Capitolo 53

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Prima che io potessi accorgermene, i miei piedi mi portarono velocemente da Luke e Federica, mentre Henry tentava di fermarmi "Non intrometterti" mi sibilò, ma ormai gli avevo raggiunti. Federica non sembrava particolarmente felice di avere Luke davanti a sé, per cui mi impegnai ancora più a fondo per cacciarlo.
I miei occhi saettarono verso Luke "Che fai?" gli chiesi incrociando le braccia al petto.
"Cerco di parlare" la sua voce era gelida, così come il suo sguardo su di me.
Entrambi parlavamo a voce bassa per non fare una scenata, anche se io avrei tanto voluto picchiarlo "E cosa ti fa pensare che tu abbia il diritto di farlo?"
Henry e Luke si scambiarono un'occhiata che non seppi decifrare e nel frattempo ci raggiunse anche Trevor, che era rimasto fino a quel momento in un angolo come un cucciolo abbandonato. Ebbe il buon senso di non provare a chiedere cosa stesse succedendo.
"Perchè non ne rimani fuori?" disse Luke a denti stretti, stringendo i pugni lungo i fianchi.
"Perchè..."
Federica mi mise una mano sulla spalla e io smisi di parlare "Eve, no"
Mi voltai confusa verso la mia amica, poi alzai lo sguardo su Henry che mi stava guardando con la fronte leggermente corrugata.
"Luke" riprese Federica senza togliere la mano dalla mia spalla, forse aveva paura che lo picchiassi sul serio "Non voglio più avere niente a che fare con te" sapevo quanto le stesse costando dirlo, lo si capiva dalla voce sommessa e tremolante, anche se lei faceva di tutto per mostrarsi sicura.
Luke ormai sembrava incurante che ci fossimo anche io e Henry, per lui esisteva solo Federica "Non mi ami più?"
La mia amica lasciò la presa sulla mia spalla e, come Luke, strinse i pugni lungo i fianchi "I sentimenti possono svanire"
Bugiarda, lo dici solo per farlo andare via.
Improvvisamente mi sentii di troppo, ma non volevo lasciare Federica.
Henry mi affiancò e mi trascinò un braccio, ora ci eravamo messi in disparte ma eravamo abbastanza vicini da sentire cosa si stessero dicendo.
Trevor era accanto al fratello e osservava la scena davanti a noi senza fingere discrezione.
Luke aveva l'espressione di uno a cui avevano appena tirato uno schiaffo "Non è vero"
"Sei tu che non vuoi che lo sia" la sua espressione di ghiaccio non mutò e l'ammirai per questo "Il dolore che mi procuri è più forte dell'amore che mi dai"
Dopo ci fu il gelo.
Fu come vedere scivolare via dal volto di lui tutto ciò che c'era di buono in Luke, ogni suo sentimento positivo, ogni singola briciola di felicità. Tutto andò via non appena Federica pronunciò quelle parole.
E lei se ne rese conto, perchè il ghiaccio del suo viso fu rotto da un'espressione carica di rimorso, ma lui se ne stava già andando e, questa volta, non sarebbe tornato.
Feci immediatamente un passo verso la mia amica, per abbracciarla e condurla via, se avesse sentito il bisogno della solitudine per piangere, ma lei si allontanò e scosse la testa, agitando le mani in segno di protesta "No" disse, facendo un sorriso così forzato che mi preoccupai per i suoi muscoli facciali "Ora mi sento molto meglio"
"Sei sicura?" mi voltai un attimo verso Henry, che scrollò le spalle e spostò gli occhi su Federica con sguardo indagatore.
"Era una cosa che andava fatta" fece spallucce "Vi va di bere qualcosa? Questa serata sta diventando noiosa"
Io avevo la bocca aperta per lo stupore e Henry non fiatava, così fu Trevor a parlare "C'è un pub qui vicino che non è niente male"
Lei sorrise, con uno strano luccichio negli occhi "Perfetto, allora andiamo"
Henry scosse appena la testa "Io devo rimanere ancora per un po'"
Io feci per seguirli, ma Federica mi bloccò "Eve, che fai?"
"Vengo con te, ovviamente" la guardai stranita, quasi come se non la riconoscessi.
Doveva avere il cuore a pezzi, eppure sembrava serena, era un'attrice più brava di quanto pensassi.
"Non hai ancora parlato con Jules Liston! Non farti sfuggire quest'occasione per me, ci vediamo domani mattina"
"Torni a casa di Henry, vero?" le avevamo preparato la camera degli ospiti e mi sarei sentita più sollevata a saperla là.
"Sì, certo. Mi accompagna Trevor"
Henry puntò l'indice contro il fratello "Non bere!" aveva un'espressione seria "Capito?"
Trevor annuì, poi lui e Federica sparirono dietro le porte dell'ascensore.
Henry notò la mia espressione preoccupata e cercò di rassicurarmi "La sua auto ha il GPS, in caso di bisogno sapremo dove trovarli"
Feci di sì con la testa, ancora incredula "Non sta bene" feci a Henry.
"Se vuole andare a divertirsi, lasciala fare" fu la sua risposta "E dovresti provare a divertirti anche tu" mi cinse le spalle con un braccio per farmi camminare "Andiamo da Jules Liston, ora"
Mi ripresi immediatamente "Jules Liston?"
Henry ridacchiò mentre mi toglieva il braccio dalle spalle, un attimo dopo ci ritrovammo davanti all'unica e inimitabile CEO donna "Buonasera, Jules!" il tono di Henry era amichevole ma allo stesso tempo rispettoso "Questa serata è impeccabile"
"Henry Cooper!" lei fece un largo sorriso "È stata una cosa molto egoistica, in realtà. La serata di marzo era stata così noiosa che non ne sarei sopravvissuta ad un altra simile!"
Henry sfoderò un altro sorriso "Sono completamente d'accordo"
Gli occhi di Jules si posarono su di me "Mi ricordo di te!" menomale "Paul Johnson ci ha presentate"
Non sapevo bene cosa dire, mi stavo impegnando a non urlare perchè avevo ottenuto la sua attenzione "Conoscerla è stato un sogno" era la frase più banale del mondo, ma ero così entusiasta che non mi veniva nient'altro in mente.
Henry restava in silenzio e, benché non lo stessi osservando, sapevo che sorrideva.
"Perdonami se non ricordo il tuo nome Evangeline, vero?"
"Evelyn, ma non si preoccupi" è già tanto che ti ricordi che esisto.
"Giusto, scusami" mi sorrise "Mi ha molto colpito il tuo progetto di aiutare i Paesi meno fortunati, ci ho pensato spesso dopo averti incontrata" i suoi occhi poi fecero avanti e dietro da me a Henry, realizzando solo in quel momento che eravamo vicini "Oh" esclamò, ancora sorridendo "Immagino che non ci sia bisogno di fare le presentazioni. Pensavo che avessi fatto la stagista alla Foster"
"Ci conosciamo da prima dello stage" spiegò Henry con voce amabile "Anche se, a dirla tutta, fare lo stage da Foster è una fregatura"
Jules roteò gli occhi ridendo "Non me ne parlare, mi sono dovuta sorbire un suo monologo di dieci minuti su quanto i ragazzi d'oggi fossero sconsiderati"
Non pensavo che fossero così in confidenza, ma d'altronde Henry si faceva amare da tutti "A proposito di ragazzi, come stanno i tuoi figli?" le chiese, mettendosi le mani in tasca.
"La più piccola è un disastro" sorrise divertita "Ha fatto licenziare almeno tre tate e ha solo sette anni! Il grande, invece, inizia a voler essere indipendente"
"Quanti anni ha?" mentre parlava, prese due calici da un vassoio e li porse a me e a Jules
"Deve farne quindici"
"Anche mia sorella" intervenni "Fa impazzire i nostri genitori, certe volte"
Henry sorrise, più volte mi aveva detto di essersi affezionato a Jenna "Tua sorella fa impazzire chiunque" aggiunse scherzoso, dimenticandosi per un momento della presenza di Jules, che strinse appena gli occhi con un sorrisetto.
"Un consiglio, Evelyn" fece lei "Quando sarai madre e avrai una tua società, non portare mai i tuoi figli in ufficio. Combinano un tale disastro!"
Rimasi con il calice a mezz'aria vicino alle mie labbra, fissando Jules e prendendomi circa cinque secondi per rispondere "Ho solo vent'anni" portai il calice all'altezza del seno, tenendolo con una mano "Ma grazie per il consiglio"
Henry si irrigidì impercettibilmente, fui l'unica a notarlo.
Un uomo di mezz'età ci si avvicinò dicendo a Jules che doveva parlarle, dal modo in cui la guardava e si rivolgeva a lei, doveva essere il marito. Lei annuì e fece per seguirlo, ma ci lanciò un ultimo, lungo sguardo per salutarsi "Divertitevi... E abbondate anche con gli alcolici, ne avrete bisogno se Foster sale sul palco per un discorso"
A quanto pare James Foster non era amato da molti, questo mi fece venir voglia di ridacchiare ma mantenni un'espressione seria mentre Jules Liston e il marito se ne andavano. Quando poi io e Henry rimanemmo da soli, spalancai gli occhi e feci un ampio sorriso a bocca aperta, avevo voglia di urlare per l'entusiasmo.
Henry mi afferrò per le spalle, divertito, e avvicinò il suo viso al mio "Calmati" mi disse, ma il suo tocco, assieme all'euforia per aver appena parlato con il mio idolo, non fecero altro che acuire i miei sensi e farmi sorridere ancora di più "Non puoi metterti ad urlare, le persone penserebbero che sei pazza"
"Jules Liston si ricordava di me!" squittì, sorridendo così tanto che mi faceva male la faccia "Si ricordava di me!"
Lui mi sorrise, guardandomi con tenerezza "Perchè è impossibile dimenticarsi di te", poi afferrò due Martini da un vassoio, porgendomene uno.
Facemmo tintinnare le coppe a forma di cono rovesciato "Non sei imparziale" replicai con un sorrisetto, prima di bere.
Ci allontanammo dal centro della terrazza per appoggiarsi ai panelli di vetro che ci proteggevano dal cadere "Niente nella vita è imparziale" appoggiò una mano sul parapetto in vetro "Te ne accorgerai tra un paio d'anni"
"Mi parli dall'alto dei tuoi ventisei anni?" lo presi in giro.
Lui roteò gli occhi e posò il suo sguardo sull'orizzonte, sulla Londra notturna e splendida "E tu dal basso dei tuoi vent'anni?"
"Tra poco ne fai ventisette... Ti stai avvicinando ai trenta, il nero dei i tuoi capelli inizia a mostrare tracce di grigio" non era vero, ma fu divertente vederlo portarsi meccanicamente una mano tra i capelli, per poi lasciarla ricadere lungo un fianco quando si accorse che stavo ridendo.
Non mi importava più niente di quella serata: avevo parlato con Jules Liston, per quel che mi riguardava, avevo raggiunto il mio scopo "Dov'è Giselle?" gli chiesi "Non dovresti stare con lei?"
"Credo che se ne sia andata" mi rispose dopo essersi guardato attorno "Non è più una mia responsabilità"
Senza rendermene conto, mi estraniai guardando l'orizzonte, sentendomi improvvisamente colpita dalla tristezza. Il mio corpo aveva registrato prima della mia mente la canzone di sottofondo che uno stereo stava riproducendo: Every Breath You Take.
Sembravano passati secoli da quando io e Vicki l'avevamo cantata a Natale e cercai di trattenere le lacrime. Certe volte la musica toccava certi tasti dentro di noi e non potevamo fare niente per fermarla.
Henry si era accorto di questo mio cambio d'umore e ora mi stava guardando con affetto, mettendomi una mano sulla nuca e accarezzandomela con il pollice "Ehi" mi disse cautamente "So a che stai pensando"
"La sfilata è la settimana prossima" gli risposi, controllando la voce "Ho bisogno che tu ci sia, Henry" non ne avevamo ancora parlato apertamente, ma speravo che venisse.
Mi attirò a sé in un abbraccio, posando il mento sulla mia testa "Ho già cancellato tutti i miei impegni"
Chiusi gli occhi e posai entrambi le mani sul suo petto, mentre le sue mi premevano sulla schiena. Rimanemmo in questa posizione per diversi minuti, fino a quando la canzone non terminò; eravamo in disparte in un angolo della terrazza, non mi andava più di partecipare attivamente all'evento. Le persone stavano iniziando ad andare via e nessuno parlava più di lavoro, ma solo di argomenti informali.
"Come ti è sembrato Trevor?" mi domandò Henry mentre Frank Sinatra iniziava a cantare, le sue mani percorsero il profilo del mio corpo fino ai fianchi, dove si fermarono. Nei suoi occhi c'era un filo di apprensione.
Mi feci indietro col busto quel che bastava per fronteggiarlo "Un po' nervoso, forse, ma se l'è cavata bene"
"Non credo che vorrà venire ad altri eventi con me" scherzò "Mi ha detto che non fanno per lui"
Ridacchiai e gli accarezzai una guancia con una mano "Essere fratelli non vuol dire essere uguali. A me piacciono questi eventi, Jenna invece si annoierebbe dopo mezz'ora"
"Oggi l'ho presentato come mio fratello" sorrise appena, gli angoli della bocca si sollevarono e riabbassarono troppo velocemente "Dicevo lui è Trevor, mio fratello"
Feci, a differenza sua, un sorriso pieno "Lo avrai reso felicissimo"
"Lo era, infatti" sciolse il nostro abbraccio e mi diede le spalle, appoggiando le mani al parapetto di vetro mentre osservava il panorama della sua città natale "Sto iniziando a volergli bene nel modo in cui" la voce gli si smorzò e io gli misi una mano sulla spalla, incitandolo silenziosamente a continuare "Nel modo in cui si vuole bene al proprio fratello" finì, facendo poi un sospiro "Sono stato uno stronzo con Madlyn"
Ricordavo bene la cena con la madre di Trevor e il modo in cui Henry le aveva sempre risposto freddamente.
"No" ero convinta delle mie parole "Le hai fatto capire i tuoi limiti e, nonostante questo, lei provava sempre a superarli. In qualche modo doveva pur comprenderlo"
Alzò il braccio destro e lo piegò, posando la mano sulla mia, che era ancora sulla sua spalla. Ci guardammo in silenzio per svariati secondi, poi il telefono nella pochette iniziò a vibrare insistentemente e lo presi con fretta, sperando che fosse Federica.
In effetti era lei, ma non mi calmò leggere i suoi messaggi:

Non torno a casa di Henry stasera

Rimango con Trevor

Non farmi la predica

È solo un anno più piccolo di me e al momento abbiamo entrambi diciannove anni!

Mi farò trovare davanti il palazzo di Henry alle dieci

Divertiti anche tu, avete casa libera ;)

Spalancai la bocca per l'incredulità e rilessi i messaggi due volte, poi li feci leggere a Henry "Dobbiamo andare a casa di Trevor, tu sai dov'è, vero?"
Lui inarcò un sopracciglio "E perchè dovremmo andarci?"
"Per fermarli!"
Sembrò che si sforzasse per non ridere "Evelyn, sono degli adulti Se vogliono passare la notte insieme per divertirsi"
"Ma è sesso per ripicca!" corrugai la fronte "Lei è ancora innamorata di Luke e domani starà ancora peggio"
"O forse questo è quello che le serve?"
Strinsi gli occhi, puntandogli l'indice contro il petto "Tu vuoi solo avere casa libera"
"Come se la presenza di Federica mi stoppasse Ascolta" le sue mani salde sulle mie spalle "Lasciali divertire, se è quello che vogliono"
"Trevor non è innamorato di lei, vero?"
Henry sorrise "Sono sicuro, ha una cotta per una ragazza che lavora da Starbucks, credo si chiami Amy"
Sorrisi anch'io "I Cooper e Starbucks, una combinazione vincente"
Lui fece per replicare, ma il suo telefono squillò e si affrettò a rispondere quando vide il nome di Dylan sul display "Ehi" rimase in silenzio mentre l'amico gli diceva qualcosa "D'accordo Domani mattina? Devo riaccompagnare Evelyn e Federica a Cambridge però No, domani è il suo compleanno, non posso chiedere ad Arthur di lavorare!" altra pausa "Ma cosa è successo? Sembri preoccupato E perchè Chris vuole aspettare?" non riuscivo a sentire le parole di Dylan "Va bene, a domani Alle otto? Perchè così presto?" non avevo idea di cosa stesse succedendo, ma il pensiero di svegliarmi alle otto non mi piaceva "Okay, porterò anche Evelyn" la telefonata si chiuse e Henry si rivolse a me "Chris ha detto a Dylan che deve comunicarci qualcosa di importante, ci vediamo domani mattina a casa sua"
"E perchè alle otto?"
"Chris deve partire per l'Irlanda"
"E perchè devo venire anche io?" mi piaceva stare con gli amici di Henry, che ormai erano anche amici miei, ma ci voleva una buona motivazione per tirarmi giù dal letto la mattina dopo una serata come quella.
"Perchè ho paura che sia una cosa brutta" la sua sincerità mi spiazzò "E se lo è, voglio che tu sia lì con me"
"Okay" feci immediatamente, senza aver bisogno di sentire altro "Mi sentirò come se stessi partecipando ad una riunione segreta"
Henry ignorò la mia battuta e guardò il suo orologio da polso "Torniamo a casa?"
Scrollai le spalle "Sì, se dobbiamo svegliarci presto. Così dormiamo un po'"
Lui mi rivolse il suo sguardo magnetico e che incitava alla peggio lussuria "Chi ha detto che voglio dormire?"


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