Capitolo 42

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I giorni che seguirono il funerale furono lunghi ed estenuanti, oltre che estremamente tristi. Io e le mie amiche ci confortavamo a vicenda e pian piano iniziammo a sentirci meglio, anche se non del tutto. Avevo dovuto calmare i miei genitori al telefono che avevano letto la notizia della morte di Vicki su internet, assicurandoli che stavo bene e che non c'era bisogno che salissero su un aereo per venire da me. Dovetti anche costringere Henry a tornare a casa e a fare quel che doveva fare per lavoro, incluso il viaggio a Stoccolma "Non voglio andare via" mi disse mentre lo spingevo verso la sua auto, fuori dal campus.
Lo afferrai per le spalle e tentai di sorridergli "Ascoltami" i nostri occhi si trovarono "Non puoi bloccare la tua vita a causa mia, okay?"
"Posso, invece" assunse un'espressione accigliata, ma mi accarezzò la guancia con il dorso delle dita "Mi piace stare con te e ho paura che" la voce gli si bloccò a metà frase, i suoi occhi indugiarono cauti sul mio viso.
"Paura che crolli?" replicai, per poi posare sulle sue guance le mie mani "Henry" iniziai a dire "Sto ancora soffrendo, come tutti gli altri, ma bisogna andare avanti" lo abbracciai, sentire il suo corpo aderire al mio era una delle mie cose preferite "Parti, vai a Stoccolma"
"Tra poco dovrò partire di nuovo" mi disse, posando il mento sulla mia testa "Bruxelles, molti dei miei soci ci andranno, anche Williams" lo sentii sospirare e stringermi ancora di più "Sarà solo per un paio di giorni, ma..." sapevo dove stava andando a parare e sapevo anche il perchè fosse così preoccupato. Non mi aveva mai vista così, mi aveva visto piangere solo una volta, quando aveva scoperto l'esistenza di Trevor ed era crollato nel suo studio da pittura. Allora avevo pianto perchè vedere Henry soffrire così mi faceva male al cuore e lui forse era troppo sconvolto per farci davvero caso.
"Ehi" mi sporsi indietro col busto, col le sue braccia che mi circondavano la vita, e gli sorrisi "Ti chiamerò ogni volta che mi sentirò a terra"
Lui mi spostò una ciocca di capelli dal viso "Basta una tua chiamata e prendo il primo aereo per casa"
Improvvisamente fui dominata dall'egoistico desiderio di farlo rimanere qui con me e non smettere mai di abbracciarlo, ma il buon senso ebbe la meglio "Non ce ne sarà bisogno" a malincuore, sciogliemmo la nostra stretta e lui aprì la portiera dell'auto.
"So che non ce lo diciamo spesso, ma..." dissi prima che entrasse nel veicolo "Ti amo tanto" era strano come dopo una tragedia, sentissimo il bisogno di dire alle persone i nostri sentimenti, che fossero d'amicizia, d'affetto o d'amore. Probabilmente perchè ci rendevamo conto che tutti noi eravamo di passaggio e un incidente o una decisione sbagliata avrebbero potuto porre fine a tutto.
Sentii i miei occhi farsi lucidi, non potetti controllarli; Henry piegò lievemente la testa, nei suoi occhi leggevo la solita preoccupazione ma anche tanta, tanta tenerezza.
Si allontanò immediatamente dall'auto per venire verso di me e abbracciarmi un'ultima volta, baciandomi dolcemente e lentamente le guance, gli zigomi, le labbra "Anch'io" mi sussurrò "Più di ogni cosa" mi concessi un'ultima stretta, affondando nel suo petto il viso "Una telefonata, Eve" continuò "Una telefonata e sarò da te"
Dovevo smetterla o non si sarebbe deciso a partire, così tirai su con il naso e asciugai velocemente le lacrime "Chiaro" feci "Ma non darmi questo potere, o potrei abusarne" una battuta risollevò l'umore, Henry rise e poi mi diede un altro bacio "Ti chiamo non appena atterro"
"D'accordo"
"Non mi augurerai nemmeno un buon viaggio?" fece un sorriso malizioso, ripetendo la stessa domanda che mi fece a Venezia, la seconda volta che venne in Italia a trovarmi. Ero a mare con i miei amici, il suo arrivo aveva sorpreso tutti e il suo bacio dolce mi aveva fatto tremare le gambe.
Sorrisi anch'io, ripetendo la stessa risposta che gli diedi allora "Lo farà il tuo pilota privato"
Un altro abbraccio, un altro bacio e un altro sorriso, poi salì in auto e se ne andò.
Tornai nel mio alloggio e dalle mie amiche, dopo giorni di compagnia e conforto eravamo da sole, anche se la nostra solitudine silenziosa venne interrotta dall'arrivo di Luke.
Arianna gli aprì la porta e lui si precipitò dentro, direttamente da Federica che sedeva sul divano "Ehi" non salutò noi altre, come se non esistessimo.
Federica alzò lo sguardo su di lui, tra tutte noi era quella messa peggio. Aveva parlato pochissimo e si era chiusa nella sua stanza, non sopportando tutte quelle persone dentro casa. Io, Arianna e Greta all'inizio avevamo provato a confortarla, ma lei aveva espresso, con tutta la dolcezza di questo mondo, il desiderio di rimanere un po' da sola. Non aveva risposto a Luke che l'aveva tempestata di chiamate, ad un certo punto mi chiese di rispondere per lei e digli che non voleva parlare con nessuno.
"Che ci fai qui?" domandò Federica freddamente "Luke, ti avevo detto che non volevo parlare"
"Non devi parlare per forza" si era inginocchiata davanti a lei, cercando invano di stabilire un contatto visivo "Ma fammi restare con te, voglio aiutarti"
"Anch'io volevo aiutare Vicki" nella voce della nostra amica non c'era rabbia o risentimento, ma solo tanta freddezza "Voglio stare un po' per conto mio" finalmente lo guardò negli occhi, noi altre eravamo immobili e non fiatavamo "Ti prego, ti chiamerò quando starò meglio"
Luke aggrottò la fronte, non contento di quella risposta "Non chiuderti in te stessa, per favore"
Lei si alzò di scatto, andando vicino alla finestra in fondo al salotto "Ti chiedo solo dello spazio"
Greta andò verso la porta d'ingresso e l'aprì, cercando di far capire al pover'uomo che al momento non era d'aiuto.
Lui non recepì il messaggio e raggiunse Federica, che gli diede le spalle con convinzione.
"Luke" la mia voce era calma e non ostile "Non è contro di te, ma questa faccenda ci ha scosso"
Mi rivolse uno sguardo arrabbiato, poi dopo altri tentativi inutili di parlare con Federica, se ne andò sconfitto e seccato.
Federica fece un gran sospiro e tornò sul divano "Sono stata troppo dura?"
"No" rispose prontamente Arianna "Hai bisogno del tuo spazio per elaborare tutto quello che è successo, lui deve capirlo"
Non potevo essere più d'accordo: ognuno di noi reagiva al dolore in maniera diversa, Federica aveva scelto di affrontare la morte di Vicki in questa maniera e non le si poteva farne una colpa, ma solo assecondarla per farla stare meglio.
Ci sedemmo tutte sul divano, stando molto strette, e ci abbracciammo in silenzio, ma qualcuno bussò di nuovo alla porta e questa volta fui io ad alzarmi per aprire.
Josie e Lizzie entrarono nell'alloggio, entrambe avevano un'espressione angosciata e Josie stringeva un album in mano "Ciao" ci salutarono "Disturbiamo?"
Greta disse per tutte noi che non disturbavano mai e lei e Arianna si alzarono dal divano per farle sedere. Loro due erano forse quelle che soffrivano di più, esclusa la famiglia di Vicki. Erano le sue migliori amiche, non osavo nemmeno immaginare come avrei reagito se avessi perso Arianna, Greta o Federica.
"C'è troppa tristezza" iniziò a dire Josie "Io e Lizzie abbiamo pensato a un modo per ricordare Vicki con un sorriso"
"Avete la nostra attenzione" intervenni "Cosa volete fare?"
"Ho già parlato con il nostro club" Josie si rivolse ad Arianna e Greta "Sono d'accordo sull'organizzare questo evento"
Federica rimase in silenzio, ma si vedeva dal suo sguardo che era interessata.
"Vicki amava disegnare abiti, da sempre, anche se a voi l'ha detto solo di recente" si aggiunse Lizzie, io non c'ero quando Vicki aveva fatto vedere i suoi disegni alle mie amiche, ma Federica me l'aveva raccontato "E abbiamo selezionato i suoi bozzetti preferiti per realizzarli e fare una sfilata"
Rimanemmo tutte stupite "Una sfilata?" fece Greta "Quando?"
"Primo giugno" gli occhi di Lizzie minacciarono di riempirsi di lacrime "Il giorno del compleanno di Vicki"
Arianna assunse un'espressione pensosa "Abbiamo anche il Mayball da organizzare, ma faremo tutto" annuì, come se si fosse risposta ad una domanda interiore "Sì, sono assolutamente d'accordo!"
"Anche io" dissi immediatamente, imitata subito dopo da Greta e Federica, la cui voce era però un sussurro.
Le due ragazze sospirarono sollevate, come se si fossero tolte un peso dal petto "Bene" disse Josie "Vicki era solare, e faremo qualcosa di altrettanto allegro per ricordarla"

Le sfumature della notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora