non ci capiva nulla.

Aveva così tante domande, ma non sapeva davvero come comportarsi, da dove iniziare.

"Perché sono qui, mamma" sospirò infine, "non è solo perché volevi dirmi queste cose, non è così?"

Anna si alzò, avvicinandosi cautamente a sua figlia, quasi come se fosse stata un animale in trappola pronta a mordere.

Elizabeth non si spostò e lasciò che sua madre le accarezzasse una guancia. Una parte di lei, riusciva a capire la decisione di sua madre di nascondere la verità. Forse lo aveva fatto per paura di essere giudicata, per vergogna; aveva sbagliato, certo, ma forse voleva solo proteggerla.

Portami a contare le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora